Un ‘sistema sanitario’ all’aperto che offre diverse prestazioni per migliorare la salute mentale e fisica, in termini di prevenzione e anche di terapia. La terapia forestale: non solo nei boschi ma anche nei parchi cittadini, oltretutto senza costi. Nulla di mistico, ma una vera e propria disciplina partita dall’Estremo Oriente e ora diffusa in tutto il mondo, uno strumento di medicina complementare a disposizione del Servizio sanitario nazionale e i cui benefici sono stati recentemente riconosciuti anche dall’Onu. Certo, parlare di terapia forestale in inverno e in piena pandemia sembra strano. Ma non è detto che si debba rinunciare al contatto con la natura: gli esperti, infatti, ci aiutano a ‘ricreare’ almeno parzialmente un ambiente forestale anche a casa, attraverso stimoli visivi, uditivi e olfattivi. Con audio-video che riproducono ambienti forestali, avanzate tecniche di realtà virtuale immersiva, e diffusione in aria di oli essenziali derivati anche da essenze forestali.

Il verde virtuale
Certo, nessuna ‘ricostruzione’ di un ambiente verde in casa potrà mai competere con l’immersione tra gli l’alberi di un bosco. Eppure, sorprendentemente, una parte degli effetti benefici, in particolare quelli mediati da vista, udito e olfatto, si possono anche ottenere in luoghi chiusi. Già negli anni ’80, lo studioso Roger S. Ulrich, esperto degli effetti della natura sul benessere, nei test sul recupero dallo stress, riscontrò che la visualizzazione per 10 minuti di diapositive o video di foreste inducevano il miglioramento di alcuni parametri fisiologici (pressione sanguigna, ampiezze delle onde cerebrali alfa, tensione muscolare), cosa che non avveniva quando si mostravano scene urbane. Altri due studi hanno poi mostrato sperimentalmente che immersioni in ambienti forestali di circa 2 ore miglioravano significativamente i parametri metabolici in persone di mezza età, sia uomini che donne, tanto da essere suggerite come pratiche cliniche.
Il verde in ospedale
Risultati confermati più di recente anche in ambito ospedaliero, come ci raccontano Francesco Meneguzzo e Federica Zabini, dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, curatori del libro Terapia forestale pubblicato da Cnr Edizioni: “Nei pazienti operati di tiroidectomia, appendicectomia ed emorroidectomia, solo per fare un esempio, è stata rilevata una maggiore tolleranza al dolore e un minor ricorso ad antidolorifici, oltre che meno ansia, se c'è del verde nella stanza di ricovero. Analoghi risultati sono stati ottenuti anche in soggetti sani con dolore indotto artificialmente”, spiega Zabini. E ancora un recente studio, pubblicato su Health Environments Research & Design Journal, ha trovato che i murales raffiguranti foreste hanno effetti migliori su frequenza cardiaca e pressione sanguigna nei pazienti pediatrici rispetto a quelli che raffigurano ambienti marini.
Sei minuti di realtà virtuale
Se la fotografia di un bosco è in grado di attivare una risposta positiva antistress sono ancora più efficaci per il benessere psicofisico rappresentazioni più realistiche e multisensoriali, dai video 2-D alla realtà virtuale immersiva. “La stimolazione multisensoriale, cioè visiva, uditiva e olfattiva, induce un migliore recupero dallo stress rispetto ad un’esperienza solo visiva. E, infatti, si è visto che anche solo 6 minuti di esposizione alla natura nella realtà virtuale possono fornire effetti riparatori e benefici sui livelli di umore”, dice Meneguzzo che aggiunge: “Anche se la ‘natura tecnologica’ non riesce a riprodurre completamente gli effetti di quella reale, le tecnologie immersive virtuali potrebbero essere rilevanti per migliorare il benessere delle persone per le quali il contatto diretto con la natura non è possibile o pericoloso. Questo vale soprattutto per soggetti con disabilità fisiche o in situazioni di allettamento ma anche per alcune forme di disturbi mentali, tra cui depressione e ansia”.
