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Autonomia, l’ultimatum del pratone di Pontida dei leghisti veneti: «La nostra fiducia non è per sempre»

L’umore della base: «Il governo con FdI non ci piace, ma almeno che siano rispettati i patti. In un anno non è cambiato praticamente niente, eppure il nostro voto al referendum è stato chiaro»

dal nostro inviato Laura Berlinghieri
2 minuti di lettura

«Veneti. La democrazia di una nazione si misura nel rispetto delle volontà del proprio popolo e delle minoranze. Sì autonomia 98, 1%. 22 ottobre 2017». Epifanie da Pontida. Lo striscione era stato srotolato sul “pratone” un anno fa. È tornato ieri. «Perché in questi 12 mesi non è cambiato praticamente nulla» sostiene Giampietro Zattra, di Isola Vicentina. Il cartello lo aveva esposto un anno fa e lo ha riportato sul “pratone” ieri.

Soffia un vento nuovo, tra i sostenitori della Liga veneta.

Abbandonato l’orgoglio corporativistico di partito, iniziano a parlare, iniziano a mugugnare. I panni sporchi cominciano a mostrarli anche fuori casa propria. Mostrano i primi cenni di stizza per il progetto che resta bandiera della Lega, ma che fatica a decollare: l’autonomia. Che rimane lì: una bandiera, appunto, un simbolo.

Dal Veneto, ieri, sono arrivati in 6 mila. Pontida non è il prato della rivolta, delle contestazioni. È il prato dell’“orgoglio leghista”, ora annacquato, sotto i colpi di guerre di potere che poco hanno a che fare con le rivendicazioni e le esigenze dei territori.

Zaia a Pontida: "Autonomia del Veneto, il leone è sempre più incazzato"

«E invece la Lega dovrebbe essere questo: ascoltare la gente, risolvere i problemi». Anche Antonio Lanaro stringe tra le mani un cartello che ricorda la promessa sancita con i veneti. «Autonomia subito». E poi una data: 22 ottobre 2017, il giorno del referendum sull’autonomia. «La preoccupazione è legittima. Siamo stati in un milione e mezzo a votare al referendum. Ci crediamo, ma non so per quanto tempo ancora...» dice. «Io sono fiducioso, ma la fiducia va ripagata.

L’autonomia deve essere una priorità per chi governa, e invece sono trascorsi cinque anni e ancora non ce n’è ombra. Non sono contento di essere al governo con Fratelli d’Italia, sarei contento dei risultati: ma questi devono ancora arrivare. E l’autonomia è nel patto di governo».

L’autonomia. Così presente nelle parole di Luca Zaia, dal palco. Così assente da quelle del presidente del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga: nel suo discorso, non la nomina mai. E anche questa è una notizia. Eppure, i veneti, i lombardi sono a Pontida per questo. Quando parla di Bossi, a Carla Crippa, da Vicenza, brillano ancora gli occhi.

«Certo che ho nostalgia della Lega Nord. Se non ci fosse stato Bossi, adesso non saremmo qui» diceva ieri, festeggiando il suo raduno numero 32. Anche lei, insieme a un’amica, Katia Nardi, stringe tra le mani un cartello che ricorda il patto sancito con i veneti, il giorno del referendum.

«Ma noi ci fidiamo di Luca Zaia, il presidente numero uno d’Italia. Siamo sicure che manterrà la sua promessa». E comunque, tanto per ricordargliela, alzano il cartello al cielo proprio durante il discorso del presidente veneto. E non sono le sole, nella fu marea verde (ora, “blu Salvini”) di Pontida, punteggiata dagli striscioni-nodo al fazzoletto: l’appuntamento con l’autonomia.

E i veleni corrono sul “pratone” di Pontida. «Vedi, queste sono le due foto a confronto: prima del Covid e quest’anno» dice uno storico militante lighista. Era il 2019: il prato interamente ricoperto dall’“orgoglio” leghista. Un orgoglio che ieri si è fatto più rarefatto, lasciando grandi spazi vuoti sul “pratone”.

La scritta “Padroni a casa nostra” campeggia sul muretto alla destra del palco. Davanti, una trentina di persone, e poi un enorme vuoto. C’è ancora chi ci crede, nella Liga veneta. Ma il conto alla rovescia è scattato ieri. Il tempo delle promesse è esaurito, per i fedeli della Lega. Ora decidono loro: ora scatta l’ultimatum.

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