The Lyst Index è una classifica speciale che funziona come un termometro della moda: ogni tre mesi monitora i marchi, i desideri dei consumatori, le collaborazioni, i capi e gli accessori di successo e stila la lista dei brand più “caldi” sul mercato globale. Il report, che è realizzato dalla piattaforma di shopping online Lyst, ruota intorno a una massiccia e incessante raccolta e analisi di dati, tra cui anche le ricerche e gli acquisti dei suoi 200mila utenti, le interazioni sul web e sulle piattaforme social.
Un panel tutto italiano per parlare del futuro della moda
The Lyst Index parla dunque di numeri, utili soprattutto per il business, ma con le sue ricerche porta alla luce nuove tendenze e nuovi comportamenti sia dei marchi sia dei consumatori. E proprio della parte più qualitativa della relazione tra le maison e i loro fan si è parlato a Milano, durante un panel che la CEO di Lyst, Emma McFerran, ha organizzato con alcuni dei player della moda italiana e internazionale.
La collezione, opera dell'ufficio stile interno del brand, è legata all'estetica di Michele senza risultarne una copia carboneLa sfilata di Gucci, la prima senza Alessandro Michele
Nelle aule luminose della nuova sede milanese dell’Accademia Costume & Moda, Camille Miceli di Pucci, Francesco Ragazzi di Palm Angeles, Lorenzo Bertelli per il Gruppo Prada, Jacopo Venturini, CEO di Valentino e Remo Ruffini di Moncler hanno discusso di creatività, ruolo dei brand, inclusione e sostenibilità. Perché Milano? La risposta è facile: da cinque anni, ovvero da quando è stato lanciato The Lyst Index, le case di moda italiane stazionano ai primi posti della classifica. Nel terzo report trimestrale, ben sette marchi made in Italy figuravano nel primi 10 posti. Sul podio Gucci, Prada e Valentino; nella top ten anche Miu Miu, Diesel, Fendi e Versace. Negli ultimi tre mesi dell’anno - il nuovo Index è stato divulgato il 2 febbraio - nelle prime tre posizioni si attestano Prada, Gucci e Moncler che fa un salto di 14 posti, raggiungendo il suo punteggio più alto (le ricerche del brand segnano un + 76%). Al quarto posto ritroviamo Miu Miu, al quinto Valentino, mentre al sesto c’è Bottega Veneta. Nona posizione per Dolce & Gabbana.
Prada: “Nei momenti seri la creatività dev’essere innanzitutto utile”
La lettura della chart è chiara: la moda italiana domina la scena globale e funziona come un’avanguardia del mercato e dei suoi cambiamenti. Ma come riesce a mantenere vivo il “fuoco” dei suoi brand? Molte le idee in merito emerse dalla discussione, che ha individuato tre concetti chiave: comunità, creatività e sostenibilità.
Il valore della “community”
Ormai da qualche anno, i marchi sono molto attenti alla community dei loro followers/clienti. Grazie ai social network ma anche alle iniziative offline come incontri, talk, workshop, instaurano relazioni più profonde e significative con le loro comunità, sempre più attive e coinvolte tanto da configurarsi come vere stakeholder dei brand che amano. Ed è proprio “community” la parola che emerge dal panel. La comunità dei fan: un soggetto collettivo attivo, composito e potente, capace di dialogare con i marchi e di influenzarne il percorso e le scelte. La community è la destinataria e depositaria dei valori intorno ai quali si costruiscono i brand, ed è capace di determinarne successi e insuccessi. Allora come si alimenta e come si rafforza questo legame?
Camille Miceli e Francesco Ragazzi: l’importanza del DNA
Per Camille Miceli, direttrice artistica di Pucci: “Sentirsi supportati dalla comunità, che è come una famiglia allargata, è fondamentale per costruire il DNA del brand”. E questo DNA, che è cultura condivisa, costituisce per la designer anche le basi della creatività. È un patrimonio che non va sperperato, ma anzi preservato e ripetuto, confermato anche nell’offerta di nuovi capi e accessori. “Per mantenere la community coesa e fedele occorre insistere su questa identità unica, su questo patrimonio genetico che differenzia il brand dagli altri. Nel caso di Pucci il suo mondo pieno di colori”. Oggi siamo bombardati da stimoli e informazioni e un designer deve saper inviare segnali univoci. I clienti, in altre parole, devono sempre riconoscere il loro marchio del cuore in mezzo a mille altri. “Il mio messaggio si concentra sulla bellezza che rassicura, che porta gioia e che implica il sapersi prendere cura di sé. Anche attraverso collezioni più piccole e curate. Siamo invasi dalle cose, dobbiamo produrre meno. Per noi stessi e per il futuro del pianeta”.
