Guide Espresso: Alajmo colleziona cappelli, in crescita l’Osteria Cera
I migliori in Italia e in Veneto. Le Calandre di Rubano sempre al top e con gli altri locali di famiglia si arriva a 12. La regione si conferma una certezza per la buona tavola. E le pizzerie vanno forte. Vini, trionfo Amarone, guadagna terreno il Lugana low cost

VENEZIA. È sempre in testa: Le Calandre di Rubano continuano a guidare la fila in regione con 5 cappelli, scrive la guida: «Il concetto per cui l’arte consiste nel celare l’arte (‘ars est celare artem’) e un filo sotteso da sempre nelle creazioni gastronomiche di Massimiliano Alajmo, che con grande naturalezza ha regalato e continua a regalare a chi entra nel mondo magico delle Calandre una serie di piatti che, in modi diversi, celebrano il gusto italiano.
E che, uno dopo l’altro, danno vita a un’esperienza coinvolgente toccando ora attraverso i colori, ora attraverso i sapori, ora tramite le consistenze o le variazioni di temperatura, le corde emotive sino ad attingere alla sfera evocativa dei ricordi». Chapeau. Ma la holding Alajmo conferma anche i tre cappelli al ristorante Quadri di Venezia, i due al bistrot Amo, sempre a Venezia, e due anche alla Montecchia di Selvazzano. Conti presto fatti: 12 cappelli in tutto. Significa l’eccellenza. E con l’arrivo degli Alajmo, la cucina veneziana è cresciuta di un bel po’.
Cera guadagna
Rispetto all’anno scorso l’Antica Osteria Cera a Campagna Lupia conquista un cappello in più (4), ecco come lo spiega la guida: «In pochi luoghi il mare riesce a essere calmo e impetuoso, mosso e liscio, insomma a trovare una sintesi delle sue diverse anime. Uno di questi posti magici è l’Osteria di Lionello Cera e della sua famiglia nelle campagne veneziane».
Nel vicentino a Lonigo il ristorante La Peca dei fratelli Portinari conferma i 4 cappelli, nel contempo il ristorante ha ricevuto il premio dell’Espresso come Pasticceria dell’anno. Sempre nel vicentino confermano i 3 cappelli l’Aqua Crua, El Coq – Garibaldi, La Tana Gourmet, Spinechile Resort del bravo Corrado Fasolato, vecchia conoscenza veneziana. Conferma i tre cappelli anche l’Undicesimo Vineria di Treviso dove regna incontrastato Francesco Brutto, che si prende anche 2 cappelli per Venissa, nell’isola di Burano (VE).
Rimanendo a Venezia restano i due cappelli all’Hotel Cipriani– Oro, al Ridotto, al Local. Confermato anche a Pontelongo i due cappelli al Lazzaro 1915, del bravo Piergiorgio Siviero. A Scorzè il ristorante San Martino, rispetto allo scorso anno, conquista un cappello in più (2), questo grazie alla cucina di Raffaele Ros. Nel bellunese il San Brite di Cortina d’Ampezzo guadagna un cappello (2), rispetto allo scorso anno, una bella soddisfazione per chi si autodefinisce un’agricucina.
Cuoca dell’anno
Un’ultima annotazione: fanno seguito con un cappello 45 ristoranti, fra cui nel Veneziano: Da Omar, Chat Qui Rit, Covino, Hostaria Franz, l’Hotel Centurion –Antinoo’s Lounge, Hotel Monaco Grand Canal, Hotel Gritti-Club del Doge, Riviera, Vecio Fritolin, Zanze XVI, Ai Do Campanili, Al Cjasal; nel Trevigiano: Le Beccherie, Dalla Libera, Locanda Baggio, Feva, Marcandole; nel Padovano: Fuel, Radici, Ristorante 19. 94, Hotel Aldo Moro– La Cuisine, Storie d’Amore, Valbruna (1° cappello); nel Bellunese: hotel Rosa Petra, Tivoli, Pan e Vin. Rimanendo in provincia di Belluno: Alessandra Del Favero ha vinto il premio Cuoca dell’Anno, per il ristorante Aga dell’Hotel Trieste a San Vito di Cadore, ma Alessandra con Oliver Piras hanno deciso di aprire un locale a New York.
Pizzerie
Sono trentuno le pizzerie segnalate con le tre pizze in tutta Italia. Vale dire l’eccellenza. Sei in Piemonte, 4 in Lombardia, 5 in Veneto, 2 in Emilia Romagna, 2 in Toscana, 3 nel Lazio, 6 in Campania e 2 in Sardegna. Valle d’Aosta, Abruzzo e Molise, Puglia, Basilicata e Sicilia restano a zero quanto a tre pizze. Il pizzaiolo Valentino Tafuri ha vinto il premio Espresso come Giovane Pizzaiolo dell’Anno, con la sua pizzeria Tre Voglie a Battipaglia in provincia di Salerno.
