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Sicilia, Sclerosi Multipla: 1.500 pazienti in viaggio verso Cefalù per curarsi

Sicilia, Sclerosi Multipla: 1.500 pazienti in viaggio verso Cefalù per curarsi
Con il progetto StayHome si punta a ridurre l’impatto della distanza geografica per i tanti pazienti che arrivano da altre parti della Regione in questo Centro di riferimento
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Piccola, ma piena di storia e circondata da un mare meraviglioso che rende meno dolorosa la cura di chi nella vita deve vedersela con la Sclerosi Multipla. Proprio qui, infatti, c’è un centro di riferimento regionale per questa patologia che segue 1.500 pazienti provenienti da tutta la Sicilia. È il Centro Sclerosi multipla della Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù che fa parte dei dieci Centri di riferimento nazionale che partecipano al progetto Stay Home.

 

La distanza che pesa

In Sicilia i pazienti con Sclerosi Multipla sono in tutto 9.500 di cui alcuni non sono seguiti da un Centro di riferimento perché in una fase più avanzata di malattia e gli altri fanno riferimento al Centro di Catania e a quello di Cefalù, città che ha appena 15mila abitanti. Il problema più grande per i pazienti è la distanza: “Alcuni dei quasi 1.500 pazienti che seguiamo - spiega Luigi Grimaldi, primario dell’Unità operativa complessa di Neurologia del Centro Sclerosi Multipla Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù - provengono da Siracusa che dista 300 chilometri. Questo significa che ne devono percorrere ogni volta 600. Altri arrivano da Sciacca che dista oltre 400 chilometri”. E non si tratta di un evento occasionale, dato che i pazienti effettuano diverse visite e accertamenti in un anno, durante i quali il paziente non arriva da solo: “Per poter venire da noi - prosegue il medico - devono organizzarsi perché alcuni hanno un disagio fisico o sono minorenni o al contrario sono anziani per cui non possono guidare”. Insomma, per venire al Centro di Cefalù spesso parte un’intera famiglia, comportando un burden significativo sia da un punto di vista assistenziale che economico.

La partecipazione al progetto StayHome

Proprio perché il 90% dei pazienti arriva da oltre 100 chilometri di distanza, il Centro di Cefalù rappresenta un caso di studio particolare: “Siamo stati selezionati anche perché il nostro centro è molto dinamico: abbiamo in attivo una decina di sperimentazioni per la sclerosi multipla e in molti casi siamo stati i cosiddetti ‘top enroller’, cioè il Centro che ha arruolato il maggior numero di pazienti”, spiega Grimaldi. Nonostante il dinamismo e il fermento che caratterizza questo Centro, le criticità non mancano e la partecipazione al progetto di Biogen punta a risolverle partendo dalle esigenze espresse da chi in quel Centro ci lavora: medici e operatori sanitari che hanno partecipato attivamente tramite una serie di interviste per individuare le aree su cui è più urgente intervenire. “La prima criticità - spiega Grimaldi - riguarda l’organizzazione delle visite mediche che deve puntare a facilitare i pazienti. Per esempio, in questi giorni abbiamo due medici dell’equipe positivi al Covid, questo significa che saremmo costretti a rimandare le visite di due ambulatori bloccando così tutti i pazienti che si erano già organizzati per il viaggio con enormi disagi”. Le criticità emerse non sono però rimaste solamente sulla carta, dato che la fase implementativa del progetto Stay Home punta a ridurne l’impatto potenziando il network tra il Centro e il territorio, coinvolgendo le ASP di Enna ed Agrigento. Infatti, il Centro di Cefalù e le due ASP collaboreranno nel garantire la continuità di cura e diminuire l’impatto della distanza del paziente dal Centro.

 

Riabilitazione senza ricovero

Un’altra criticità è quella della riabilitazione: “Nel nostro Centro - sottolinea Grimaldi - abbiamo quasi 100 posti dedicati alla riabilitazione, ma la Regione non consente di ricoverare i pazienti con sclerosi multipla se non in circostanze particolarmente gravi. Questo implica che la maggior parte dei pazienti con SM che necessitano di una riabilitazione a basso-medio impatto dovrebbero venire per 15 giorni di seguito ogni giorno, ma viste le distanze geografiche questo è impossibile a meno che non prendano in affitto una casa sobbarcandosi altre spese”. L’ideale sarebbe visitarli ed effettuare la riabilitazione sul posto una prima volta, organizzando poi tutto in modo da poterli seguire da remoto: altro aspetto che sarà messo al centro dalla collaborazione tra il Centro di Cefalù e le due ASP.

Curarsi a casa

Un altro importante aspetto da migliorare riguarda la dispensazione dei farmaci: “I pazienti vengono per essere controllati e per fare una flebo che potrebbero fare anche a casa se ci fosse un accordo con l’Azienda Sanitaria Provinciale”, prosegue lo specialista. Ma somministrare questi farmaci - tra l’altro molto costosi - a casa non è rischioso? “Certo sarebbe meglio farlo in un Centro per evitare potenziali effetti collaterali dovuti a una non corretta somministrazione oppure che cadendo nel maneggiarli vadano sprecati, ma tutto si potrebbe fare con tranquillità a casa del paziente avendo la disponibilità di infermieri a domicilio per fare le infusioni”, risponde Grimaldi. E il problema della connessione? “Esiste perché alcune zone della Sicilia e alcune famiglie sono sprovviste di una buona connessione, ma in ogni cittadina c’è un poliambulatorio con una postazione medicalizzata raggiungibile in dieci minuti anziché nelle quattro ore che servono per arrivare a Cefalù”.

 

Il ruolo della telemedicina

Anche il tema della telemedicina, chiave per la gestione da remoto del paziente, è al centro del progetto Stay Home: “Abbiamo individuato i Centri di Enna e Agrigento, coinvolto i Direttori Generali e intervistato i vari attori coinvolti nella cura per capire come poter aiutare i pazienti”, prosegue lo specialista che aggiunge: “Confido molto nella telemedicina per risolvere tante situazioni, ad esempio la presenza di un infermiere esperto sul posto che potrebbe essere guidato da remoto, ma tutto questo richiede riorganizzazione, volontà e collaborazione; per questo stiamo partecipando al progetto Stay Home, per essere concretamente operativi pensando a ciò che è meglio per i pazienti”.