Bellotto e l’emozione dell’Ascoli dei record raccontati in un libro da Carlo Cruccu
Il tecnico e quei fantastici quattro anni trascorsi con il club di Rozzi il “presidentissimo” portò la squadra fino al quinto posto in Serie A
Carlo Cruccu
È uscito in questi giorni “Vi do un Bellotto. L’Ascoli di Rozzi, gli anni doriani, il pulmino e Amantino”. Un libro da leggere tutto di un fiato fra storie, aneddoti, racconti di personaggi. Perché l’allenatore di Camposampiero, Gianfranco Bellotto, fra l’altro sedutosi, nell’ordine, sulle panchine di Giorgione, Venezia, Treviso e Vicenza, tanto per fermarsi nel Veneto, ha molto da raccontare. Per gentile concessione di Alberto Facchinetti di “Edizioni in Contropiede” e dell’autore, Carlo Cruccu, ex redattore de La Nuova Venezia, pubblichiamo ampi stralci del primo capitolo.
Re Costantino e l’Ascoli dei record
Anche il calcio – come la musica, la letteratura, l’arte – può conferire l’immortalità. Non occorre scomodare Diego Armando Maradona, ma basta fare un salto a Napoli per capire come il campione argentino sia sempre presente nella quotidianità della vita di un intero popolo.
Fatte le proporzioni, succede anche ad Ascoli: Costantino Rozzi, la più grande figura storica del calcio ascolano, il “presidentissimo”, come veniva chiamato, scomparso nel dicembre del 1994, in realtà è più che mai vivo nei cuori dei tifosi e di una intera città.
L’Ascoli di Rozzi è qualcosa che va oltre un elenco di risultati, ma rappresenta la massima espressione di un calcio amministrato con passione ma anche tanta saggezza, portato avanti da un presidente illuminato, in grado di conquistarsi la stima, oltre che la simpatia, di tutti gli sportivi italiani.
Di quell’Ascoli, per quattro campionati, ha fatto parte anche Gianfranco Bellotto, all’arrivo subito protagonista della stagione dei record, la 1977-78, quando sotto la guida dell’allenatore Mimmo Renna i bianconeri sbriciolarono tutti i record della Serie B, centrando con mesi d’anticipo la promozione in serie A.
E poi uno strepitoso quinto posto in Serie A.
Chiedere a Bellotto di raccontare gli anni vissuti in bianconero, alla corte del presidente Rozzi, è come lasciar libero un bambino tra le giostre del luna park.
Ascoli un’emozione
«Ascoli per me è una emozione che si rinnova ogni volta che ne parlo, sicuramente una delle fasi più belle della mia carriera. E il presidente Rozzi una persona stupenda, irripetibile.
Un aneddoto? Comincio proprio dall’inizio: venivo da una serie di ottimi campionati giocati a Modena e alla chiamata dell’Ascoli inizialmente restai titubante. Con Rozzi ci eravamo sentiti un paio di volte per telefono, lui insisteva e io cercavo di prendere tempo. Così un pomeriggio in piena estate (‘77) arrivò direttamente a casa mia, qui a Camposampiero, in macchina con l’allora direttore sportivo Armillei.
Casualmente in quel momento io non c’ero, disse a mia moglie di preparare i bagagli perché al mio rientro a casa saremmo partiti per Ascoli. E così fu».
Una scelta felice. Nel cuore delle Marche sta realizzandosi un percorso ambizioso di una squadra destinata a far parlare di sé. Squadra con un tasso tecnico altissimo, buon mix tra giocatori esperti e giovani emergenti, ma nei pronostici della vigilia, quelli tradizionalmente destinati ad essere smentiti, ci sono soprattutto Cagliari, Sampdoria, Brescia, Bari e qualche altra prima della formazione bianconera. E invece…
«E invece abbiamo polverizzato tutti i primati della storia della Serie B. Numeri? Campionato vinto con 61 punti, e tenete conto che la vittoria fruttava solo due punti, non tre come adesso. Le seconde in classifica, Avellino e Catanzaro, promosse in Serie A con noi, finite a quota 44, cioè staccate di 17 punti.
Un capolavoro realizzato da una squadra favolosa sul campo, ma anche da una società nella quale Costantino Rozzi faceva funzionare tutto alla perfezione e da un allenatore con idee chiare.