L’aromaterapia
Un altro modo per riprodurre il bosco in casa è l’uso degli oli essenziali per fare aromaterapia simulando gli odori della natura. “L’inalazione degli oli essenziali - suggerisce Meneguzzo - può essere praticata in modi diversi, ad esempio profumando un pezzo di stoffa, ponendo una goccia d’olio tra le mani, preparando dei suffumigi, oppure utilizzando un diffusore. In tutti i casi l’assunzione procede in due direzioni: verso la corteccia cerebrale e verso i polmoni, per procedere attraverso gli alveoli nel circolo sanguigno fino agli organi”. Il sistema nervoso autonomo reagisce all’attività aromaterapica in due modi: attraverso l’inibizione del sistema simpatico, responsabile delle reazioni ‘salva vita’ di attacco/fuga, riscontrabili in condizioni di stress, e la stimolazione del sistema parasimpatico, responsabile dei meccanismi di rilassamento. Gli oli essenziali più adatti a ricostruire l’ambientazione forestale sono “sicuramente quelli ricavati dagli alberi, possibilmente conifere come l’abete bianco e il cipresso, che favoriscono il rilassamento fisico e la concentrazione mentale o l’abete di Douglas che aiuta a riequilibrare le emozioni”, suggerisce Meneguzzo.
Contro l’ansia da Covid
La terapia forestale sembra possa essere utile anche contro Covid. Una ricerca, recentemente pubblicata su International Journal of Environmental Research and Public Health, dimostra come la visione di video sulle foreste creati dagli specialisti possa avere un effetto anti-ansia. Nello studio, ideato da Francesco Becheri, responsabile scientifico e psicologo della Stazione di terapia forestale di Pian dei Termini (Pistoia) e condotto insieme a Cnr, Università di Firenze e Club Alpino Italiano, sono stati coinvolti 100 volontari nella fase conclusiva del primo lockdown. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, cui veniva chiesto di guardare ogni mattina per cinque giorni un video della durata di 5 minuti, con immagini delle foreste, prima di ascoltare le notizie del telegiornale. Il secondo gruppo di partecipanti, invece, guardava un filmato con immagini di strade e palazzi. I risultati: chi ha osservato le foreste ha avuto una riduzione significativa dell'ansia e delle manifestazioni fisiche associate, come battito cardiaco accelerato e respirazione affannosa, chi ha guardato i palazzi non ha avuto benefici altrettanto importanti.
Quanto ci fanno bene i Bvoc
Ma c’è di più, perché di recente si è ipotizzato anche un possibile ruolo benefico delle foreste nel contenimento della diffusione dell’infezione da Coronavirus e soprattutto della sua letalità. “In particolare - spiega Meneguzzo - questi effetti rimanderebbero all’emissione in atmosfera da parte delle piante, e la conseguente inalazione, di certi composti organici volatili biogenici (Bvoc), in particolare alcuni terpeni dotati di attività antiossidanti, antinfiammatorie, immunomodulanti e benefiche sul piano psicologico e cognitivo”. Gli esperti ipotizzano che proprio la disponibilità in aria di BVoc emessi dalla vegetazione mediterranea e dalle foreste sempreverdi possa essere in relazione inversa alla mortalità da Covid-19 nelle diverse Regioni italiane.
