Alberto Rizzi, storico dell’arte, dona palazzo e patrimonio alla sua Venezia
Massimo esperto di Leoni Marciani e di vere da pozzo della Serenissima sopravvissuti negli anni: «I miei beni restino alla città». Un valore di 2,2 milioni: in cambio riceverà un vitalizio
Enrico Tantucci
L’ultimo regalo a Venezia di Alberto Rizzi. L’82enne studioso e storico dell’arte veneziano è, come noto, il massimo esperto vivente di Leoni Marciani, e ha già dato alle stampe un monumentale libro che raccoglie dati e notizie intorno ai 5 mila leoni veneziani sopravvissuti alla fine della Repubblica, oltre ad aver curato un fondamentale volume sulle sculture esterne a Venezia e uno sulle vere da pozzo, catalogandole non solo in laguna, ma fino a quelli che furono i domini della Serenissima in terraferma, ai possedimenti greci, alla Dalmazia e all’Istria, persino all’Albania.
Ma ora Rizzi ha deciso di donare la sua abitazione – un palazzetto settecentesco a San Polo – e il suo patrimonio all’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, di cui è socio, ricevendo in cambio un vitalizio per il restante periodo della sua esistenza. Un valore complessivo – già stimato con atto notarile – in circa 2,2 milioni di euro, con l’ufficializzazione della donazione che avverrà il 28 maggio a Palazzo Ducale, in occasione dell’annuale Adunanza solenne dell’Istituto Veneto.
«Non ho eredi», spiega Rizzi, «e avevo già pensato da tempo di donare la mia abitazione e i beni all’Istituto Veneto, perché li utilizzino nell’interesse della città, della ricerca culturale e scientifica. Vedo una Venezia sempre più asservita alla monocoltura turistica, con le case dei veneziani trasformate in alberghi, B&B o alloggi turistici, negando la natura stessa di questa città. Il mio vuole, dunque, anche essere un gesto di ribellione verso questa deriva, l’invito a resistere. In modo che Venezia resti ancora una città per i suoi cittadini». L’atto notarile stipulato da Rizzi con l’Istituto Veneto prevede infatti un vincolo venticinquennale sulla possibilità di vendita dell’abitazione, che dovrà essere utilizzata ai fini a cui la destinerà l’istituzione.
Intanto la ricerca di Rizzi non si ferma. Lo studioso sta per pubblicare una nuova e più completa catalogazione delle vere da pozzo veneziane, estesa anche a quelle che sono volate all’estero o che sono state portate, ad esempio, in numerose ville venete del territorio. «È un catalogo generale che non pretende di essere definitivo», spiega ancora lo storico dell’arte, che è stato in passato anche funzionario della Soprintendenza veneziana, «anche perché in alcuni casi è impossibile procedere alla catalogazione per l’indisponibilità dei proprietari o per l’impossibilità di raggiungere luoghi o corti private oggi inaccessibili, ma è comunque un patrimonio di riferimento da cui partire, considerando che – ad esempio – la Soprintendenza veneziana non ha mai catalogato le vere da pozzo e non può dunque accertare eventuali furti. Molte si trovano in Inghilterra, per abbellire ville di campagna, o sono anche in musei stranieri, come ad esempio quello di Budapest. Parliamo, tra presenti e scomparse, di non meno di cinquemila vere da pozzo».
Rizzi – che ha recentemente vinto anche una battaglia legale nei confronti della Fondazione Musei Civici – da tempo segnala attraverso le sue ricerche e pubblicazioni anche le numerosi sparizioni che riguardano vere da pozzo, leoni e sculture esterne disseminate nella città, senza che nessuno sembri darsene pena. Un bilancio era stato tratto anche in occasione, solo pochi anni fa, della seconda edizione del suo volume “Scultura esterna a Venezia” (edizioni Filippi) avvenuta 30 anni dopo la prima. Una catalogazione che accertava come il numero di opere scomparse o sottratte sia cresciuto in modo impressionante, soprattutto nelle zone meno frequentate della città e in genere durante il rinnovo degli intonaci. Dalla magnifica Madonna orante a stucco con cherubini che si trovava a San Giovanni in Bragora, della fine del Seicento, letteralmente scomparsa dopo anni di incuria. Al bellissimo stemma settecentesco della famiglia Canal, su un edificio accanto alla chiesa di San Gregorio, appartenuto fino a pochi anni fa alla Soprintendenza. Al braccio verticale della croce veneto-bizantina sulla facciata del Cotonificio di Santa Marta, dello Iuav, sparita durante i lavori di ristrutturazione.
Ma a volte la ricerca di Rizzi ha portato a veri ritrovamenti. Come il cinquecentesco leone dipinto che stava a Ca’ Corner, sede della Provincia, sotto la scrivania dell’allora presidente Francesca Zaccariotto. Nessuno lo notava più, perché coperto da altre decorazioni.
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