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Kenneth Branagh è Poirot in una Venezia decadente tra ombre e segreti

Nelle sale il film ispirato a un giallo di Agatha Christie. Nel cast c’è anche Scamarcio nei panni di un poliziotto

Michele Gottardi
2 minuti di lettura
Kenneth Branagh nei panni di Poirot a Venezia 

Kenneth Branagh ha preso gusto a impersonare Hercule Poirot, l’ investigatore belga uscito dalla penna di Agatha Christie. Dopo il successo di “Assassinio sull’Orient-Express” (2017) e “Assassinio sul Nilo” (2022), ecco “Assassinio a Venezia” (“A Haunting in Venice”) che pone il suo interprete e regista sulla scia di Peter Ustinov, il più celebre Poirot del cinema, sei volte sul grande schermo.

Il film è ispirato al romanzo “Hallowe’en Party” – noto con il titolo “La strage degli innocenti” – in realtà ambientato nella campagna inglese, anche se prende le mosse nella Venezia del 1947, dove ormai anziano, in una sorta di auto-esilio da pensionato, Poirot partecipa con riluttanza a una seduta spiritica in un palazzo in decadenza. Quando uno degli ospiti viene ucciso, il detective viene catapultato in un mondo sinistro fatto di ombre e segreti, dove il finto ricorso al sovrannaturale serve per coprire le malefatte vere degli uomini mortali.

Il cast

Qui vi sono un’amica autrice di gialli (Tyna Fey) che lo vuole coinvolgere in una nuova avventura per poi scriverne, una madre (Kelly Reilly) affranta dalla morte misteriosa della figlia (suicidio?), una medium invasata (Michelle Yeoh), un dottore ricattabile (Jamie Dornan) e, a sua volta, ricattatore, oltre alla consueta corte di serve, governanti, dame di compagnia sospettose e sospettate (Camille Cottin ed Emma Laird), poliziotti e attaché, tra cui Riccardo Scamarcio che recita in inglese nell’edizione originale, e bambini arguti (come Jude Hill).

Il set tra Londra a Venezia

Il film è stato girato a Londra e a Venezia, quando la troupe si trasferì qui all’inizio del 2023, per ambientare gli esterni, mentre gli interni sono tutti ricostruiti in modo molto veritiero negli studi di Pinewood, a Londra.

Nel gioco di riconoscimenti delle location del film non sarà facile identificare la basilica palladiana di San Giorgio, con un mercato sul sagrato, tra ceste di paglia, bidoni del latte, ortaggi e fiaschi di vino.

E poi, l’immancabile chiesa dei Miracoli, campo San Giacomo dell’Orio, il conservatorio Benedetto Marcello, il rio della Canonica, la Scala del Bovolo, Palazzo Malipiero a San Samuele, palazzo e campiello Albrizzi, campo San Boldo e in volo sopra tutti, droni a volontà.

Tra il noir e l’horror

La chiave di lettura che Branagh offre del giallo di Agatha Christie, originariamente appunto dedicato alla notte di Halloween (che di certo non si festeggiava a Venezia nell’immediato secondo dopoguerra), oscilla tra il noir e l’horror, senza negare elementi psicologici di sofferenza generazionale che derivano dalle ferite ancora recenti della guerra mondiale.

Tra porte che sbattono, tempeste marine che sconvolgono il Canal Grande e i rii come se fossero in preda a mareggiate improbabili (le “bricole” che crollano sono invece molto reali e d’attualità), pioggia battente (poteva mancare?), voci e urla di bambini morti secondo la leggenda nera del palazzo, primi piani col grandangolo a deformare visi e immagini, Branagh, meno istrionico dei due precedenti, mostra un universo citazionistico che in parte arricchisce il film, in parte lo limita in un’altra, ennesima, variante del genere decadente sulla città dei dogi.

Perché, manco a dirlo, Venezia richiama sempre gli autori internazionali per ambientare storie di nascondimenti, con ampio ricorso al gotico e al barocco. Immancabile ad esempio, anche qui, l’uso di maschere e baute e a un certo vago senso di morte (a Venezia), che ricolloca il film nel binario del trapasso così caro alle prefiche e ai lugubri cantori della fine della città.

Il trailer ufficiale

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