LA CLASSIFICA ITALIANA
Le new entry per quanto riguarda i 5 cappelli sono: il ristorante Seta dell’hotel Mandarin Oriental con lo chef Antonio Guida, la Villa Feltrinelli a Gargnano con lo chef Stefano Baiocco, entrambi in Lombardia, e il marchigiano Madonnina del Pescatore con lo chef Moreno Cedroni.
Restano confermati Casadonna-Reale di Niko Romito, Rosa Alpina-St Hubertus chef Norbert Niederkofler, Le Calandre, Lido 84 di Riccardo e Giancarlo Camanini, Osteria Francescana di Massimo Bottura, Piazza Duomo di Enrico Crippa, Uliassi con lo chef Mauro Uliassi.
Sono 12 invece i cappelli d’oro. Ecco le new entry: Da Vittorio a Brusaporto dei fratelli Cerea, la Pergola del Rome Cavalieri con lo chef Heinz Beck, che si aggiungono a Caino con la chef Valeria Piccini, Casa Vissani a Baschi chef Gianfranco Vissani, Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio chef Nadia Santini, Don Alfonso 1890 chef Alfonso ed Ernesto Iaccarino, Enoteca Pinchiorri a Firenze chef Antonio Monco e Alessandro Della Tommasina, Lorenzo a Forte dei Marmi chef Gioacchino Pontrelli, Miramonti L’Altro a Concesio nel Bresciano chef Philippe Léveillé, Romano a Viareggio chef Franca Checchi, San Domenico a Imola chef Massimiliano Mascia.
Con i 4 cappelli (in tutto 27) ecco ad esempio Agli Amici a Udine chef Davide Scarello, o l’Argine a Vencò a Dolegna del Collio con la chef Antonia Klugman, il Duomo a Ragusa Ibla chef Ciccio Sultano, La Madia a Licata chef Pino Cuttaia, Cracco a Milano, Hisa Franko a Kobarid in Slovenia con la chef Ana Ros, Del Cambio a Torino con lo chef Matteo Baronetto o sempre a Torino il Combal. Zero con lo chef Davide Scabin.
Qui Padova
Tra eccellenti conferme e nuove promesse, la ristorazione padovana gode di ottima salute e ogni anno riserva delle sorprese sulla spinta di una vitalità che fa di tanti locali un trampolino di lancio per gli chef più apprezzati da critica e pubblico.
La Guida “I Ristoranti e i Vini d’Italia” de L’Espresso restituisce la fotografia di questo fermento. A dominare la scena da quasi un ventennio ovviamente c’è sempre lui, Massimiliano Alajmo, enfant prodige dell’alta ristorazione (il più giovane chef a conquistare le ambite tre stelle Michelin) oggi nome affermato sulla scena internazionale con nuove aperture e nuove esplorazioni, mentre continua a brillare il “faro” de Le Calandre dall’alto dei suoi cinque cappelli.
Del resto la famiglia Alajmo rappresenta il top della cucina padovana da decenni e mantiene ben saldi i due cappelli per “La Montecchia” di papà Erminio, che insieme allo storico direttore Mauro Meneghetti garantisce la continuità di rendimento dell’elegante ristorante ricavato dai magazzini di essiccatura del tabacco dei conti Capodilista a Selvazzano. A capo dell’Appe, l’associazione dei pubblici esercizi di Padova, Erminio ha favorito l’evoluzione degli ultimi decenni portando in città il consulente del gusto Pier Angelo Barontini che con i suoi affollati corsi ha cambiato l’abc in cucina, tra cotture a basse temperature e dialogo diretto con i produttori.
Da Pontelongo Piergiorgio Siviero tiene ben stretti i due cappelli per il suo Lazzaro 1915 con un menù d’acqua e di terra che non smette di stupire. Così come sono una piacevole sorpresa le due new entry nel club dei migliori per il ristorante Valbruna di Limena e il Radici di Padova. Due locali giovani condotti da giovani.
A Limena da luglio 2018 il ventinovenne Davide Tangari ha lavorato sodo per ottenere la sua prima affermazione. «È un traguardo incoraggiante che spero apra le porte ad altri riconoscimenti» afferma lo chef milanese che si è fatto le ossa in locali stellati «e che mi permette di delineare la personalità del ristorante, soprattutto nel più impegnativo lato gourmet. Dalle proposte più classiche al menù più sperimentale “a modo mio” prestiamo grande attenzione all’uso delle materie prime. Anche da questa esigenza è nato l’orto di fronte al ristorante, 800 metri quadrati di terreno in cui autoproduciamo circa l’80 per cento della verdura».
