Il Veneto nell’emergenza medici di base ma ancora senza il bando per la formazione
Era atteso a fine febbraio e l’inizio delle lezioni era fissato a settembre. Poi più nulla. Crisarà (Federazione medici): «Evidentemente si vuole privatizzare anche questo servizio»
Laura Berlinghieri
Un medico di base nel suo studio al telefono con un paziente
(ansa)Alla medicina generale del Veneto si stima manchino 482 professionisti (dato Gimbe). E, comprendendo anche la pediatria e la continuità assistenziale, si contano oltre 1.300 zone carenti. Eppure la politica continua a ritardare la pubblicazione del bando del concorso per l’anno di formazione 2023.
Doveva arrivare entro il 28 febbraio scorso; a distanza di oltre tre mesi, ancora non se ne scorge traccia. Le lezioni dovrebbero iniziare a settembre, obiettivo evidentemente impossibile da raggiungere.
Il triennio 2022-2025
Del resto, l’assessora alla Sanità Manuela Lanzarin inaugurava il nuovo percorso triennale 2022-2025 giusto la settimana scorsa. E non era un errore, ma l’ennesimo rinvio, che ha fatto slittare al maggio 2023 l’inizio della formazione prevista per il 2022.
In sintesi, nonostante la medicina generale stia perdendo i suoi pezzi, continuano ad accumularsi i ritardi nella formazione. E a poco possono, allora, persino gli aumenti del numero di borse di studio per ciascun triennio.
«Anche perché l’entità degli abbandoni, nel pieno della formazione, ammonta al 30%, tra studenti che se ne vanno durante il corso e altri che lasciano subito dopo il diploma» evidenzia Giorgio Calabrese, coordinatore veneto Fimmg dei medici di famiglia in formazione.
I tempi per il bando
Il bando nazionale per il nuovo triennio formativo doveva essere pubblicato entro il 28 febbraio scorso. Purché prima arrivassero i singoli bandi regionali. Ma questi ancora non si vedono.
«Significa che pure nella migliore delle ipotesi – e quindi anche se il bando dovesse essere pubblicato domani – il concorso non potrà essere bandito prima di dicembre. E le lezioni non inizieranno prima di maggio 2024» dice Domenico Crisarà, presidente dei medici padovani. «È incredibile che, nonostante le condizioni in cui versa la medicina generale, si continuino ad accumulare mesi e mesi di ritardo».
Sarà così anche quest’anno, così come lo è stato l’anno scorso e quello precedente ancora.
«Io stesso, da medico in formazione, iniziai le lezioni otto mesi dopo rispetto alla data che era stata decisa» dice Calabrese, «Ma all’epoca eravamo in piena pandemia. E sarebbe stato opportuno recuperare i ritardi necessariamente accumulati allora».
«Vogliono privatizzare»
Di fronte a un settore in piena crisi di personale, il motivo di questo ritardo è oggettivamente inspiegabile. Crisarà azzarda una spiegazione, forse maliziosa: «L’intenzione di arrivare all’estinzione del ruolo, alla privatizzazione del servizio, come sta accadendo nei Pronto soccorso, anche questi privi di personale» ipotizza, «Quando i medici di famiglia inizieranno a mancare nei piccoli Comuni, nelle valli, l’unica soluzione sarà l’assegnazione del servizio alle cooperative esterne, come negli ospedali. E come è avvenuto, in alcune regioni italiane, con i vecchi servizi di guardia medica».
Intanto, però, le scuole di specializzazione sono riuscite ad anticipare i tempi dei concorsi, e quindi l’accumulo dei ritardi, ad oggi, riguarda esclusivamente la medicina generale. «Da una parte ci sono le Università, che, vista la carenza di medici specialisti, accelerano. E dall’altra ci sono le Regioni, che rallentano» nota Crisarà.
Mancano i tutor
I sindacati dei medici hanno chiesto spiegazioni alla Regione, che fa melina. «Ci è stato risposto che la responsabilità è del Ministero» spiega Maurizio Scassola, segretario veneto della Fimmg. Eppure, parlando di bandi, Roma ha le mani legate: la pubblicazione di quello nazionale, infatti, deve necessariamente attendere la pubblicazione dei rispettivi bandi da parte di ciascuna Regione.
E infatti il rimpallo nasconde altre fragilità. «La Regione ci ha fatto sapere di essere in difficoltà nel reclutare i tutor per gli studenti. Non ce ne sono a sufficienza» dice Calabrese. Queste dunque le fragilità in una regione dai tantissimi “buchi” nella medicina di base.
«Contiamo oltre 1.300 zone carenti» ricorda Scassola, «Mancano medici di famiglia, pediatri, dottori della continuità assistenziale. E oltre la metà dei corsisti, aspirandi medici di base, ha superato l’asticella dei 40 anni» dice Scassola. Tasselli di un’emergenza che continua a essere ignorata. —
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