Il cibo come punto di partenza ma anche d’arrivo, come ponte per connettere mondi più o meno lontani, come pretesto per dichiarare le proprie idee. Tra le pagine dei food magazine indipendenti la materia assume un potere narrativo che dialoga sempre più spesso con discipline come la letteratura, il cinema, l’arte.
Antonella Dellepiane Pescetto ha fondato la rivista Orlando per accogliere in un unico contenitore tutte le proprie passioni. «Orlando è strutturato come un hotel immaginario. Una sorta di cornice boccaccesca che è essa stessa racconto e permette al lettore di spostarsi in modo dinamico tra i diversi “piani”, che sono appunto i vari temi affrontati di volta in volta», spiega da Amsterdam dove dirige il progetto sia da un punto di vista editoriale che creativo, con la collaborazione di Flavia Scarano e Danielle Allen, che si occupa della parte business. «Cercavo un eroe che viaggiasse nel tempo e nello spazio senza alcun timore. Il “furore” della rivista è rappresentato dall’incessante ricerca espressiva e dai molteplici settori di interesse. È labirintico come il Furioso di Ludovico Ariosto e dicotomico come l’Orlando di Virginia Woolf», spiega. Il food si incontra nel ground floor dell’immaginario Orlando Hotel. «Intervistiamo chef interessanti, recensiamo ristoranti, come il Local di Venezia, in cui la tradizione locale veneta si intreccia con sapori esotici e inaspettati. Nel nuovo numero sarà presente un’intervista a Gaia Trussardi, musicista, artista, cresciuta nella moda, che racconterà la sua esperienza a capo di Marcel Boum, ristorante di street food africano nato dal suo incontro con i ragazzi dei centri di accoglienza. Tutto è unito da un fil rouge, il legame con l’arte e l’interdisciplinarità». L’editoriale viene anche trasposto in video, attraverso trailer che svelano ai lettori l’ispirazione letteraria di ogni numero. «La musica è una componente fondamentale, creiamo una playlist che accompagna il lettore nella lettura, abbinando ogni articolo a una canzone». Questo mese uscirà il quinto numero dedicato al mito di Pandora.
Sempre in Italia ma di respiro diverso, L’Integrale nasce dall’incontro di Davide Longoni, celebre panificatore milanese che finanzia il progetto, la giornalista Diletta Sereni che lo dirige, e l’illustratore Gianluca Cannizzo che cura la parte artistica. «La prima volta che ci siamo incontrati tutti e tre insieme eravamo nella soffitta di un ristorante italiano a Parigi, durante una cena con un gruppo di vignaioli. Davide si mise a spezzare un panettone con le mani e questa scena quasi liturgica ha fatto nascere la scintilla e l’idea», racconta Sereni. «Il primo numero è uscito a ottobre del 2020 e da allora il nostro intento è fare una rivista culturale che porti il cibo fuori dai canoni già battuti dell’editoria gastronomica. Il tema del pane in particolare si è prestato a fare da orizzonte e pretesto per raccontare le storie umane più varie, forse perché è il cibo per antonomasia, il più essenziale e anche il più carico di simboli». Il nome L’Integrale si riferisce anche alla varietà di linguaggi creativi che vengono ospitati, testi giornalistici, saggistici, letterari, fotografie, disegni: «Ci piace l’analogia con le varie componenti del grano, che se tenute insieme danno un risultato più nutriente».
Il nuovo (e sesto) numero è uscito a novembre e si intitola Guasto. «Guasto come fallimento, ma anche come possibilità di trasformazione. Raccontiamo di coltivazioni che fanno ammalare e di muffe che fanno stare meglio, di certe distruzioni di cui il cibo è complice, della moda gastronomica dell’acido e del potere rivoluzionario della spazzatura», conclude Sereni.
Emelyn Rude ha fondato Eaten Magazine nell’autunno del 2017 per poter scrivere di storia, sua grande passione e materia di studio. «Quando lavoravo nei ristoranti a New York faticavo a guadagnare abbastanza per pagare le bollette, così ho iniziato a realizzare articoli dedicati al food come freelance. Ma il mio punto di vista preferito era quello storico, che nessuno era interessato a pubblicare, così ho deciso di fondare una rivista che contenesse ciò che avrei voluto leggere», racconta Rude che oggi vive in Uk e ha appena ottenuto un dottorato in Storia all’Università di Cambridge. «Da un punto di vista iconografico ogni uscita è un tour attraverso la Storia dell’arte. Nel quarto numero abbiamo parlato delle sculture di zucchero del Rinascimento, nell’edizione più recente abbiamo pubblicato alcuni dipinti di Odilon Redon, una selezione di cianotipo di alghe dei primi del Novecento e una serie di illustrazioni di saliere americane degli anni Trenta. Mi piace anche includere poesie sul cibo. La prossima edizione sarà focalizzata sullo Spicy.
Nel 2017 la rivista Food& pubblicò un articolo di Matthias Planitzer dal titolo Sopravvivere all’inverno nucleare. Il numero era accompagnato da un sacchetto di semi di grano da 20 grammi, un grano di alta qualità, non ibrido, adatto alla coltivazione dopo un eventuale attacco atomico. Uno scenario quanto mai attuale, purtroppo, che invita a riflettere ancora una volta sul valore visionario dell’editoria indipendente. Come testimonia il nome, ogni numero di Food& esplora la relazione tra il cibo “&” un determinato argomento. «Concepiamo Food& come un progetto artistico. La maggior parte delle riviste di gastronomia parlano di piatti gourmet, di ristoranti, di lifestyle. Noi abbiamo pensato di andare oltre e di esplorare il nostro rapporto con ciò che mettiamo in bocca in modo insolito e ironico», raccontano Asís Ybarra, Fabian Wohlfart ed Ellie Dempsey, che insieme compongono il team editoriale, diviso tra Londra e Berlino.
La redazione di Pit si muove invece tra Londra e Bristol. A fondarla nel 2017 sono stati tre amici, la scrittrice e food writer Helen Graves, Holly Catford, nel ruolo di editorial designer e il fotografo Robert Billington. «È nato come un giornale dedicato al mondo del barbecue, per prendere le distanze dalle pubblicazioni maschio-centriche che dominavano l’argomento. Lo abbiamo intitolato Pit, come sono chiamate in America le buche per il fireplace. Col tempo la prospettiva sulla cottura a fuoco vivo si è ampliata e oggi trattiamo il food in senso più ampio», spiega Graves. Ogni edizione tratta un tema preciso, che permette di raccontare storie di cibo insolite provenienti da tutto il mondo. Il prossimo Pit uscirà nel 2023, la redazione sta ancora decidendo il focus, ma forse questa volta il viaggio comincerà da un budino.