Il Radici di Padova, aperto da due anni, si era subito riservato una segnalazione in guida, ora impreziosita dal cappello. Ne va orgoglioso Andrea Valentinetti, 34 anni, un passato tra i locali Alajmo e il caffè Breda e Cavour in città. «Stiamo crescendo e continueremo a impegnarci in questa direzione» spiega «le potenzialità e la voglia di fare certo non mancano nel nostro giovane e affiatato team. Proponiamo un menù in continua evoluzione con certezze come la gallina e i nostri dolci».
Tra gli altri locali che si sono aggiudicati un cappello resta a pieno titolo Storie d’Amore a Borgoricco, in attività da 11 anni. «Il nome nasce dalla canzone “Una lunga storia d’amore” di Gino Paoli, dal nostro amore per la cucina e dalle storie d’amore che crescono tra i nostri tavoli» racconta Davide Filipetto, giovane cuoco e già maestro di altri bravi chef, affiancato in sala da Massimo Foffani «con il menù che cambia di continuo, cercando di essere vicini ai nostri clienti.
Una importante conferma ci viene dal fatto che ormai il 95 per cento dei nostri ospiti sceglie il menù degustazione e si lascia accompagnare nel viaggio tra le nostre proposte. Tra le novità, abbiamo aperto un laboratorio interno di pasticceria con il quale riforniamo anche altri locali padovani». A Padova assistiamo poi al rientro del Fuel che si riprende il cappello con lo chef Davide Di Rocco, mentre conferma la posizione il 19.94 di Davide Agostini.
Un cappello anche per Aldo Moro di Montagnana, da quest’anno ristorante La Cuisine rimesso a nuovo e con il nome che lo distingue dall’albergo.
Qui Treviso.
Svettano i “Tre cappelli” di Undicesimo Vineria di Treviso che sanciscono la sua “cucina ottima” e i due del Gellius di Oderzo che segnalano una “cucina di qualità e di ricerca”, seguiti da sei altri ristoranti che hanno meritato un cappello (che identifica una “buona cucina”): a Treviso Le Beccherie; ad Asolo la Locanda Baggio e la Trattoria Moderna Due Mori; a Castelfranco Feva; a Salgareda Marcandole; a Sernaglia della Battaglia Dalla Libera.
In tutto otto ristoranti, tre in meno dell’ultima edizione, nella rosa delle soste golose più consigliate dalla guida Ristoranti 2020 de L’Espresso, cui si aggiungono sette locali recensiti e sei segnalati. E se il suo curatore, Enzo Vizzari, nell’introduzione fotografa la situazione della ristorazione italiana con un “Poco di nuovo, ma molto di buono”, nella Marca di nuovo non c'è quasi nulla. Perché le novità mancano o quasi e l’elenco dei locali segnalati si è accorciato. E i “cappelli” che premiano i più apprezzati chef sono stati attribuiti agli stessi ristoranti dell’ultima edizione, però a tre in meno.
Ma andiamo con ordine. Continuano a piacere molto, agli autori della guida, le proposte innovative di Undicesimo Vineria, dove lo chef Francesco Brutto (già Miglior Giovane Chef italiano per la guida Espresso 2017), conquista i tre cappelli “tutelando armonia e appagamento” con una cucina “dissacrante e confortevole al tempo stesso, che trova bilanciamento grazie a passaggi tecnici sempre ben ponderati”.
Ma il successo del ristorante di via della Quercia passa anche per l’impeccabile regia della sala affidata a Regis Ramos, opportunamente citato dalla guida. Consolidata oramai da molti anni, ma sempre senza segni di cedimento, è invece la cucina di Alessandro Breda nel suo ristorante-museo Gellius di Oderzo, dove secondo lo staff di Vizzari i piatti sono “sempre carichi di eleganza e accostamenti di profondo impatto gustativo”. In città, la guida conferma anche il cappello al ristorante trevigiano Le Beccherie, dove i piatti “di concezione moderna e moderata creatività si rivelano centrati e ben eseguiti”.
Gli altri locali che meritano una recensione sono il Basilico Tredici, che con la nuova gestione concentra gli sforzi sul ristorante “ma non cambia l’indirizzo gastronomico, sempre attento al mondo bio” e il Basilisco di Diego Tomasi, con i suoi “piatti golosamente normali”.
