Elezioni regionali in Veneto: nove nella corsa contro Zaia
Almeno tre i candidati presidente che si presentano nel nome dell’autonomia. Il caso: il governatore uscente non ha il proprio nome nella simbolo di coalizione
Laura Berlinghieri
VENEZIA. In Veneto la corsa per la carica di presidente regionale vedrà dieci contendenti. O, volendo essere più realisti, la corsa di “uno contro nove”.
L’uomo da battere è il governatore uscente Luca Zaia, che il 20 e 21 settembre si presenterà alle elezioni sostenuto da cinque liste: c’è la “sua” lista Zaia, la Lega, Lista veneta (riunirà gli amministratori locali), Fratelli d’Italia e Forza Italia. Tutti insieme sotto il simbolo di coalizione “Veneto 2020. Elezioni regionali”. Che in modo singolare non riporta il nome del governatore uscente, e che quindi più che il “logo” di Luca Zaia, sembra il bollino di promozione dell'intera tornata elettorale.
Se sono in pochi a dubitare in un “Zaia ter”, le incognite investono soprattutto la ripartizione delle preferenze tra le cinque liste, con il timore (milanese) che il simbolo con il nome del governatore uscente possa persino raddoppiare i risultati della Lega.
A provare a rovinare la festa all’attuale presidente sarà Arturo Lorenzoni, l’ex vicesindaco di Padova, a sua volta sostenuto da cinque liste: Partito Democratico, + Veneto in Europa, Europa verde, Il Veneto che vogliamo e Sanca Veneta. In questo caso, riunite sotto il simbolo - senz’altro più esplicito - “Veneto. Lorenzoni presidente”. Dieci liste a sostegno dei due candidati leader. Più di quante, singolarmente, si opporranno ai due.
A fare da terzo incomodo sarà l’ex senatore Enrico Cappelletti, per il Movimento 5 Stelle. Partito che in Veneto non ha mai sfondato. Anche quest'anno i pentastellati correranno da soli, senza allearsi con il Pd con cui invece governano a livello nazionale.
Queste le tre tessere certe di un puzzle che inizia a definirsi solo venerdì 21, con il deposito delle liste, ma che dovrà essere irrevocabilmente completato entro le 12 di sabato 22: è il termine stabilito dalla legge. Eppure - nonostante residuino diverse incognite, i verbi da utilizzare siano tutti al condizionale e l'esperienza insegni che esiste sempre un coniglio da tirare fuori dal cappello - il dedalo degli sfidanti ha già i suoi volti.
La scissione interna al Pd ha i suoi strascichi anche a livello regionale. Lo dimostra la candidatura a presidente di Daniela Sbrollini, il nome di Italia Viva, che coalizza Partito socialista italiano, Civica per il Veneto e Partito repubblicano italiano.
Tra i dissidenti pentastellati c’è invece Patrizia Bartelle, consigliera regionale che, dopo l’addio al movimento di Beppe Grillo, si è trasferita tra le fila di "Italia in Comune" di Federico Pizzarotti. Nella scalata in Regione sarà sostenuta da "Veneto ecologia e solidarietà". Dal canto suo Paolo Benvegnù, segretario veneto di Rifondazione comunista, si candida al ruolo di governatore con "Solidarietà ambiente lavoro".
Ancora, sono ben tre le liste di candidati governatore che parlano di “autonomia” (persino di indipendenza) già nel loro nome. C’è "Indipendenza noi Veneto" di Ivano Spano, che a sua volta si dice particolarmente attento alla questione ambientale. E poi c’è il "Partito dei veneti" di Antonio Guadagnini. Con la sensazione di un cannibalismo fratricida. Parlando sempre di autonomia, ma cambiando sponda, c’è il nome dell’ex parlamentare dem Simonetta Rubinato, sostenuta da "Veneto per le autonomie". L’ultimo volto noto, a oggi, è quello del veterinario e opinionista Paolo Girotto, candidato governatore regionale di “Movimento 3V. Libertà di scelta”, dove le “tre V” stanno per "Vaccini vogliamo verità”. —
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