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Tumore gastroesofageo, combinare più terapie funziona

Tumore gastroesofageo, combinare più terapie funziona
Aggiungere bemarituzumab alla chemio permette ai pazienti di vivere più a lungo rispetto alla sola terapia standard
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Con un milione di nuovi casi diagnosticati ogni anno, i tumori gastrici e gastroesofagei rappresentano la quarta causa di mortalità per cancro a livello globale e fanno registrare più di un milione di nuovi casi all’anno, con una diffusione particolarmente densa nelle zone asiatiche. Fino ad ora, in assenza di una terapia mirata, la chemioterapia era l’unica possibilità per trattare questi pazienti. Ma la ricerca ha consentito di individuare alcuni marcatori: circa l'80-85% dei pazienti è HER2-negativo e circa il 30% sovraesprime FGFR2b, molecola coinvolta nello sviluppo del tumore.

E proprio i pazienti FGFR2b-positivi HER2-negativi sono stati coinvolti nello studio che ha valutato efficacia e sicurezza dell’anticorpo sperimentale bemarituzumab associato a chemioterapia rispetto al trattamento con sola chemioterapia. Bemarituzumab è il primo anticorpo mirato progettato per bloccare specifici fattori di crescita dei fibroblasti (FGF), provocando così un rallentamento potenziale della progressione del tumore.

I risultati dello studio presentati al congresso dell’American Society of Clinical Oncology mostrano un significativo miglioramento della sopravvivenza globale mediana, che nei pazienti trattati con bemarituzumab registra una crescita di 5,7 mesi. Nei sottogruppi di pazienti nei pazienti con un valore maggiore o uguale al 10% di cellule tumorali che sovraesprimono FGFR2b, la sopravvivenza globale mediana osservata con bemarituzumab è stata di 25,4 mesi, rispetto a 11,1 mesi registrata nei pazienti trattati con la sola chemioterapia. A dimostrazione dell’importanza di individuare dei target e di riuscire a sviluppare farmaci che li colpiscano in maniera mirata.