Tra gli altri “cappelli” confermati, a Castelfranco quello di Feva, il locale dello chef Nicola Dinato in cui i piatti sono “rassicuranti ma non scontati, che mettono a proprio agio il commensale senza assopire il palato”. Ad Asolo la Trattoria Moderna Due Mori - dove chef Stefano De Lorenzi offre una cucina in cui “semplicità non è mai banalità e il gusto è un concentrato di sapori antichi” - e la Locanda Baggio nella quale Nino e Antonietta Baggio “propongono una cucina di tradizione ove stagionalità, territorio e tecnica sono alla base di piatti misurati ed equilibrati”.
Un cappello confermato per Dalla Libera di Sernaglia e la cucina di Andrea Stella, che ha la sensibilità per “riannodare tradizione e modernità ottenendo un’efficace trama gastronomica”. Conserva il cappello il Marcandole di Salgareda, dove il pesce “viene declinato con una maturità tecnica che mira a colpire il gusto senza bisogno di eccessivi ragionamenti”. Perdono il “cappello”, pur con recensioni lusinghiere,
La Corte dell’Hotel Villa Abbazia - forse perché la pur ottima cucina di chef Donato Episcopo “risulta a volte un po’ monocorde” - e l’Osteria alla Chiesa di Monfumo, nonostante la “cucina d’istinto” di chef Claudio Gazzola “che nei suoi piatti vuole aggiungere gioia e sole”.
Tra i recensiti senza cappello in provincia, c’è la Casa Brusada di Crocetta del Montello, dove lo chef Marco Pincin “riprende le tradizioni regionali, non rinunciando però a qualche abbinamento fuori dagli schemi”, il Perché di Roncade, “uno dei luoghi simbolo della pizza gourmet” e, unica vera novità, il Cardus di Vittorio Veneto. Segnalati con una breve citazione anche alcuni altri ristoranti trevigiani: l’Antica Torre, Toni Del Spin e Yu Restaurant, nonché il Cavastropoi, che però nel frattempo ha chiuso. E citati anche Pironetomosca di Castelfranco, l’Osteria dei Mazzeri di Follina e la Trattoria Alla Cerva di Vittorio Veneto.
Qui Venezia.
Cresce la cucina nel Veneziano, prova ne sia i quattro cappelli assegnati all’Antica Osteria Cera (più uno rispetto all’anno scorso) e non solo perché in provincia, precisamente a Scorzè, il San Martino, ristorante affidato in cucina alle esperte mani di Raffaele Ros, ha conquistato un cappello in più (l’anno scorso ne aveva uno soltanto).
Scrive la guida: “Eleganti e luminosi gli ambienti; sorridente e professionale l’accoglienza della padrona di casa che introduce a una cucina concreta, sostenuta da tecnica precisa e misurati tocchi creativi. Cantina ricca e profonda, con ricarichi che mirano a rendere fruibili tutti i vini, anche i più prestigiosi”. E la padrona di casa è Michela Berto, sommelier di vaglia, alla quale si deve la cantina di cui sopra. Ma non solo perché il turbinio con l’arrivo degli Alajmo ha creato davvero una voglia di emergere a tutti i costi, provare tecniche nuove, bilanciare sapori, consistenze, caldo-freddo, aromi, spezie e quant’altro.
Local all’Arsenale. Ognuno cerca di superarsi all’interno delle proprie capacità. E Local ne è un esempio, che sta quasi dalle parti dell’Arsenale, è un ristorante di grande impatto sia per i vini che per i piatti, infatti scrive la guida: “Sta progressivamente scalando le gerarchie della ristorazione lagunare. Giovani e dinamici i due proprietari (fratello e sorella: Benedetta e Luca Fullin); giovane e altamente professionale la brigata di sala; giovane, infine, il cuoco, originario della vicina Burano, Matteo Tagliapietra, ma con una valigia importante di esperienze all’estero.
Capace di rappresentare con efficacia la vera cifra della cucina veneziana, ovvero la commistione di culture, gioca con la tecnica senza rendere i piatti complicati e senza perdere di vista l’immediatezza dei sapori. La carta dei vini è ricca e attenta alle realtà artigianali e “naturali”.
Il Glam. Ora passiamo alle conferme. Tre cappelli il Glam dell’hotel Palazzo Venart, così recita la guida: “Di tutti i ristoranti di cui firma la cucina non ne esiste uno che smentisca l’attitudine di Enrico Bartolini nello scegliere le persone giuste. Qui è il caso di Donato Ascani, dotato di grande inventiva e della necessaria abilità per metterla in atto. Questo giovane cuoco sa dosare creatività e gusto, contrasti e grandi picchi di sapore, mai sbilanciati. Senza dimenticare un uso sapiente delle materie prime dalla laguna”.