Già, mister Renna. È scomparso l’anno scorso e la notizia mi ha veramente colpito. Anche lui aveva un buon bagaglio di esperienza tra Serie B e Serie C, ma sicuramente il suo momento migliore nella carriera di allenatore lo ha vissuto con noi ad Ascoli. Era stato anche un ottimo giocatore, aveva vinto lo scudetto con il Bologna nel 1964 e spesso nelle sue indicazioni citava le esperienze personali vissute sotto la guida di Fulvio Bernardini, che considerava un maestro.
Quanto alla squadra, Adelio Moro il regista, il faro, con Ambu e Quadri senza pietà in attacco, puntuali a castigare qualsiasi portiere avversario. In difesa gli insuperabili Perico, Scorsa, Legnaro, ma ricordo anche il giovane Gilberto Mancini, tanto forte quanto sfortunato, perché un infortunio poi gli ha precluso la carriera».
Rozzi personaggio televisivo
Intanto il presidente diventa un personaggio televisivo. Non si fa pregare se c’è da pizzicare qualche arbitro e i giornalisti vanno a nozze. Al “Processo del Lunedì”, appuntamento storico creato da Aldo Biscardi, lui e Romeo Anconetani spesso portano via la scena ai numeri uno dei grandi club. Rozzi lo sa, lo capisce, e ci sta al gioco.
Una sfida dialettica che vede l’Ascoli vincitore così come spesso succede sul campo. “Persona schietta, diretta, sapeva lanciare i suoi messaggi sempre a difesa della squadra e poco gli interessava se in televisione sottolineavano gli immancabili calzini rossi o il suo agitarsi durante le partite o addirittura cercavano di farlo passare per una macchietta.
Con gli arbitri comunque si faceva sentire, eccome, ricordo certe sfuriate nei corridoi… Con noi no, raramente l’ho visto infuriato, nei tanti ritiri prepartita, sempre a Villa Pigna, l’albergo di famiglia, ci incoraggiava come un buon padre, ci prendeva sottobraccio, ma senza entrare in questioni tecniche, che restavano di competenza dell’allenatore».
Coppia targata Padova
Si torna un momento alla cavalcata trionfale, mentre, in un meccanismo che funziona alla perfezione emerge una coppia vincente targata Padova. Bellotto ha qualcosa da aggiungere. «Io di Camposampiero, Giancarlo Pasinato di Cittadella, praticamente vicini di casa, eppure ci siamo conosciuti di persona proprio ad Ascoli, mai prima. Il presidente ironicamente ci chiamava ‘voi nordisti’, ma comprendeva anche i lombardi.
Carlo è stato sfortunato, nel suo momento migliore è stato vittima di un incidente stradale che ha condizionato il resto della sua carriera, ma era veramente una forza della natura. Era in grado di lanciarsi da solo, palla avanti e poi fulminare in progressione l’avversario che cercava, inutilmente, di inseguirlo. Se ricordo bene, a Bari fece un gol pazzesco in questo modo, e tutto lo stadio si alzò per applaudire. Con lui rientravo a casa per trascorrere il lunedì e poi sempre assieme si riprendeva la via 19 di Ascoli al martedì.
Tuttora ci troviamo, spesso a tavola, e l’argomento principale è sempre lo stesso: l’Ascoli di Costantino Rozzi, i bei tempi. Quanto al campionato, abbiamo realizzato 73 gol e subiti solo 30. Io in quella stagione ne ho fatti 11, ma gli almanacchi me ne hanno tolti almeno un paio.
Adesso, in base a queste regole nuove inventate dall’Uefa o non so da chi, tu tiri in porta, un difensore devia il pallone e spiazza il suo portiere ma il gol ti viene ugualmente attribuito....
Sì, mi hanno scippato di qualche gol… Posso raccontare che sin dalla prima giornata siamo stati in testa alla classifica, al via sei vittorie consecutive, primo pareggio alla settima, con il Brescia».
Sempre in gol nei primi 10’
«Un altro primato, in quasi tutte le partite abbiamo segnato un gol nei primi 10 minuti. Il presidente ci trasmetteva una voglia di vincere incredibile, avevamo un vantaggio abissale sulle seconde ma prima della partita che doveva darci la matematica promozione venne negli spogliatoi e ci avvertì:
“Oggi dovete vincere, non voglio sentire ragioni. Sappiate che se non prendiamo i due punti in questa gara per voi ci può essere un futuro, anziché in Serie A, nei miei cantieri. In questo periodo stiamo costruendo strade e stadi, gli operai non sono mai troppi…”.
