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Il litorale veneto si prepara a diventare come Dubai per difendersi dal mare

Il cambiamento climatico e l’erosione sempre più frequente potrebbero cancellare la spiaggia di Jesolo entro il 2050. Per questo si pensa a delle isole artificiali per il futuro sviluppo

giovanni cagnassi
Aggiornato 2 minuti di lettura

Il complesso di isole artificiali di Dubai, Palm Jumeirah, preso a modello per il futuro del litorale veneto per arginare le mareggiate e creare nuovi spazi

 

La montagna senza neve, il mare senza spiaggia. La soluzione all’erosione arriva in un luogo che non ti aspetti. In occasione dell’evento “La nuova montagna”, promosso dal Corriere delle Alpi e Nord Est Economia” a Belluno, l’assessore regionale Francesco Calzavara ha colpito la platea con la prospettiva di una soluzione “Dubai” per le spiagge della costa veneta. Isole artificiali realizzate sul mare, davanti alla costa, ventagli di sabbia su cui innalzare alberghi, palazzi, ville.

Il cambiamento climatico minaccia tutti, dalle Maldive che stanno per scomparire fino alla spiaggia di Jesolo e alla costa veneziana. Innalzamento del mare e riscaldamento della terra sono una minaccia incombente, da qui al 2050.

Un futuro non troppo lontano

Calzavara ha introdotto questo tema con progetti avveniristici, che potrebbero non essere così lontani. La società olandese Royal Haskoning, specializzata in opere per la protezione della costa e ingegneria idraulica, ha già fatto un sopralluogo sulle nostre spiagge e l’eurodeputata Rosanna Conte ha coinvolto i balneari a Bruxelles, parlando con gli esperti olandesi di un futuro di barriere artificiali, fondamenta di strutture ricettive o costruzioni, proprio come a Dubai.

«Innalzamento dei livelli del mare con inevitabili ripercussioni in materia di erosione delle spiagge e prolungati periodi di siccità sono le emergenze che vedono i territori e le economie litoranee messe maggiormente a rischio», dice Calzavara.

«Il grido d’allarme che recentemente il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha lanciato sulle ripercussioni dei cambiamenti climatici, e in particolare sull’innalzamento dei livelli del mare, evocando esodi biblici per un miliardo di persone nel mondo, impone alle politiche europea, nazionale e regionale, l’obbligo di affrontare questi fenomeni non più con interventi pensati al contingente, come gli interventi di ripascimento meccanico che tradizionalmente da anni si realizzano e che mirano a garantire nel breve periodo la stagione estiva, ma di iniziare a progettare interventi strutturali di lunga visione, Dubai è uno degli esempi».

Le tecnologie ci sono già

«Interventi che per la loro complessità», aggiunge, «non possono essere a carico delle singole comunità, ma devono trovare risorse soprattutto di carattere europeo e nazionale per interventi che abbiano la capacità di coniugare protezione dei territori e sostenibilità ambientale».

«Ci sono competenze e tecnologie a livello nazionale e internazionale», rilancia, «che possono essere messe a disposizione, per iniziare a pensare a soluzioni che escano dai tradizionali schemi ai quali fino ad oggi siamo stati abituati a pensare, probabilmente anche per scarsità di risorse economiche, ma che invece devono essere trovate, considerando il valore economico, occupazionale e del gettito fiscale che il settore balneare del Veneto rappresenta».

Prepararsi entro il 2050

«La previsione, quella più pessimistica, è che nel 2050, un arco temporale non così distante come potrebbe sembrare, gli arenili del Veneto così come oggi li conosciamo potrebbero essere largamente occupati dal mare.

È compito quindi della politica, con la P maiuscola, dotarsi di studi attendibili e soluzioni efficaci come quelli che la Regione del Veneto sta cercando di trovare, anche grazie all’impegno dell’eurodeputata Conte, delegando la Conferenza dei sindaci del litorale di incaricare per uno studio di fattibilità, l’affermato studio ingegneristico olandese, già protagonista di interventi strutturali in Olanda e negli Emirati Arabi, che insieme all’esperienza maturata in questi anni dall’Università di Padova, e in particolare dal professor Piero Ruol, possano predisporre un piano che riguardi tutto l’Alto Adriatico, con soluzioni innovative.

Acqua dai dissalatori

Altro tema è la carenza idrica derivante da periodi di prolungate siccità: anche in questo caso ci sono tecnologie già esistenti e altre stanno nascendo, attraverso il possibile finanziamento europeo, per incentivare la realizzazione di dissalatori che potrebbero creare le condizioni di una sorta di autonomia idrica di molte strutture ricettive, oltreché diventare vere e proprie “isole verdi”, coniugando energie rinnovabili e processi di dissalazione».

L’ipotesi Dubai, con isole antropizzate artificiali, che da noi evoca scenari apocalittici, negli Emirati e in altri Paesi è oggi già realizzata, senza tanta attesa.

A Montecarlo c’è una penisola green che sarà creata entro il 2025, a firma Renzo Piano. «Che il litorale adriatico sia a rischio, purtroppo lo sappiamo», conclude Rosanna Conte, «da tempo le nostre spiagge sono minacciate dal problema dell’erosione. Abbiamo capito che bisogna guardare al futuro, puntando sulla ricerca e sull’innovazione».

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