Caffè Quadri. Ristorante e Caffè Quadri: “Ci perdoni Silvio Giavedoni, che di queste cucine conduce in modo magistrale la fase esecutiva, ma è nella casa madre (Le Calandre di Rubano) che si studiano le tecniche, si dettano le linee, si prende il rischio, sempre più raro a questi livelli, di cambiare ogni stagione gran parte del proprio repertorio. Non si ferma, quindi, nemmeno la carta del Quadri, una sfilata di citazioni della tradizione lagunare interpretate secondo l’inconfondibile stile della casa: l’uovo di ventresca al tartufo nero, versione nobile del meso vovo che accompagna l’aperitivo in ogni bacaro che si rispetti”.
E ora Il Ridotto, affidato da sempre con immensa passione alle mani di Gianni Bonaccorsi, il quale adesso si avvale del figlio Nicolò (un lungo stage al Reale di Niko Romito e poi alle Calandre): “Qualche spinta creativa in meno, asperità più controllate e una maggiore dolcezza di fondo non impediscono ai piatti di regalare ottime sensazioni. Inalterati la ricca carta dei vini e un servizio di grande cortesia”.
Venissa. Capitolo Venissa nell’isola di Burano: “Nelle arti e nei mestieri capita anche che l’allievo superi il maestro. Nel microcosmo creato tra i vigneti dell’isola che ospita un’osteria e un ristorante gourmet (tra i migliori della laguna) capita invece che siano in due a dettar legge in piena armonia.
Due giovani cuochi di talento e di fama. Chiara Pavan, chef executive e cuoca dell’anno 2019 per questa guida, e Francesco Brutto, suo mentore. Lui a tracciare la via ispirato da una stimolante filosofia, lei a ritoccare gli angoli troppo acuti e a ingentilire le accelerazioni troppo forti dell’otto volante manovrato con tecnica da Francesco”.
Infine, l’unico singolo cappello in provincia ce l’ha Da Omar, ristorante jesolano, molto frequentato anche dalla gente del posto: “A partire dalla sua originale cantina e da un’accoglienza accurata, per arrivare a una cucina di pesce come si deve, sia per qualità della materia prima sia per un’intelligente capacità di evitare elaborate interpretazioni”.
Qui Belluno
L’Alpago vanta i due migliori ristoranti della provincia di Belluno. La Guida Espresso “I Ristoranti e i Vini d’Italia 2020”, presentata al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, dopo aver testato circa 3 mila ristoranti, pizzerie e trattorie, ha assegnato tre cappelli (il massimo è cinque) alla “Locanda San Lorenzo” di Pieve d’Alpago e due al Dolada di Puos.
Tra le cento “migliori pizzerie d’Italia” c’è “Da Ezio” ad Alano di Piave, accreditato di tre pizze. Ma, attenzione. Fra i ristoranti con due cappelli si piazza anche il San Brite di Cortina, ma la “regina delle Dolomiti” vanta anche un cappello, per la cucina dell’Hotel Rosapietra (“La corte del lampone”) e per il “Tivoli”. Buona copertura anche per i feltrini che possono accomodarsi al “Panevin” o all'Enoteca Contemporanea.
La Guida Espresso segnala, a Belluno, il “Terracotta” (“piccolo, accogliente, con una cucina semplice ma eseguita correttamente e che si esprime attraverso piatti ben presentati, sia di terra sia di mare”) , il ristorante Al Borgo, La Fenice, la Nogherazza di Castion, le “Officine”. Una particolare menzione anche per “Da Aurelio” sul passo Giau, e, quanto a Cortina, i ristoranti “Al Camin”, “Baita Fraina”, “Baita Piè Tofana”, “La Ciasa”, “Dolomiti Lodge Alverà”, “El Camineto”, “ Il Gazebo” dell’Hotel Cristallo, il “Lago Pianozes”. Basta? Ovviamente no. Come può mancare “Al Capriolo” di Vodo? Viene segnalato con l’esplicitazione dei suoi tradizionali meriti.
Ma che cosa ha di tanto attrattivo la “Locanda San Lorenzo”? Il prezzo, chiariamo subito, è tra i 55 ed i 90 euro. “Dal 7 gennaio dell’anno 1900, giorno dell’apertura, sapienza e stile sono coniugati con discrezione”, spiega la guida. “Un percorso del gusto tracciato da tre generazioni e che ora vede Renzo Dal Farra al timone del locale. È innata la sua capacità di utilizzare i prodotti del territorio in maniera inattesa, come ben gli riesce con la trota dell’Alpago marinata al gin&tonic e maionese all’aneto, oppure dispiegando la sua cultura tecnica al servizio della tradizione, come succede con l’uovo di asparagi, erbe spontanee e spugnole”.
