“Chronorama. Tesori fotografici del 20° secolo”: Venezia, la mostra a palazzo Grassi
Quattrocento scatti di grandi fotografi, in un viaggio che svela chi eravamo e come siamo cambiati
Enrico Tantucci
Audrey Hepburn veste Givenghy fotografata da Bert Stern (1963)
Come eravamo e come siamo cambiati. È un viaggio fotografico in oltre sessant’anni di storia del costume e del gusto del secolo scorso, ma anche dell’evoluzione della nostra società vista attraverso l’occhio di grandi fotografi di moda e non solo, quello che offre la mostra “Chronorama. Tesori fotografici del 20° secolo” che aprirà a Palazzo Grassi a Venezia, dal prossimo 12 marzo e al 7 gennaio 2024.
La genesi
La sua genesi è nella recente acquisizione da parte della Collezione Pinault di oltre cinquemila immagini degli archivi Condè Nast, con il materiale fotografico di riviste iconiche come Vogue, Vanity Fair, Glamour, House & Garden, a cui hanno collaborato alcuni dei massimi fotografi del Novecento, come Edward Steichen, Berenice Abbott, Cecil Beaton, Lee Miller, Diane Arbus, Irving Penn, David Bailey, Helmut Newton. Ma anche italiani come Ugo Mulas e Oliviero Toscani. L’esposizione – presentata dal direttore di Palazzo Grassi Bruno Racine e dal curatore Matthieu Humery – valorizza la nuova acquisizione attraverso una selezione di 407 immagini di circa 185 fotografi e artisti, scattate tra il 1910 e il 1979, ordinate in un percorso cronologico, diviso per decadi, che arriva sino al pieno avvento dell’immagine a colori rispetto a quella in bianco e nero, precedendo l’era della digitalizzazione.
Termometro visivo
Ma, come ha sottolineato Humery, queste immagini vanno viste come opere in sé, al di fuori del contesto in cui sono state realizzate, come una sorta di termometro visivo in progress dei mutamenti nell’abbigliamento, nell’arredamento, nell’architettura. Ma anche, in definitiva, nel nostro modo di vedere il mondo. Il glamour, la moda, la ritrattistica di personaggi famosi – attori, artisti, architetti, sportivi, popstar o uomini politici – costituiscono il filo rosso che percorre tutta l’esposizione. Mostra che conferma il nuovo interesse della Fondazione Pinault per la fotografia, dopo le mostre già dedicate negli ultimi anni, tra gli altri, allo stesso Irving Penn e a Henri Cartier-Bresson.
Di decade in decade
Così, gli anni Dieci del secolo scorso sono ancora intrisi delle suggestioni Art Deco nelle immagini di balletto di Maurice Goldberg o nei ritratti di Edmonston Studio o Adoild De Meyer. E così ancora negli anni Venti, desiderosi di sfrenarsi dopo gli orrori della Prima Guerra Mondiale, con ad esempio il ritratto di ballerina “scolpita” di Ernst Schneider o quello di modella di Edward Steichen. Negli anni Trenta trionfano le immagini delle grandi dive come Marlene Dietrich, ritratta da Cecil Beaton in dialogo con una cattleya bianca, ma anche nell’attenzione ai temi sociali, con Remie Lohse che ritrae una famiglia di nativi americani issati sul retro di un pick-up o Alfred Grabner che immortala la folla dall’alto. Gli anni Quaranta visti dalle copertine delle riviste di moda sono quelli di ritratti iconici come quello con cui Irving Penn ritrae il collega Henri Cartier Bresson con la moglie Patna ma anche immagini dei giovani della Resistenza rubate da Robert Doisneau, in pieno conflitto mondiale. Gli anni Cinquanta sono anche quelli, oltre alla moda, del design, dell’arte e dell’architettura, nonostante il razzismo e le persecuzioni politiche imperanti anche in America. Così è nell’intenso ritratto dell’architetto Frank Lloyd Whright di Evelin Hofer o nella cruda immagine di John Deakin che mostra Francis Bacon a torso nudo con due torsi di bue penzolanti dalle mani. Gli anni Sessanta sono quelli della liberazione dal tradizionalismo e dalle convenzioni, anche nelle immagini delle dive, dove il glamour lascia il posto alla freschezza e all’anticonformismo, come nella Catherine Deneuve ritratta da David Bailey o nella Audrey Hepburn “fasciata” di Givenchy di Bert Stern. La mostra chiude con gli anni Settanta, dove tornano a trionfare l’edonismo e il glamour, in una chiave disinibita e raffinata, come nel ritratto dello stilista Karl Lagerfeld, pensoso e disteso nel lusso, di Helmut Newton. Capace anche, con un’ironica presa in giro del mondo della moda, di ritrarre la modella Lisa Taylor a Saint Tropez, su un divano in vestaglia e ciabatte.
Quattro giovani artisti
Ad attualizzare la mostra, “Chronorama Redux”, cioè l’intervento in mostra di quattro giovani artisti contemporanei che hanno a che fare con la fotografia e reinterpretano alla loro maniera i temi dell’esposizione. Nell’atrio di Palazzo Grassi gravitano sospese le coloratissime sculture tessili del colombiano Eric N. Mack. L’artista ucraino Daniel Spivakov propone nel percorso l’esplosione cromatica dei teleri. Mentre la mestrina, ormai trapiantata in Francia, Giulia Andreani occupa una parete con i suoi affreschi realisti popolati da personaggi presi da vecchi album di famiglia o archivi fotografici. A fine mostra, l’installazione dell’artista peruviana Solo Tarrah Krajnak per la quale la fotografia è al centro del suo lavoro
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