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Tumori, un test del Dna prevederà chi risponde all’immunoterapia

Tumori, un test del Dna prevederà chi risponde all’immunoterapia
Nei geni che regolano il sistema immunitario la chiave per capirlo. Il test, in fase di sviluppo, sarà la base per calcolare un "punteggio individuale" di risposta ai farmaci
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VERSO un test del Dna che, in caso di tumore, consentirà di capire se il paziente risponderà o meno ai farmaci immunoterapici, le terapie che risvegliano il sistema immunitario, attivandolo contro la malattia. È la prospettiva aperta dal lavoro di Davide Bedognetti dell’Università di Genova e Direttore del Cancer Program presso Sidra Medicine a Doha, nel Qatar. Grazie a un intenso lavoro di mappatura genetica su 9.000 pazienti con 30 diversi tipi di cancro, Bedognetti sta cercando di chiarire alcuni meccanismi dell’immunoterapia, che attualmente funziona in meno di un paziente su due e quindi non può essere sfruttata appieno nelle sue potenzialità.

Condotto con Elad Ziv della University of California di San Francisco e pubblicato sulla rivista Immunity, il lavoro punta allo sviluppo di un test per ottenere un punteggio genetico individuale di risposta ai farmaci, in modo da estendere il più possibile l’efficacia di queste terapie con una ‘ultra-personalizzazione’ delle cure. Si tratterà, spiega Bedognetti a Salute, di “uno score con validità clinica che possa predire con più precisione i pazienti che rispondono a queste cure e quelli che svilupperanno effetti tossici”.


Come funziona l’immunoterapia

Le immunoterapie sono basate su farmaci che sfruttano il sistema immunitario del paziente oncologico per attaccare il tumore; le più usate sono quelle che spengono i ‘freni molecolari’ del sistema immunitario, sì da renderlo più attivo contro le cellule tumorali. L’immunoterapia si è già dimostrata efficace per vari tipi di cancro, dal melanoma al tumore del polmone non a piccole cellule, al linfoma di Hodgkin. Il vero problema, però, è che le terapie immunoterapiche falliscono almeno nel 60% dei casi. Per di più in una discreta quota di pazienti la loro somministrazione, oltre che inefficace, risulta anche dannosa, in grado cioè di stimolare pericolose reazioni autoimmuni - ovvero le difese immunitarie del paziente attaccano in maniera impropria organi e tessuti del paziente stesso, dando luogo a malattie come il diabete autoimmune. Resta ancora un mistero il perché di tanta variabilità nell'efficacia di questi farmaci. Lo studio di Bedognetti, valtellinese, classe 1979 e tra i maggiori esperti internazionali di immunologia dei tumori, potrebbe portare a una svolta su questo fronte.

Lo studio

Insieme a un team di immunologi, oncologi, genetisti e bioinfomatici, Bedognetti ha esaminato quasi 11 milioni di varianti geniche in oltre 9.000 pazienti con 30 diversi tipi di cancro, e ha analizzato come influenzino il funzionamento del sistema immunitario del singolo paziente. In particolare, gli scienziati hanno scoperto che alcuni dei geni che regolano le difese immunitarie del paziente influenzano la concentrazione delle cellule immunitarie che penetrano e si annidano nella massa tumorale per combatterla dall’interno. Hanno inoltre scoperto il ruolo importante di un pool di geni che controlla l’azione antitumorale dell’interferone. “Uno dei principali meccanismi della risposta immunitaria contro i tumori – spiega Bedognetti – è proprio l'interferone. Un’elevata attività dell’interferone nei tumori si associa a maggiori chance di risposta all’immunoterapia; in altri termini, se un paziente ha elevate concentrazioni di interferone, avrà tante cellule immunitarie attivate nel tumore, che a loro volta producono altro interferone, che richiamerà altri linfociti nella sede del tumore, attivando un circolo positivo che si autoalimenta”.


Il punteggio poligenico

La ricerca punta ora a creare ‘punteggi poligenetici’ per individuare i pazienti con maggiore probabilità di rispondere all’immunoterapia e a comprendere meglio il meccanismo d’azione dei geni del sistema immunitario per sviluppare terapie personalizzate più efficaci. “Questo e i futuri studi serviranno dunque a far luce sui meccanismi di resistenza dei tumori alle immunoterapie, per affinare le nostre armi contro la malattia”, dice Bedognetti: “L’obiettivo ultimo è una ultra-personalizzazione della cura che punta da un lato a determinare con precisione i pazienti in cui l’immunoterapia è efficace in base al loro Dna, e dall’altro a modificare il tumore, per farlo diventare più immunoresponsivo. Il prossimo passo - conclude - sarà consolidare i risultati di questo studio in gruppi più ampi di pazienti trattati con diversi tipi di immunoterapia”.