I VINI MIGLIORI DEL VENETO
Questa è la prima volta che vengono inserite bottiglie al di sotto dei 15 euro (in enoteca) alla portata dei consumatori. E c’è il Lugana Brolettino 2016 della cantina Ca’ dei Frati, nonché il Prosecco Superiore Asciutto Vigneto Rive di Colbertaldo della Adami e il Prosecco Superiore Brut Relio Rive di Guia della Bisol Desiderio & Figli. Per il resto va da sè che la parte del leone la gioca quella grande zona per i vini rossi del Veronese: la Valpolicella.
Con 5 bottiglie (il massimo): Amarone Classico 2011 di Quintarelli, Amarone Classico 2011 della Bertani, Amarone della Valpolicella Vigneto di Monte Lodoletta 2102 della cantina Dal Forno. Non si comportano male, con 4 bottiglie, nella stessa zona l’Amarone 2013 della Zymè, il 2013 della Rubinelli Vajol, il 2013 Reius della Sartori, il 2013 Riserva Monte Olmi dei fratelli Tedeschi e la selezione 2015 Antonio Castagnedi della Tenuta Sant’Antonio.
Per quanto riguarda gli spumanti la fa da padrona la Franciacorta, però con 4 bottiglie, nella zona di Valdobbiadene ecco Silvano Follador con il Prosecco Superiore Brut Nature Millesimato 2018, la cantina Merotto con il Prosecco Superiore Brut Integral Millesimato 2018, e l’Asolo Prosecco Superiore Extra Brut di Bele Casel. Sono 23 i bianchi con 5 bottiglie, ma nessuno del Veneto.
Con 4 bottiglie si afferma il Soave Classico Calvarino 2017 di Pieropan e il Soave Classico Vecchie Vigne 2016 di Gini. Seguono i migliori 30 vini rosati: il Bardolino Chiaretto 2018 della cantina Piona, il Bardolino della cantina Tantini, il Bardolino della cantina Cavalchina, il Bardolino Classico di Guerrieri Rizzardi e il Bardolino Cordevigo di Villabella.
Il Prosecco la fa da padrone, un Asolo tra i Valdobbiadene
Sei “Tre bicchieri”, cinque “Quattro bicchieri”. Nessuna eccellenza a “Cinque bicchieri” per le cantine trevigiane. E, soprattutto, solo Prosecco, nella “selezione ampia ma severa” di Andrea Griffagnini e del suo team di degustatori.
La guida Vini d’Italia 2020 de L’Espresso - che, come lo scorso anno, è parte integrante della Guida Ristoranti - porta a undici i vini della Marca meritevoli di menzione (nella Guida 2019 erano 8), tutti appartenenti al variegato mondo dello spumante trevigiano per eccellenza. Ed è proprio sulla varietà della produzione che pone l’accento la selezione, che premia tipologie ed aree diverse.
Sono quattro, infatti, i bicchieri assegnati (come già lo scorso anno) alla produzione di Bele Casel, della famiglia Ferraro di Caerano San Marco per il suo Asolo Prosecco Superiore Extra Brut; e quattro sono anche quelli meritati dal Prosecco Extra Dry Treviso di Ca’ Di Rajo, spumante “di pianura” che nasce a San Polo di Piave da vigneti a Bellussera.
Inoltre, quattro bicchieri al Prosecco Superiore Brut Nature Rive di Ogliano di Biancavigna (“nato nella riva di casa”, come sottolineano gli autori - e va anche evidenziato che è l'unico d'area coneglianese tra i selezionati) e premiati anche due vini di nuova produzione: riconquista i quattro bicchieri Follador di Santo Stefano di Valdobbiadene col Prosecco Superiore Brut Nature Millesimato (un “pas dosé”, quindi particolarmente secco) e li guadagna anche il Prosecco Superiore Brut Integral (vale a dire, molto brut) di Merotto di Col San Martino.
Anche i “tre bicchieri” descrivono la complessità di espressioni del vitigno Glera: tra i Prosecco Superiore se li aggiudicano il Cartizze Arzanà di Astoria, il Brut Relio Rive di Guia di Bisol Desiderio & Figli, il Dry Millesimato di Col Vetoraz e il Vigneto Giardino Rive Di Colbertaldo di Adami. Meritano, poi, menzione a parte, altri due “tre bicchieri”, il Prosecco Frizzante...
