Architetto mancato, milanese, 27 anni, Tananai comincia l'intervista citando Arthur Schopenhauer, studiato al liceo scientifico. "Per il filosofo, la vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia. Anche la mia è un pendolo, ma oscilla tra lo studio e il palco". Tra i due luoghi di lavoro preferisce senza dubbio il secondo: "Altrimenti non farei quello che faccio. Tutti noi artisti - termine che non mi piace, ma identifica quelli come me - adoriamo stare al centro dell'attenzione. Per due motivi: la gratificazione incredibile che riceviamo circondati dal pubblico e la voglia esagerata di cantare. Quella, a me, non manca mai. In particolare dal vivo: alcuni brani li produco pensando direttamente ai live".
Prima, molto prima delle esibizioni e di Sanremo, lo spazio della sua cameretta già conteneva le oscillazioni del suo pendolo: sia lo studio, sia il palco. "Ricordo ancora le parole di una canzoncina che scrissi da piccolissimo. Era molto triste, raccontava un lutto". Da allora Tananai non ha più smesso di comporre. La carriera, però, inizia con un altro nome d'arte: Not for Us. Dopo il remix di Swimming Pools (Drank) di Kendrick Lamar nel 2014 (aveva visto lungo: nel 2018 il rapper californiano avrebbe vinto il Pulitzer) arrivano le collaborazioni, le performance, un album, il programma tv Top Dj. Non che Alberto Cotta Ramusino (il suo nome all'anagrafe) rinneghi la carriera sotto il primo pseudonimo, ma il brano che considera davvero l'esordio è stato Volersi male. "Perché mettere pubblicamente nero su bianco i miei sentimenti è stata una liberazione, mi ha fatto subito sentire meglio".
Tango, diversamente da Volersi male e tutti i precedenti, supera i limiti autobiografici e diventa una dichiarazione universale di romanticismo puro, ma affatto stucchevole. Presentato a Sanremo e contenuto nell'album Rave, eclissi, racconta il moto ondivago delle relazioni a distanza. "L'avevo buttato giù e poi lasciato da parte per paura di rovinarlo come al solito, quando un brano mi piace molto ma mi manca lo spunto per andare avanti". L'illuminazione arriva grazie al videomaker-amico Olmo Parenti, che gli racconta la storia d'amore dei coniugi ucraini Olga e Maxim, diventati protagonisti della clip da circa 8 milioni di visualizzazioni di cui è regista. Il passo successivo è sottoporlo al deus ex machina Davide Simonetta: "Mi ha detto che era bellissimo e si è messo in viaggio al mio fianco". Insieme hanno firmato anche il video di Tango. "L'ha sviluppato armonicamente, ha sistemato le immagini per renderlo più fedele al concetto originale e l'ha coprodotto con me".
"Altro che limitazione alla libertà:
la fama rientra nel pacchetto e, per quel che mi riguarda,
è sempre benvenuta"
Per Tananai, Simonetta non è un semplice partner d'arte e mestiere: "Ci siamo trovati nell'amore verso la musica nella sua forma più autentica, essenziale, che ci brucia dentro fino al midollo. E umanamente: se conosco un genio del settore ma non mi va di berci insieme una birra, escludo di collaborarci. Con Davide mi metto a nudo, lui accede ai lati più intimi di me. Ci vengono gli occhi lucidi quando creiamo qualcosa di potente; non è facile trovare un interlocutore che abbia la tua stessa sensibilità o almeno cerchi di comprenderla". Ad accomunarli è la matrice emotiva (oltre a essere entrambi sotto il segno zodiacale del Toro: Tananai è nato l'8 maggio, Simonetta, maggiore di 12 anni, il 5 dello stesso mese).