L'alloro che protegge
In particolare, in uno studio pubblicato su Environmental Chemistry Letters, i ricercatori del Dipartimento di Chimica dell’università Federico II di Napoli e dell’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del Cnr di Napoli, hanno avanzato l’ipotesi di una diffusa attività immuno-protettrice da parte delle piante mediterranee, come una delle cause della inferiore mortalità da Covid-19 in certe regioni dell’Italia meridionale tra cui Molise, Basilicata e Calabria e non solo perchè hanno una percentuale di superficie forestale per abitante più alta rispetto ad altre regioni. I ricercatori hanno esaminato più di quaranta composti dell'alloro, tipico albero sempreverde mediterraneo, e hanno scoperto che nove di loro avevano un'affinità significativamente alta per la proteasi Mpro, da tempo riconosciuta come uno dei bersagli più promettenti a cui mirare per lo sviluppo di nuovi farmaci anti-Covid. “La quercetina, uno dei più diffusi composti organici volatili di origine biogenica emessi naturalmente dalle piante - aggiunge Paolo Zavarella, presidente dell’Associazione italiana di Medicina forestale - ha recentemente dimostrato, in vitro, di avere efficacia nel ridurre la carica infettiva del virus all’origine del Covid 19. Anche per questo, ritengo che sia molto importante far conoscere e riconoscere la medicina forestale come disciplina bio-naturale, rendendo il Bagno di Foresta un modello di salute ‘prescrivibile’ dai medici”.
Foreste contro città
Durante il lockdown, la terapia forestale si è avvalsa della "riproduzione" tecnologica: la sola stimolazione visiva con immagini forestali su schermo televisivo e per soli 90 secondi, ha portato a benefici psicologici e, spesso, fisiologici. “I partecipanti, giovani donne, vedevano in successione immagini forestali e urbane e viceversa, con intervalli di 60 secondi prima e dopo ciascuna visione - spiega Zabini - la diminuzione significativa della concentrazione di ossiemoglobina in parte della corteccia prefrontale, misurata attraverso spettroscopia nell’infrarosso vicino, dimostrava il rilassamento dell’attività cerebrale, confermato attraverso test di autovalutazione psicologica”.
La passeggiata
C'è chi invece alla realtà virtuale preferisce la pratica, senza infrangere le regole imposte dall’emergenza Covid. Già quest’estate è stato il trekking l'attività più praticata dagli oltre 27 milioni di italiani che sono andati in vacanza. Secondo l'Istituto nazionale delle ricerche turistiche, i camminatori sono stati il 39%. Molti hanno continuato anche in inverno. Il primo beneficio è quello psicologico: stare a contatto con la natura rilassa, anche d’inverno. Alcuni ricercatori polacchi hanno condotto sessioni invernali di bagno di foresta: 15 minuti di contemplazione di ambienti alberati in aree urbane o periurbane, con e senza neve. I partecipanti erano giovani adulti e nonostante lo scarso comfort meteorologico e i livelli molto bassi di composti benefici nell’aria, dovuti sia alle basse temperature che alla prevalenza di piante decidue, gli esiti dei test di autovalutazione psicologica dei partecipanti sono stati molto positivi.
Geometrie ipnotizzanti
Come mai? L’ipotesi dei ricercatori, pubblicata su Urban Forest, Urban Green, è che la visione della foresta in inverno possieda un potenziale di rilassamento grazie alle caratteristiche del paesaggio con alberi che creano geometrie dall’effetto ipnotizzante e catturano lo sguardo anche se spogli. Contribuiscono all’effetto relax anche il tatto e l’olfatto: “Il contatto con il legno degli alberi, così come la stimolazione olfattiva procurata da oli essenziali e farine di legno o dalla presenza in atmosfera di composti organici volatili come alfa-pinene e limonene inducono un rilassamento fisiologico dimostrato dalla riduzione dell’attività cerebrale, dal potenziamento dell’attività nervosa parasimpatica e dall’inibizione dell’attività nervosa simpatetica, ma anche dalla diminuzione della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e del livello dell’ormone dello stress”, spiega Zabini.