Naturalmente di Casa Coste Piane di Santo Stefano di Valdobbiadene e il biologico Asolo Prosecco col Fondo di Case Paolin di Volpago del Montello: due vini rifermentati spontaneamente in bottiglia, seguendo metodi diversi ma ugualmente lontani da quelli standardizzati. Inoltre, sono ben quattro i suddetti vini trevigiani che rientrano tra i cento vini italiani che la guida segnala per il prezzo al di sotto dei 15 euro: sono quelli di Adami, Bisol, Biancavigna e Ca’ di Rajo.
Due note a margine: la prima riguarda la denominazione Rive e “sui Lieviti” ed “extra Brut” che il Consorzio del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg ha recentemente introdotto ufficialmente e che i degustatori hanno già dimostrato, di fatto, di apprezzare. La seconda è che non vi è alcun vino rosso o bianco tranquillo nel panorama dei migliori calici della Marca selezionati dalla guida. Non dovrebbe stupire, certo, stante lo strapotere del Glera e del Prosecco. Però amareggia. —
M.G.
LE PIZZERIE
Grigoris di Mestre nell’Olimpo pensa al binomio pizza-vino
Ormai è una conferma, perché la pizzeria Grigoris di Asseggiano è un punto di riferimento per chi ama avere in tavola la qualità, con ingredienti scelti, una pasta leggera e digeribile. E non è un caso che la Guida Espresso l’abbia inserita tra i migliori locali d’Italia, perché da tempo si sta registrando un continuo crescendo per i coniugi Lello Ravagnan e Pina Toscani. Intanto delle sette venete inserite, è l’unica veneziana.
E poi le sono state assegnate tre pizze, il massimo, per premiare un’evoluzione senza sosta, riconosciuta da osservatori e clienti. Qui si punta su farine di grano della nostra penisola, sul pomodoro San Marzano ma anche sul fiordilatte di Agerola, l’olio extravergine di oliva, basilico e origano selvatico.
“Materia prima originale, come il mugnulo selvatico (cavolo povero), e di alta qualità, come il guanciale di Joselito per i topping; farine macinate a pietra e lievito madre per gli impasti. Locale piacevole e personale eccellente”, questo è quanto ha visto e annotato la Guida Espresso per Grigoris, classificandola tra le prime d’Italia. E la ricerca continua passa dalla voglia di sperimentare cose nuove e fare ogni giorno un passo in avanti per soddisfare tutti i palati, anche i più esigenti; da circa un anno è nata una collaborazione con lo chef Pier Giorgio Parini, 42enne romagnolo, premio per il miglior giovane cuoco per la Guida Espresso nel 2010 e tanti altri riconoscimenti non solo italiani. Con lui, lo staff di Grigoris sta portando avanti un percorso fatto di nuove tecniche e abbinamenti, per valorizzare sempre più i prodotti.
Dunque, nel segno dell’ “evoluzione continua”, il futuro sarà fatto ancora di ricerca, puntando sulla fermentazione delle verdure e la lavorazione del pesce. E si assiste a un passaggio che va oltre al binomio classico pizza e birra; i giovani amano il vino e Grigoris in sala presenta quattro sommelier, proponendo una carta dei vini non lunga ma essenziale.
Gigi Pipa, la pizzeria a km zero di Este
L’anno scorso si era conquistato il titolo di “giovane pizzaiolo dell’anno”, ora è l’unico padovano citato tra le pizzerie selezionate dalla guida de L’Espresso. Alberto Morello con la sua Gigi Pipa - Pizzeria con orto non smette di crescere e di raccogliere consensi intorno al suo originale locale ricavato nel complesso di archeologia industriale “ex Safa” a Este, dalle cui finestre si può ammirare l’orto che dà il nome al locale e che rifornisce la cucina.
E proprio questo prezioso “giacimento” di verdura fresca, di stagione e a km zero è al centro dei pensieri di Alberto: «Sono alla ricerca di altri appezzamenti di terreno per ampliare l’orto e poter coltivare direttamente ciò che poi mi serve per le pizze. Non solo, stiamo spingendo anche sugli altri prodotti da forno, a partire dal pane, per il quale la richiesta non fa che crescere, insieme ai dolci lievitati, ai biscotti e al panettone. Il menù cambia più volte all’anno, tenendo ferme alcune pizze che ormai rientrano tra i “grandi classici”. È un onore rappresentare la provincia di Padova in questa guida, un riconoscimento all’impegno e alle energie che mettiamo nel nostro lavoro».