Il successo enorme di Tango non ha ipertrofizzato l'ego di Cotta Ramusino. Un artista atipico, alla mano, zero droghe e molta umiltà. Forse per merito dei sacrifici fatti agli inizi della gavetta, scandita da show semideserti e parecchi "no" ricevuti. "Accolgo ciò che mi si presenta senza stress, sia che si tratti delle canzoni che pubblico solo se lo meritano davvero, sia per la fama". Lui la vive senza alcuna ansia, senza sentirne il peso. "Altro che limitazione alla libertà: la fama rientra nel pacchetto e per quel che mi riguarda è benvenuta".
Nel tripudio di attività su TikTok e Instagram dei colleghi, Tananai è un'anomalia. "Sono molto attivo su Twitter e rispondo ai commenti utilissimi dei fan". Ansia da tecnologia? "Se mai per l'idea di non rimanere con i piedi per terra. L'obiettivo è evolvere: se maturo rispettando me stesso, il prossimo e la musica, sono sicuro che andrà tutto bene. Ma non esistono formule, uccidono la creatività".
In questo periodo Alberto si sta dedicando anima e corpo alla preparazione del tour, diviso in due tranche: nei palasport a partire da maggio (festeggerà il compleanno al Mediolanum Forum di Milano, già soldout) e nei festival estivi. "Non vedo l'ora di partire, le tracce di Rave, eclissi sono troppo belle e ho voglia di farle ascoltare. Ho una band con sei elementi, c'è anche un pianista e ora sto lavorando agli arrangiamenti". Sarà uno show multiforme: "Vivremo alcuni momenti di festa, in altri sogneremo, poi piangeremo e ci abbracceremo".
La mente torna a una serata speciale che ha spazzato via la serie infinita di djset con cui aveva iniziato a bazzicare nell'ambiente musicale: "Il primo concerto in cui mi hanno pagato l'ho fatto al Serraglio di Milano. Era il 2018 o il 2019. Mi sono reso conto quella sera, mentre ascoltavo tutte le persone che cantavano le mie canzoni a memoria, che la musica avrebbe delineato il mio futuro".
Differenze di stato d'animo rispetto a quella sera non ne scorge, invece sottolinea il cambio di location, entusiasta: "I palazzetti sono la dimensione perfetta per me. Un po' perché in quei mostri di cemento affollati sono cresciuto: i palasport o i grandi club hanno ospitato la maggior parte dei musicisti che ho visto e quindi conservano un posto speciale nel mio cuore. Certo, suonare negli stadi sarebbe stratosferico, ma penso sia un'esperienza più adatta a chi abbia una carriera importante alle spalle, una specie di celebrazione". San Siro può attendere (ma tanto, per il nuovo stadio c'è parecchio tempo).
Davide Simonetta
Di hit me ne restano mille
Dietro le quinte: il produttore dei successi italiani
Le canzoni mi assorbono completamente, fin da quando ero piccolo. Più tardi, gli amici giravano con il motorino e io andavo a piedi, con la mia chitarra inseparabile", racconta Davide Simonetta (39 anni, noto anche come "Simonetta" e "d.whale", 21mila follower su Instagram, è uno degli autori e produttori italiani più prolifici in circolazione con una carriera conclusa nelle band Karnea e Caponord: "Sul palco l'amore viscerale per la musica si perde, per me è molto meglio stare lontano dai riflettori, in full immersion".
Dalla collaborazione massiccia con una lunga serie di artisti, da Tiziano Ferro a Blanco, ha sperimentato il monopolio delle classifiche (21 settimane di dominio solo con Mille di Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti nel 2021, ha ottenuto 6 dischi di platino e i suoi brani hanno magnetizzato 118 milioni di views). Più di recente d.whale ha raggiunto un risultato da record: all'ultimo Sanremo ha conquistato podio e ascolti firmando una tripletta: la canzone del vincitore Marco Mengoni, quella di Tananai e di Rosa Chemical. "Il Festival significa davvero tutto per me, a dispetto delle mode e delle critiche. I mesi di prove, il confronto continuo con l'orchestra per definire ogni partitura e lo scambio tenace con i cantanti mi vibrano ancora dentro. Sono emozioni uniche".