E a proposito di stadi da costruire – Rozzi ha firmato tra gli altri, gli impianti di Avellino, San Benedetto, Benevento e altri, oltre ovviamente a quello di Ascoli – si può aggiungere un contributo diretto del cronista, inviato al Del Duca all’inizio degli Anni Novanta in occasione di un Ascoli-Venezia.
Fine partita in sala stampa, Rozzi è seduto sul tavolo delle interviste, gamba penzolante e rigoroso calzino rosso. “Presidente, a Venezia si parla di nuovo stadio da oltre trent’anni, perché non viene lei e lo fa in una decina di mesi?”.
Quasi una battuta per rompere il ghiaccio, più che una domanda da intervista ufficiale. Rozzi sorride, mano sulla tasca interna della giacca ed estrae il classico biglietto da visita. “Prenda, lo dia a Zamparini e gli dica di telefonarmi. Ci metteremo d’accordo senza problemi”. Missione compiuta, ma di quella telefonata non si è mai avuta conferma. E dello stadio nuovo a Venezia ci sono ancora solo parole...
Tournée in Canada
Torniamo all’estate del 1978, l’Ascoli chiude in trionfo la stagione dei record... Il campionato è finito e tutti programmano le meritate vacanze. Senonché… «A pochi giorni dal rompete le righe il presidente ci chiama e ci dà una notizia. “Ragazzi, di questo favoloso campionato se ne parla in tutto il mondo, avete compiuto veramente un’impresa che passerà alla storia.
Siamo stati invitati per una tournéè in Canada, preparate le valigie perché sarà un’esperienza indimenticabile per tutti”.
Se si aspetta qualche hurrà o altre scene di esultanza, forse quella volta Rozzi lo abbiamo deluso. Pochissimo entusiasmo, un ulteriore prolungamento della stagione, anche se per molti si trattava di una esperienza nuova, non piaceva a nessuno, addirittura una delegazione cercò di convincere il presidente a rispedire al mittente l’invito.
Ma lui fu irremovibile, anzi alla fine riuscì a convincerci tutti, facendo leva non solo sul prestigio personale di ognuno di noi, sulla risonanza che l’avvenimento avrebbe avuto sulla stampa, ma addirittura sul sentimento nazionale.
“Voi fate un lavoro che tutti vi invidiano, state diventando famosi e non potete considerare un sacrificio fare qualche partita in più. Pensate a chi invece ha dovuto lasciare l’Italia per cercare lavoro in altri Paesi, in Canada è pieno di italiani, per loro potervi vedere in azione può regalare un momento di gioia, anche se con nostalgia. Pensate se addirittura ci saranno degli ascolani che verranno a chiedervi un autografo, una foto, un saluto”.
Così ci convinse ed ebbe ragione anche quella volta. Il torneo si chiamava The Red Leaf Cup, non chiedetemi i risultati, sono passati troppi anni, ma ricordo l’emozione della partita contro i Rangers di Glasgow. Conservo ancora le foto in un cassetto, una l’ho incorniciata. Al rientro da quell’esperienza tutti ci sentimmo più maturi».
Ascoli in Serie A
Bellotto è una pedina fondamentale nella scacchiera di Renna, accumula 30 gettoni di presenza mentre nel gruppo emerge un altro veneto, il venezianissimo Carlo Trevisanello.
Suo fratello, Stefano, lo aveva di poco anticipato in Serie A con la maglia del Varese. Il campionato si conclude con un dignitoso centro classifica, scudetto della stella per il Milan. È l’anno in cui il Perugia chiude imbattuto al secondo posto.
«Quell’anno abbiamo messo le basi per un altro Ascoli da record. Sì, perché il quinto posto della stagione successiva fu veramente clamoroso. Intanto Rozzi aveva preso Anastasi, morto di recente e troppo presto, ottimo acquisto nonostante le critiche.. Tra i rinforzi anche Felice Pulici, già scudettato con la Lazio di Maestrelli, tra i confermati, oltre al blocco difensivo, anche Giovanni Roccotelli, il trequartista barese tra i primi, forse il primo in assoluto, a portare in Italia la “rabona”.
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