Nato e cresciuto a Este, Alberto Morello ha completato la formazione all’Università della Pizza di Molino Quaglia e nel 2015 ha ottenuto dal Gambero Rosso il premio di miglior pizzaiolo emergente.
L’anno scorso il trasferimento nel nuovo locale e la consacrazione con la guida de L’Espresso. E ora la critica conferma il giudizio positivo definendo le pizze proposte «piccoli capolavori di colore e di stagionalità. Sia nelle versioni classiche sia in quelle a degustazione o di stagione, qui le pizze hanno i loro punti di forza nella qualità delle materie prime, ben selezionate, quando non coltivate nel proprio orto». L’impasto, ovviamente, è a lunga lievitazione, ottenuto con farina macinata a pietra.
Alano di Piave, la pizza di Denis conquista con le erbe spontanee
“Tra i monti bellunesi il pizzaiolo Denis Lovatel propone una pizza che sorprende ed entusiasma per leggerezza e topping originali. Farine biologiche provenienti da grani antichi, lievitazioni oltre le 52 ore, 170 grammi di pasta per una “tonda crunch” sottilissima, croccante, digeribile e profumata. Materie prime eccellenti anche per le farce da cui nascono abbinamenti equilibrati e curiosi per le tradizionali, le “Interpretazioni di Margherita” e le stagionali”.
È la motivazione della Guida Espresso con cui la pizzeria “Da Ezio” ad Alano conquista i piani alti della classifica nazionale. È comunque la prima in provincia di Belluno.
Denis è figlio di Ezio, che nel 1977 fu tra i primi ad aprire una pizzeria sulle terre alte. «Offro 15 pizze fisse, una decina di altre a rotazione, più alcune tradizionali, le stesse che confezionava mio padre», racconta. «Ho innervato l’innovazione nella tradizione, temevo che le soluzioni non piacessero, invece hanno conquistato i palati».
L’innovazione è portata, ad esempio, dalle integrazioni a km0, come possono essere le erbe di montagna che Denis stesso va a raccogliere. «Sono erbe spontanee che danno un sapore particolare alla pasta. E, si badi, l’acqua che uso è anch’essa a km0, quella della valle Schievenin».
L’ambiente è ormai affermato. Vi lavorano ben 11 persone. Quando si è affacciato al banco, sostituendo suo padre, Denis si è ricordato il gelato Algida che preferiva da ragazzo. «Aveva le mandorle a protezione del “fiordilatte”, con all’interno anche un po’ di amarena. Quel gusto croccantino ho voluto farlo assaporare anche in tante mie pizze».
Ed ecco l’eccellenza. Suo padre, comunque, non manca mai di essere presente con i consigli della tradizione, che assicurano il fondamentali della pizza, compresa quella più “moderna”. «Il riconoscimento dell’Espresso», conclude Denis, «mi convince ad andare avanti con la sperimentazione, che però richiede molta dedizione, oltre che parecchio tempo».
Pizzerie bocciate, ma c’è il Perché. Si fa largo il Cardus di Vittorio Veneto
“Qualcosa si sta finalmente muovendo in questa zona, gastronomicamente piuttosto statica”. Comincia così la recensione dell’unico nuovo ristorante entrato nella guida Ristoranti 2020 de L’Espresso, che a poco più di un anno dall’apertura - avvenuta nel luglio 2018 - dedica parole lusinghiere al Cardus, il ristorante-bar dello chef Paolo Balbinot a Vittorio Veneto, di fronte al Castrum di Serravalle.
Senza nulla togliere all’appassionante “cucina ribelle” (come lui stesso la definisce) di Balbinot, probabilmente qualche segnalazione in più era anche attesa, tra i locali di nuova apertura nella Marca, senza contare i numerosi “grandi esclusi” tra quelli più amati dal pubblico. Ma è Vizzari stesso a spiegare, nell’introduzione alla guida, che si tratta di una selezione “frutto dell’accurata selezione operata dai nostri autori dopo migliaia di degustazioni”. Autori che hanno posto piuttosto in alto la loro asticella.
Totalmente assenti nel trevigiano le pizzerie ritenute degne di nota, cui è dedicata un’intera sezione della guida, sensibile alla sempre crescente attenzione dei gourmet per la pizza. Tra le 7 selezionatissime in Veneto non compare nemmeno un’insegna trevigiana anche se - va detto - tra i ristoranti recensiti c’è il Perché di Roncade che, pur proponendo una valida cucina, è noto per la sua pizza gourmet a lunga lievitazione, come anche la recensione stessa evidenzia.
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Testi di Francesco Dal Mas, Marina Grasso, Francesco Lazzarini, Alessandro Ragazzo, Nicola Stievano
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