Morandi, il fallimento dello Stato nelle parole del manager: "Pochi uomini e soldi, un ragioniere coordinò i controllori di Autostrade"
Mauro Coletta, ex capo della Direzione vigilanza sui concessionari, pur difendendosi, ricostruisce vent'anni di omissioni da parte del ministero dei Trasporti. Ma anche lui, come il collega Vincenzo Cinelli sentito ieri, scarica alla fine le colpe sugli ispettori locali
Matteo IndiceCreato da

"Per anni sono mancati mezzi, uomini, in generale risorse, al punto che in certi momenti a coordinare i controllori era un ragioniere. La certezza che le grandi opere fossero monitorate? Io facevo circolari, ma poi ci dovevano pensare gli uffici territoriali". Sono questi I passaggi salienti dell'audizione di Mauro Coletta, secondo imputato sentito in aula nel processo sulla strage del Ponte Morandi, 43 vittime il 14 agosto 2018 dopo il crollo del viadotto sull'A10.
Coletta è stato per anni al vertice della Direzione vigilanza sui concessionari autostradali, branca del ministero dei Trasporti con base a Roma, e in precedenza aveva guidato altri dipartimenti interni al dicastero, che avevano il medesimo compito. È accusato, come altri manager pubblici, di non aver vigilato sul concessionario privato Autostrade per l'Italia.
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Il ginepraio delle competenze
La prima parte del suo esame dovrebbe servire a capire come furono suddivise, proprio in ambito ministeriale, le competenze tra gli uffici centrali e gli ispettori territoriali nel ventennio antecedente lo scempio. "Loro (cioè le articolazioni territoriali, ndr) attraversavano l'autostrada e segnalavano le anomalie, per poi risolverle". Chiede il pubblico ministero Walter Cotugno: "Avevano anche funzioni di controllo alle infrastrutture?". Coletta: "No, a meno che non notassero qualcosa di evidente".
Le parole e i (pochi) fatti
Nelle varie circolari redatte anno dopo anno, che dovevano disciplinare i compiti dei vari ispettorati antesignani della Dgvca e a loro volta individuati con acronimi sovente impronunciabili, si susseguono formule roboanti come "alta sorveglianza", mentre si scopre che in alcuni frangenti il coordinamento di presunti controllori "era in capo a un ragioniere". Insiste, Coletta: "Anche ai tempi di Anas si faceva fatica ad avere personale, i contratti erano spesso a tempo determinato, mediamente il 30%. Gli uffici periferici erano inizialmente due, ciascuno con un paio di geometri, poi sono diventati quattro (tra questi l'Ufficio ispettivo territoriale di Genova, Uit, il cui ex numero uno Carmine Testa è a sua volta imputato, ndr)".
Ed è qui che il pm materializza il primo affondo: "Chi controllava se i concessionari rispettavano i loro piani di manutenzione sulle opere d'arte, visto che gli ispettori territoriali del ministero non avevano a disposizione i report sugli esiti dei presunti test compiuti in teoria dalla medesima Autostrade (di fatto controllore di sé stesso, ndr)?". Coletta: "Gli uffici periferici facevano sopralluoghi, sapevano e vedevano quali erano le infrastrutture importanti. Oltre a guardarle, potevano richiedere i report ai concessionari". Di nuovo il magistrato: "Già dai tempi precedenti la nascita della Direzione generale controlli, secondo lei l'obbligo di accertamento era degli uffici periferici". L'imputato non ha dubbi: "Sì".
"Scarsità di mezzi meccanici? Non lo sapevo..."
L'accusa prova a chiamare in causa l'attività svolta a Roma. Pm: "Lei dalla sua sovrastruttura, come controllava se i concessionari privati garantivano la sicurezza? Lo faceva constatando che i delegati locali del ministero avevano la facoltà di chiedere atti al gestore?". Coletta: "No, pretendevo sempre di più" (ma sul punto non aggiunge altro, ndr)". Pm: "Ha mai chiesto per iscritto o verbalmente agli ispettori presenti sui singoli territori controlli sulla tenuta dei ponti, magari sincerandosi che chiedessero ad Autostrade o ad altri concessionari le carte in materia?". La replica: "Una disposizione così specifica non la diedi, feci circolari".
Il pubblico ministero Cotugno rilancia: "Concessionario privato, o ispettori pubblici locali, possedevano mezzi materiali, meccanici, adeguati per garantire la sicurezza?". Coletta: "Da quello che mi risulta i tecnici territoriali verificavano che ci fossero". Pm: "Alla luce di ciò che è accaduto, è ancora convinto andasse così?". Risposta: "Non mi sono chiesto se avessero i mezzi, questi mezzi poi di solito si noleggiano...".
Il confronto con le parole del successore
Le dichiarazioni di Mauro Coletta hanno un peso particolare se messe in relazione con quelle di Vincenzo Cinelli, a sua volta ex capo della Direzione generale per il controllo sui concessionari, che aveva guidato dal settembre 2017, quindi per 11 mesi fino al crollo. Cinelli è stato il primo imputato sentito nel dibattimento (oggi è presente in tribunale). E, va ricordato, pur essendo sulla carta il vertice assoluto dei controllori pubblici nel momento in cui il viadotto collassò, ha pure lui scaricato senza fronzoli le responsabilità sulle articolazioni locali del dicastero. Il compito di monitorare le grandi infrastrutture, anche a suo parere, era infatti in in capo agli Uffici ispettivi territoriali (uno dei quali, come abbiamo premesso, era presente pure a Genova).
Mentre una sotto-divisione della Dgvca di Roma, denominata Divisione 1, che dipendeva da lui gerarchicamente ma aveva un dirigente autonomo, interagiva con gli Uit. «Gli ispettori locali - ha insistito per ore Cinelli rispondendo alle domande di inquirenti e giudici - avevano la possibilità di compiere test, le loro segnalazioni erano fondamentali».
Il documento per il ministro
Il problema, hanno svelato le indagini e lo abbiamo in precedenza riportato, è che quest'ufficio locale non vedeva gli esiti delle prove svolte da Autostrade: «Se l’avessi saputo - ha rimarcato ancora Cinelli ieri in aula, con toni e argomenti simili a quelli usati oggi dal suo collega supermanager pubblico Coletta - sarei intervenuto».
Il suo difensore ha poi fatto acquisire agli atti del processo una richiesta che i (presunti) controllori genovesi, con firma del loro capo in Liguria Carmine Testa (imputato, ndr), inoltrarono nel 2017 ad Autostrade chiedendo d’intervenire sull'A26, perché un manufatto risultava critico (il documento faceva parte d'un dossier che Cinelli preparò per Danilo Toninelli, ministro M5S dei Trasporti nell'agosto 2018).
E agli occhi del legale dimostrerebbe appunto che gli ispettori liguri potevano prendere qualsiasi iniziativa in materia di controllo. Va ricordato che vari componenti dell'ufficio ispettivo regionale, sentiti nei mesi scorsi come testimoni, hanno rimarcato come i loro compiti si limitassero al controllo di difetti superficiali fra i quali buche o lampadine guaste, alla verifica delle condizioni degli autogrill e dello sfalcio dell'erba nelle aree di sosta.
Tratto da Il Secolo XIX
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