Il percorso creativo che ha portato Maria Grazia Chiuri a concepire la collezione d’alta moda di Dior, presentata lunedì 23 gennaio, nel pomeriggio, al Museo Rodin, è l’esempio perfetto di come l’ispirazione possa arrivare e svilupparsi attraverso canali inaspettati. Tutto inizia quando la stilista conosce a New York l’artista afroamericana Mickalene Thomas, famosa per i suoi enormi patchwork dei volti di donne nere che hanno fatto la storia. Da una conversazione con l’artista, Chiuri ha pensato di affidarle la scenografia dello show (che sarà visitabile dal pubblico da domani, martedì 24 Gennaio a domenica 29 Gennaio), incentrata sui volti delle donne nere che più hanno influenzato la stilista (la modella Donyale Luna, Lena Horne, Nina Simone), e incardinata proprio sulla donna nera più famosa ed emblematica di Francia, Josephine Baker. L’idolo, l’artista, la diva, l’attivista, il simbolo della lotta contro il razzismo e il nazismo, nonché tra le più capaci a usare la moda come uno strumento per creare la propria immagine e scardinare gli stereotipi di razza e genere.

Da qui, una biforcazione: da una parte c’è la scenografia di Thomas, con i volti ricamati in uno stile a cavallo tra la pop art e gli anni Ottanta, e dall’altra c’è la collezione, ben più eterea, ispirata agli anni Venti e Trenta, quando il fenomeno Baker travolse Parigi. “Sono pure anni di grande liberazione per le donne”, ragiona la stilista. “È allora, per dire, che hanno abbandonato definitivamente i corsetti, vestendosi più comodamente”. Il discorso della comodità torna di sovente nelle parole di Chiuri, che precisa quanto sia stato per lei fondamentale creare abiti facili da mettere, come i flapper-dress di frange degli anni Venti - un omaggio agli abiti di scena della show-woman -, fusi con i pepli dell’Antica Grecia, sua altra passione.
La collezione SS23 Dior, ispirata alle avanguardie
Una collezione disegnata da una donna pragmatica. Così si definisce Maria Grazia Chiuri, quando le chiediamo di commentare i capi portati in passerella a Parigi: dagli abiti longuette in filo di metallo leggerissimo, da modellare sul corpo, alla lingerie prodotta con Cadolle, storica maison di biancheria couture, fino alle cappe a pieghe che riprendono le costruzioni di Christian Dior. Una collezione Haute Couture eterea ma di grande vestibilità che guarda agli anni Venti del Novecento.
"Sono una tipa pragmatica" dice Maria Grazia Chiuri
Come sempre accade con lei, tutto ha un senso e una ragion d’essere, dagli abiti longuette in filo di metallo leggerissimo, da modellare sul corpo, alla lingerie prodotta con Cadolle, storica maison di biancheria couture, fino alle cappe a pieghe che riprendono le costruzioni di Christian Dior. “Uno nella vita deve prendere delle decisioni, e io sono una tipa pragmatica”, dice la stilista sorridendo a chi nota come la sua couture sia sempre votata alla portabilità. “Lo so, il concetto d’alta moda francese tende al grandioso, al teatrale: ma quella è una dimensione che non mi appartiene, o perlomeno non sempre. Anche per questo non sono una grande fan dei red carpet: non mi interessa vestire le star tanto per fare. Ormai è tutto troppo complicato, manca l’elemento umano in certe operazioni”.
Un’eccezione però l’ha fatta per Chiara Ferragni, che vestirà Dior in una delle due serate (l’altra sarà in Schiaparelli) in cui affiancherà Amadeus a Sanremo. “Con Chiara c’è un rapporto d’amicizia che dura da anni: non è un progetto di lavoro, ma una persona a cui tengo che mi ha chiesto un supporto in un momento importante. Ci tengo che sia come lei lo sogna”. E, sempre a proposito di donne legate alla maison, era presenta alla sfilata anche Delphine Arnault, figlia di Bernard, proprietario del gruppo LVMH cui fa capo Dior, e nuova ad del marchio. Lei entrerà in carica a febbraio, e infatti ha preferito rimanere sempre defilata, senza rispondere ai giornalisti, che la cercavano forsennatamente in sala.