Meno depressi e stanchi
Altri dati sui benefici della terapia forestale arrivano dall’Italia. Il Club alpino italiano e il Cnr, a partire da agosto scorso, hanno organizzato e condotto delle sessioni sperimentali di terapia forestale con risultati interessanti: una diminuzione del 79% dell’ansia, del 74% di depressione e del 45% di stanchezza. Inoltre, in uno studio finalizzato alla prevenzione della demenza senile nei soggetti anziani i benefici dei programmi di terapia forestale svolti con meditazione, lezioni di respiro e semplici camminate sono stati misurati con esami elettrofisiologici come encefalogramma, variabilità del battito cardiaco e bioimpedenza per stabilire gli effetti sull’attività neurale e l’attività nervosa parasimpatica (quella associata a condizioni di rilassamento). Non solo: diversi studi di laboratorio evidenziano come alcuni composti organici volatili (Cov) possano modulare il rilascio di varie citochine (TNF-a, IL-1, IL-6, ecc.), mediatori infiammatori e neurotrasmettitori: “Grazie a queste attività biologiche - spiega Zabini - si è ipotizzato per alcuni Cov un ruolo nel ridurre l’infiammazione e il dolore, migliorare l’umore, la qualità del sonno e i disturbi legati all’ansia”.
L’impatto sul sistema immunitario
Un altro effetto è quello connesso al rafforzamento del sistema immunitario, in particolare dovuto all’incremento quantitativo e del livello di attivazione delle cellule natural killer (NK), vere e proprie ‘cacciatrici’ di cellule tumorali o infettate da virus. “In alcuni studi, questo effetto - prosegue Zabini - ha dimostrato di durare per oltre 7 giorni, e talvolta anche 4 settimane in seguito ad esposizioni di almeno 2-3 giorni all’ambiente forestale ed è stato confermato da studi sperimentali successivi anche su donne residenti in insediamenti urbani e affette da tumore al seno”. Quest’ultima ricerca ha portato a risultati talmente buoni in termini di sostegno al sistema immunitario che quella forestale è stata suggerita come terapia adiuvante anti-cancro dopo i trattamenti standard.
Immersioni nel verde: istruzioni per l’uso
Assodato che passare tempo in foreste e parchi, o semplicemente contemplando gli alberi, fa bene alla salute, qual è il ‘dosaggio’ giusto? “Trascorrere almeno 120 minuti a settimana nella natura, anche non consecutivamente, è stato associato con una probabilità significativamente maggiore di buona salute e benessere, inclusi anziani e coloro che sono affetti da patologie croniche”, spiega Meneguzzo. Ma se non si hanno a disposizione due ore, anche solo 15-20 minuti sono sufficienti a produrre effetti almeno psicologici, immediati e di breve durata.
La prescrizione di protocolli
Ma basta una passeggiata? In realtà, diverse ricerche in corso mostrano come gli effetti benefici, almeno psicologici, aumentino quando si è guidati nelle esperienze di immersione in foresta in modo professionale e secondo protocolli psicoterapici. Gli esperti, infatti, tengono a specificare che c’è differenza tra i protocolli di terapia forestale e i bagni di foresta: “Questa distinzione - precisa Meneguzzo - non è una pignoleria, perché se il bosco è di per sé terapeutico, per esempio in quanto generatore di sostanze volatili benefiche, e se l’uso consapevole dei sensi ne potenzia l’effetto, l’accompagnamento del gruppo e forse ancor più del singolo individuo riveste un ruolo di fondamentale importanza e fa la differenza. Ma la terapia forestale va proposta, seguendo protocolli adeguati, da figure sanitarie quali medici e psicologi, in grado anche di farsi carico di eventuali e particolari situazioni soggettive”.
