Delrio: Tav, sei mesi persi, così il Nordest finisce isolato e c’è il rischio penali
L’ex ministro delle Infrastrutture Delrio sulle scelte dell’esecutivo: «Alta velocità, incredibile quanto avviene per la Brescia-Verona»
Roberta Paolini
Onorevole Graziano Delrio, lei è stato ministro delle infrastrutture sia nel Governo Renzi che in quello Gentiloni. Oggi apprendiamo che dopo la revisione dei costi/benefici sulla Tav si parla dell’ipotesi di indire un referendum, cosa ne pensa?
«Se sia il caso di fare un referendum lo valuterà Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte. Del quale condivido molto il pensiero. Su Tav siamo fermi da oltre sei mesi sui costi benefici di un tunnel. È un tunnel, di quanto potrà variare il costo, mi chiedo? Ricordo che sulle tratte di adduzione l’ultima revisione sui costi benefici l’abbiamo fatta quando ero ministro e abbiamo scelto di usare la linea esistente, abbattendo costi per due miliardi. La nuova galleria è necessaria perché diversamente non si valicano la Alpi con i treni merci. La vecchia galleria ha pendenze che non sono compatibili. È il motivo per cui la Svizzera ha scavato tunnel come Ceneri e Gottardo, è una modalità di trasporto sostenibile».
Quindi è un modo per prendere tempo, secondo lei?
«Io dico che un treno merci europeo ha uno standard concordato, per caricare direttamente i tir sulle rotaie, ci sono sagome alte quattro metri, treni lunghi 750 metri, duemila tonnellate di peso. E tutto questo per togliere centinaia di migliaia di camion dalle strade. Abbiamo tre milioni di camion tra Italia, Francia e altri tre al Brennero che continuano a circolare. Abbiamo messo incentivi e sconti fiscali per sviluppare questo tipo di mobilità più sicura e sostenibile, ma se non si fanno i tunnel alpini questo non si realizza. È per scavare le gallerie adatte al trasporto delle merci che sono stati stanziati tutti questi soldi. Bisogna capire se vogliamo una logistica dei camion o una logistica delle ferrovie e quindi dei grandi Corridoi Europei».
Sta dicendo che è la mobilità europea in senso strategico che è in discussione e non una singola opera…
«In discussione è il ruolo dell’Italia che è al centro di questi Corridoi strategici. Ma poi perché il referendum si dovrebbe fare sulla Torino-Lione e non sul tunnel del Brennero? Perché si fa su una tratta o su un’altra? Sulla Torino Lione sono già stati fatti quasi 30 chilometri di gallerie esplorative. Non è che non si sia fatto nulla. E le gallerie servono esattamente come servono le fondamenta in una casa. Anche della canna principale sono già stati scavati sei chilometri. Ora si devono pubblicare oltre due miliardi di bandi di lavori che porterebbero occupazione, ma si perde tempo. Poi non capisco perché ci si accanisce solo su questa. La Torino Lione è l’ingresso del Corridoio Europeo. Serve, come serve il tunnel del Brennero, come serve il Terzo Valico. È una strategia dei grandi assi per la nostra economia e le nostre imprese».
Però la discussione è concentrata a Ovest. Ma ai valichi del Nordest passa quasi il 40% del traffico tir, questa discussione è molto attenuata. Al punto che questo governo ha cancellato il tratto Venezia-Trieste dell’Alta capacità/Alta Velocità e la politica nazionale di questo sta parlando poco. Come ribadito ieri dal nostro mensile Nordest Economia, la Brescia Verona ha già tutte le autorizzazioni, i cantieri sono pronti a partire e sentiamo parlare di revisione...
«Il tema è: o uno accetta i Corridoi europei oppure no. E se si mette in discussione la Torino Lione, che è l’ingresso del Corridoio Mediterraneo, stai mettendo in discussione tutto. E dietro a questa impostazione c’è una filosofia, checché ne dica la Lega, di una Italia isolata. Una filosofia che significa bloccare la connessione tra Italia e il Centro dell’Europa. Quello che sta avvenendo sulla Brescia-Verona è una cosa incredibile e se si va avanti porterà a dover risarcire le ditte, come del resto sulla Torino Lione».