"Il pezzo che "spacca"? Quello che intonano
i tifosi allo stadio
e che senti cantare dal nonno, dalla parrucchiera,
dagli studenti...
Per me non c'è soddisfazione più grande"
Il flashback più potente di tutta l'esperienza sanremese è ambientato nel camerino di Tananai: "Mi cantava il pezzo a cappella a un palmo di distanza, appena prima di esibirsi. Non l'ho mai lasciato, nemmeno durante la performance; davanti alla platea non gli stavo accanto fisicamente, ma ero lì con lui". È un rapporto speciale il loro, nato nel loft di Tananai dove lavoravano sulle tracce di Esagerata, il brano proposto a Sanremo Giovani due anni fa che gli ha permesso di debuttare quello successivo al Festival (Sesso occasionale ultima in classifica, poi una hit).
Al primo incontro "mi sono presentato a casa sua con la mia solita diffidenza", racconta Simonetta, "un artista deve conquistarmi". E "Tana", come lo chiama lui, c'è riuscito da subito, senza fare assolutamente nulla: "Entro in casa sua e vedo che ha sistemato lo studio tra la cucina e il salotto. "Suona mentre mangia" ho pensato. Proprio come me".
Per iniziare un progetto d.whale esige questo dal cantante: la stessa dedizione. Il criterio selettivo è quel sacro fuoco "che riconosciamo reciprocamente negli occhi, il costante vuoto interiore che solo le canzoni riempiono. Molti lo colmano con le droghe, a noi basta un pezzo in grado di stupirci, di commuoverci, di entusiasmarci".
Costruire da zero una hit, però, non è semplice: "Non sono un fenomeno come David Bowie, quindi a uno come me tocca lavorare sei volte tanto. Ma lo faccio seguendo un metodo e un programma rigidi, necessari per il mio processo creativo". Non prevede solo l'utilizzo di strumenti e apparecchiature, "la mia routine settimanale, oltre a scrittura e a produzione, include palestra, lettura di libri e visioni di film. L'ispirazione colpisce come un fulmine, arriva da dove non ti aspetti, da uno scambio di battute intercettato dal fornaio o mentre sono a cena con la mia fidanzata (la top influencer e imprenditrice di moda Veronica Ferraro, ndr). Quando ho un'intuizione, annoto qualsiasi dialogo particolare che mi abbia colpito, non stacco mai, anche andare in vacanza è un problema; negli ultimi anni non ho viaggiato molto".
Una breve distanza la percorre spesso. Una quarantina di chilometri da Milano, dove abita per stare accanto alla compagna, a Bagnolo Cremasco, "il paese in cui sono cresciuto: ritrovo la famiglia e le persone care di sempre, i luoghi semplici. E anche il contatto con la realtà e la creatività. La mia musica non è caotica, si apre verso grandi spazi e ho preferito mantenere lì, nell'ambiente aperto delle origini, il mio quartier generale".
Se i testi attingono dal presente, i suoni che predilige prendono spunto dal passato: "Le canzoni italiane hanno un'anima struggente che le rende meravigliose, basti pensare ai capolavori di Lucio Battisti e Dalla, due dei miei padrini. Ma i brani più coinvolgenti restano quelli che recuperano la tradizione napoletana. Il match più spettacolare? Tra un artista moderno e la nostra classica melodia degli anni 60: fa venire i brividi".
Unico problema nell'esportare la musica del nostro Paese all'estero è "la lingua italiana, che ci penalizza", dice. "Ma dopo tutto a me non interessa avere successo oltre i confini: è talmente bello spaccare qui...".
Cosa significa, per Simonetta, "spaccare"? "Significa azzeccare il brano, ovvero quello che urlano i tifosi in coro allo stadio e che circola sulla bocca di tutti, un brano che abbiano voglia di cantarlo il nonno, la parrucchiera, gli studenti. Per me non c'è soddisfazione più grande". Ne ha altre da ottenere, dopo Sanremo? "Spero di regalarmene un'altra presto: sto già cercando il tormentone dell'estate. E lo troverò".