I sei passi della Forestfulness
Club alpino italiano e Cnr hanno sviluppato un protocollo, denominato “Forestfulness”, ispirato ai metodi e alle pratiche della psicoterapia e della Mindfulness, articolato in 6 ‘passi’. “Per prima cosa - spiega Meneguzzo - bisogna avere la giusta attitudine nei confronti del bosco perchè la nostra presenza cambia gli equilibri della natura. Poi bisogna portare l’attenzione alle nostre emozioni prima di muovere i passi su un sentiero e ancora lasciar andare, per quanto possibile, tutti i pensieri e le emozioni pesanti, il chiacchiericcio mentale e le proiezioni nel futuro”. Il terzo ‘passo’ consiste nel camminare consapevolmente e il quarto nel respirare il bosco: “Nei percorsi guidati - prosegue l’esperto - chiediamo di fare un’attività immaginativa, di visualizzazione nel ‘respirare il bosco’ assorbendone l’energia, abbinata ad una specifica tecnica di respirazione finalizzata allo scarico delle tensioni e alla ricarica energetica”.
Toccare e meditare
Poi c’è l’uso di tutti i sensi, non solo quello della vista attraverso la quale ammiriamo il paesaggio o l’udito grazie al quale ascoltiamo gli uccelli, ma anche , per esempio, toccando o abbracciando gli alberi, un gesto che genera emozioni positive. Il percorso si chiude con la meditazione con l’albero scelto in modo per nulla casuale, perché ci rispecchia: “Usiamo i nostri sensi per familiarizzare: guardandolo, toccandolo, annusandolo, ascoltando il suono della sua fronda e perfino assaggiandone i frutti, le foglie o gli aghi, quando possibile. E infine, abbracciandolo, possiamo raccogliere le nostre sensazioni, immaginare di condividere con lui lo spazio delle radici, accordare il nostro respiro al suo flusso vitale”, conclude Meneguzzo.
Le ‘prescrizioni’ verdi in Giappone e Corea
Per la prima volta la terapia forestale è stata riconosciuta nella Strategia forestale nazionale 2020 prodotta dal ministero per le Politiche agricole alimentari e forestali. Un riconoscimento fondamentale per arrivare alle cosiddette prescrizioni ‘verdi’ nell'ambito dei protocolli fitoterapici. “In certi paesi asiatici quali Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Cina - prosegue Meneguzzo - le pratiche di bagno di foresta e terapia forestale sono da tempo particolarmente diffuse, godono di un ruolo riconosciuto nell’ambito della prevenzione medica e sono praticate per migliorare la salute fisica e mentale e come rimedio allo stress”. E sono diventate parte dei sistemi sanitari come forma di terapia medica preventiva in Giappone e Corea del Sud.
Dove sono in Italia
Anche in Italia sono nate numerose iniziative promosse da varie associazioni per creare luoghi adibiti ai “bagni di foresta” o alla “terapia forestale”. Inoltre, dal 2021, su Appennini e Alpi saranno qualificati rifugi e sentieri, prevalentemente del Cai, come Stazioni di terapia forestale, per accogliere i nuovi “turisti della salute” e i pazienti inviati dalle strutture del Servizio sanitario nazionale. Quella di ‘Stazione di terapia forestale’ è una qualifica riconosciuta a sentieri e rifugi del Club Alpino italiano in base a criteri precisi, che includono tra l’altro la distanza dalle fonti di inquinamento e la composizione del bosco (conifere, lecci). Tra i primi siti già qualificati c’è il Bosco del Respiro di Fai della Paganella (Trento), le foreste delle Valli del Natisone in Friuli Venezia-Giulia e la Foresta del Teso a Pian dei Termini (San Marcello Piteglio). La terapia forestale è stata inclusa anche nel Master in fitoterapia generale e clinica attivato dall’Università di Firenze. “Le foreste - dichiara Fabio Firenzuoli, direttore del Cerfit (Centro di riferimento regionale in Fitoterapia dell’Auo Careggi) - sono centri di aromaterapia naturale che offrono benefici consolidati sulla salute fisica e mentale. Ora che il quadro scientifico è stato chiarito, uno dei prossimi importanti passi sarà inviare pazienti presso Stazioni qualificate e osservare i risultati: noi siamo molto fiduciosi”.