Abbiamo letto che nel caso in cui l’Italia blocchi queste opere dovrà restituire i finanziamenti anticipati.
«Non potranno cavarsela facilmente con l’Europa, poi c’è un trattato internazionale con la Francia che va revisionato. Qua stiamo dietro ad affermazioni fatte, che il giorno dopo spariscono. E stiamo solo perdendo del tempo. La Brescia Verona va fatta e non potrà fermarsi fino a Padova. Noi avevamo visto che tra Venezia e Trieste, con gli investimenti tecnologici, si riuscivano ad ottenere gli stessi benefici che a rifare la linea e avevamo messo, su questo pezzo, 1,8 miliardi di euro. Ma questa non è e non deve essere una discussione sull’Alta velocità e sui Corridoi europei. Qui stiamo discutendo il ruolo dell’Italia nel commercio mondiale, con Trieste e Verona nodi decisivi della logistica italiana. Significa che i porti italiani oltre Trieste, Venezia e Ravenna a Nordest, poi quelli a Nordovest e a Sud, hanno un ruolo decisivo nel trasporto delle merci in Europa lungo la Via della seta. A meno che non vogliamo che i cinesi ci colonizzino dal Pireo. Senza i Corridoi tutta la rete di infrastrutture non è in grado di svilupparsi come potrebbe».
E a Nordest questa partita si gioca soprattutto in centri nevralgici come sono i nostri porti, a partire dal ruolo di Trieste.
«Se vogliamo giocarcela, la partita va giocata tutta. Queste zone sono sviluppatissime e producono un pezzo molto consistente del Pil. Non si pensi che poiché sono investimenti pluriennali gli investitori internazionali non vedono se si rallenta sulle infrastrutture a supporto della portualità. Se vogliamo la centralità dei porti per le merci che vengono da Oriente, da Verona a Venezia l’Alta velocità/Alta capacità va realizzata».
Quando lei era ministro ha sbloccato la Valdastico, con una soluzione che tuttavia, a sentire il nuovo governatore del Trentino Fugatti, sarà cambiata. Fino a Trento ci sarà una strada a pedaggio, pare di capire ora.
«Io ho inaugurato il tratto Sud della Valdastico. Nel tratto Nord, quello trentino, abbiamo visto che il rapporto costi benefici non reggeva e che si poteva fare una cosa diversa, ma importante, su quattro corsie, ma non un’autostrada. E questo per privilegiare ancora una volta un altro tipo di trasporto. Io credo che di autostrade ce ne siano già molte in Italia. Quello che pensavo l’ho già mostrato in Trentino quando ero ministro. Ora questo nuovo governatore farà i conti con questa sua idea e con i costi e il ritorno rispetto ai costi».
E la Pedemontana Veneta? Una infrastruttura che è ritenuta molto costosa e forse non così determinante, secondo osservatori anche molto diversi.
«Su Pedemontana avevo fissato dei paletti, ovvero nessun ulteriore esborso da parte dello stato. Quindi il Veneto ha deciso di proseguire, usando il buon senso. Un’opera iniziata può essere ridimensionata, ma non lasciata a metà, abbandonare i cantieri sarebbe stato un errore».
Un altro dossier molto caldo, che ha conosciuto bene, riguarda la salvaguardia di Venezia e le Grandi Navi.
«Noi avevamo trovato una soluzione, che era Marghera, che ritenevamo giusta. Ma questo Governo tutto quello che ha trovato ha deciso di smontarlo, in preda a un’ ansia demolitrice. Così sarà l’ennesimo dossier che rimarrà campato in aria. E per i veneti significa altri ritardi su un tema importante su vari fronti, sia ambientale che economico».
Un’ultima questione: il Mose va finito?
«Le opere vanno completate, soprattutto quando sono, come il Mose, al 90 per cento della realizzazione».—
Roberta Paolini
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