Api, il mondo le celebra mentre i veleni degli uomini le sterminano
Ben 25 mila specie nel mondo e un migliaio in Italia. L’entomologo Fontana: «Sono loro a dirci che sulla Terra la vita è interconnessa»
Sergio Frigo
Si fa presto a dire “api”. Nel mondo ce ne sono 25mila specie, in Europa circa 2000 e in Italia oltre un migliaio.
È l’insetto che ci permette di vivere, grazie all’impollinazione che determina la riproduzione di tre quarti delle specie vegetali della Terra, ci conviviamo da millenni, ogni anno il 20 maggio ne celebriamo la giornata mondiale.
Eppure ne mettiamo a rischio continuamente l’esistenza con i veleni che immettiamo nell’aria (e appena individuiamo un alveare chiamiamo subito qualcuno per rimuoverlo).
Così la vita delle api dura sempre meno e il loro numero, pure enorme, è sempre più ridotto, con centinaia di specie a rischio di estinzione.
Soprattutto, l’uomo non riesce più a percepire il loro messaggio più importante, con conseguenze che subiamo ogni giorno: «Le api ci insegnano che la vita sulla terra è totalmente interconnessa» spiega Paolo Fontana, apicoltore ed entomologo, con oltre 240 pubblicazioni scientifiche all’attivo, premiato in rappresentanza di questo insetto dal Premio Rigoni Stern.
«Nonostante al mondo coesistano milioni di organismi diversi per classe, ordine, specie, la vita è una e noi siamo tutti parte di un unico organismo, e benché le api provino da migliaia di anni a spiegarglielo, l’uomo non riesce a capirlo e sta distruggendo questa rete vitale».
Il problema non è solo l’estinzione delle api, argomenta Fontana, che è anche presidente della World Biodiversity Association – «ma la riduzione della complessità dei nostri ecosistemi, a causa soprattutto di un modello di agricoltura che prevede in ogni area la coltivazione di un solo organismo e l’eliminazione di tutto il resto. Si tratta di un meccanismo che continua a incepparsi, a dimostrazione che così le cose non funzionano.
Ma la distruzione di biodiversità non accenna a fermarsi: confrontando nel Tirolo austriaco campioni di miele di 120 anni fa con quelli attuali si è registrata una riduzione del 50% delle specie vegetali; girando per la pianura padana anche di notte non ci sono quasi più insetti, quando solo pochi anni fa in un attimo si riempiva il parabrezza.
A qualcuno potrebbe sembrare una buona cosa, ma non è affatto così: la nostra salute dipende dal grado di biodiversità che c’è attorno a noi umani, che in questo momento siamo la specie più a rischio. Nell’eterna lotta che ci contrappone alla natura, più l’uomo si accanisce più la natura lavora per distruggere le sue barriere: con gli altri organismi bisognerebbe reimparare a convivere più che combatterli».
Le api sono il termometro di tutto questo: sono infatti estremamente sensibili a ciò che accade intorno a loro, in particolare i trattamenti con pesticidi nei campi e nei frutteti: «I colpevoli più che gli agricoltori sono le major che sono interessate soltanto a vendere i loro prodotti, anche se tossici per le api.
Con gli agricoltori si può dialogare e venire a patti. Certo poi fa cadere le braccia sentir dire da un ministro che la tutela delle api non deve mettere a rischio la produzione agricola e che i pesticidi non fanno loro del male».
Le recenti morie di api a Montegrotto (e Vighizzolo) dovrebbero insegnare qualcosa.
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