Il DNA è fondamentale per competere nel mare magnum dell’offerta contemporanea della moda anche per Francesco Ragazzi, il fondatore e direttore artistico di Palm Angels. Il suo impegno nei confronti della fortissima community che si raccoglie intorno al marchio di streetwear fondato sette anni fa non prescinde però dalla trasparenza. “I valori che trasmettiamo devono essere onesti e chiari. Sono la base della nostra creatività che, prendendo ispirazione dallo stile di vita californiano, esalta la cultura dello skate, e parla attraverso i vestiti ma anche tramite la fotografia, il food, la musica, i viaggi”. Perché, secondo Ragazzi, la comunità si aggrega intorno a molti spunti multimediali che però hanno sempre in comune un codice di fondo. Nel suo caso, le “California vibes”, una specie di tavolozza condivisa da cui nasce la moda di Palm Angels. Naturalmente non può mancare l’innovazione: non si va da nessuna parte se non si crea qualcosa di inedito, capace di alimentare l’hype all’interno della community. E, a proposito di hype e novità, è stata di recente annunciata una collaborazione con la squadra di Formula 1 Haas: una relazione creativa inattesa che riserverà molte sorprese. Quest’anno, inoltre, Palm Angels, debutterà alla settimana della moda di Parigi: l’appuntamento con lo show è per il 5 marzo.
Prada e il potere dei sogni (unito al savoir faire)
La ricerca incessante del nuovo fa parte del processo stesso della creatività, ma deve sempre contemplare elementi essenziali per un marchio di moda come l’heritage, la coerenza, l’impegno nei confronti dell’inclusione e dell’ambiente e, ovviamente, la sostenibilità in termini di business. Ma, tornando alla domanda iniziale, come si mantiene alta la temperatura del brand? Qual è l’ingrediente segreto per mantenersi in vetta, tra i top players mondiali? “Grandi idee e ottima esecuzione sono la formula imprescindibile” per Lorenzo Bertelli, Head of marketing e Group Head of CSR del Gruppo Prada, che ha raccontato la sua visione dialogando con l’amministratore delegato di Valentino, Jacopo Venturini, e con Remo Ruffini, presiedente e CEO di Moncler. Per Bertelli, però, bisogna anche “continuare a sognare e coltivare il pensiero laterale, al di fuori della pura moda”.
“L’approccio couture” e il capitale umano di Valentino
Commentando il successo di Valentino, Venturini pone l’accento sull’autenticità: “Ho voluto riportare la maison alla sua essenza di marchio italiano con la couture nel DNA”. Ma come si traduce nella contemporaneità l’“approccio couture” che un tempo prendeva vita, per esempio, nel rapporto stretto tra le première e le clienti? Oggi questa attitudine permea ogni singolo aspetto della filiera. Così i negozi diventano più accoglienti e si pone particolare attenzione alla relazione tra il venditore e il cliente. Al centro di tutto per Venturini c’è lo “human touch”, il capitale umano, capace di generare calore, cura e rispetto. Anche nei confronti dell’energia creativa che, chez Valentino, si cerca di mantenere viva lungo tutta la produzione, dai laboratori alla sfilata, dagli store ai video, alle piattaforme web e social. “Lavoriamo tutti sulla stessa idea (per esempio il rosa della collezione Pink PP): in queso modo la temperatura si mantiene alta per effetto della creatività condivisa”.
Moncler, stile e visione
Creatività fa rima con sostenibilità, nell’accezione più ampia del termine. Anche per Remo Ruffini non si può avere successo se non si resta sempre sintonizzati con le persone, in tutto il mondo. E se non si esercitano costantemente “attenzione, flessibilità, strategia”. Occorre avere una visione a lungo termine, capace di cogliere i desideri e i gusti di una comunità multigenerazionale, proponendo al contempo un’immagine solida e riconoscibile. Inoltre, per il presidente di Moncler: “La temperatura del marchio si mantiene alta anticipando i tempi. Bisogna saper cambiare quando nessuno se lo aspetta. Gli scenari macroeconomici sono imprevedibili, dobbiamo essere sempre reattivi”.
Sostenibilità è anche uno stile di vita che nasce dal rispetto. Per tutti i relatori un marchio di moda d successo oggi non può prescindere dalla responsabilità verso le persone e verso l’ambiente. In questo senso, conclude Lorenzo Bertelli, “sostenibilità deve essere il risultato di un modo di pensare sostanziale, di una cultura aziendale condivisa e profonda. Noi sentiamo il dovere di guidare i nostri clienti verso scelte più sostenibili”.
Altrimenti sono soltanto parole. E un marchio di moda è credibile, e quindi “caldo”, sempre in vetta alle classifiche, solo se è sincero.