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Il granchio blu alla conquista dei ristoranti del litorale veneto: «Ormai è una specie nostrana»

Il crostaceo che sta mettendo in ginocchio il settore della pesca dei molluschi è presente stabilmente nei menù dei locali dal basso Piave al litorale. Gli chef: «Ottimo sapore, è ideale con i tagliolini»

GIOVANNI CAGNASSI DANIELE ZENNARO
3 minuti di lettura

Dal basso Piave al litorale, il granchio blu trionfa in questi giorni nelle tavole dei ristoranti più conosciuti e frequentati. A San Donà è appena stata proposta al ristorante dell’hotel Forte del 48 la settimana del granchio blu.

Il voracissimo granchio blu è entrato in pianta stabile nel menù del ristornate da Nicola, dove il titolare Giorgio Grosso lo sta proponendo a jesolani e turisti anche in versione “moeca”. Successo inaspettato per questo crostaceo anche al ristorante Maison Jolie di piazza Milano, dove lo chef Lorenzo Dal Cin sta studiando nuovi piatti.

Se l’invasione di questa specie aliena sta mettendo in ginocchio il settore della pesca dei molluschi, con quintali di vongole aperte e mangiate con le chele terribili, metterlo nei piatti sembra essere la sola soluzione alla portata per cercare almeno di controllarlo.

Costa dai 6 ai 12 euro al chilo in questo territorio, sul piatto poi viene venduto in media a 15 euro. La versione “moeca”, vale a dire durante la muta quando il carapace è molto morbido, viene a costare circa 40 euro al chilo ed è una prelibatezza, per palati raffinatissimi tanto che solo pochi locali lo hanno proposto finora.

Costa circa la metà delle tradizionali moeche che oggi si vendono a 80 anche 100 euro al chilo.

A San Donà il titolare del Forte 48 Guerrino De Faveri con la figlia Prisca lo hanno proposto a tavola per una settimana di fila: «Il tam tam mediatico ha incuriosito i clienti nonostante la iniziale diffidenza. I nostri tagliolini al granchio blu sono stati molto apprezzati e nel menù hanno riscosso un notevole successo».

Ormai sdoganato tra i piatti del territorio, diventa anche una missione per chi lo ordina e sente di fare del bene all’ecosistema: «Dovrebbero pagarci per mangiarlo», scherza infatti un cliente mentre con pinze e stiletti metallici rompe la corazza per spolparlo.

Al lido di Jesolo, lo chef Lorenzo della Maison Jolie sta rilanciando il piatto nel suo menù sempre più ricercato, con rosmarino e altri sapori. «Ha un buon sapore», commenta Lorenzo, «sia con i taglioni, sia in padella i clienti stanno iniziando davvero ad apprezzarlo».

Da Nicola a Cortellazzo, il titolare Giorgio Grosso, con lo chef Claudio Bessega, hanno proposto la versione moeca, quella morbida durante la muta. Con loro, il biologo marino Andrea Tomei, che è uno degli scopritori di questa invasione nelle nostre acque, lagune e canali, e soprattutto uno dei primi a proporlo come piatto prelibato: «Ce ne sono talmente tanti che oggi li possiamo considerare “nostrani” e quindi saranno sempre più presenti al ristorante, con un ruolo da protagonisti. L’importante è pulirlo bene e togliere le branchie che, una volta cucinato, possono rovinare il sapore con un cattivo odore».

Titolare e chef del ristorante da Nicola consigliano senza esitazione la ricetta del locale: «La migliore ricetta sono i tagliolini», spiegano, «con un soffritto di olio e alloro, un po’ di sapori e i pomodorini freschi. Il granchio blu moeca è poi eccezionale e potrebbe sostituire anche le nostre moeche tradizionali. In genere questo crostaceo è buono perché ha un sapore deciso diverso dal granchio poro. Crediamo che il crescente successo lo affermerà sempre di più nella cucina veneta e italiana».

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Il granchio blu non è ancora entrato in pianta stabile nei menù dei ristoranti chioggiotti, ma non è affatto escluso che possa invece diventare anche un piatto tipico della cucina locale in particolare come condimento. Certo difficilmente potrà sostituire una grancevola o un astice, ma c'è chi giura che questo crostaceo predatore, che sta mutando l'equilibrio dell'habitat lagunare, sarà molto apprezzato in tavola per la sua polpa molto saporita e dalla consistenza molto particolare, molto diversa dai prodotti autoctoni.

Del resto se è molto apprezzato negli altri Paesi, una ragione ci dovrà pur essere. Nel frattempo, non appena il ministro Lollobrigida, in visita lunedì al mercato ittico clodiense proprio per discutere di quella che per il momento viene classificata come una vera e propria piaga dai pescatori, ha lanciato l'idea di un prodotto da consumo gastronomico contenente la vitamina B12 il prezzo alla pescheria al minuto è passato in due giorni da 4 a 6,80 euro, ancora molto basso rispetto agli standard del mercato.

I ristoranti però ci stanno pensando e c'è già chi lo ha messo nel menù riscontrando un consenso favorevole dei propri clienti, come, per esempio, alla trattoria “La Nassa”.

«Abbiamo utilizzato il granchio blu quando ancora non se ne parlava così diffusamente», spiega Giancarlo Tiozzo, «tanto che a Pasqua abbiamo proposto in menù i tagliolini al granchio blu che, devo dire, sono stati molti apprezzati dalla nostra clientela. In questo momento, essendo estate e quindi con tantissimi clienti da servire, lo abbiamo momentaneamente accantonato perché richiederebbe troppo tempo nella lavorazione. Però a mio avviso il granchio blu è buonissimo e potrebbe davvero diventare un piatto tipico della cucina chioggiotta. Capisco le problematiche dei pescatori ma mi ha molto sorpreso la negatività che si è creata attorno a questo prodotto. Anzi mi stupisco che qualche consorzio ittico ancora non lo abbia adottato e come sempre chi arriverà per prima avrà sicuramente un successone, approfittando anche del fatto che in questo momento il prezzo al mercato è ancora decisamente molto basso. Purtroppo in Italia si apprezzano le cose solo quando quando cominciano a valere molto».

[[(gele.Finegil.Image2014v1) LPN-Venezia: Coldiretti, domani primi menù al granchio blu_granchioblu]]

Qualche decine di metri più in là, al ristorante “Antico Toro”, sono al lavoro in tre per pulire le grancevole, che resta l'antipasto d'eccellenza della cucina chioggiotta. «Per il momento», dice Massimo Casson, «preferiamo la grancevola al granchio blu, che è una via di mezzo tra il granchio poro e la grancevola, però in futuro non si sa mai. C'è un problema pratico perché è più piccolo rispetto alla grancevole e quindi richiede maggior tempo per la pulizia e l'estrazione della polpa che, a mio avviso, non è tantissima. È un po' come le “mazanete”: sono dei granchi gustosi, dove però mangi davvero poco. Comunque staremo a vedere, per il momento noi continuiamo a proporre alla nostra clientela le grancevole». —

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