Il fiume di fango avvelenato dall’odio e dalla cattiveria non si arresta neanche di fronte alla morte di Nadia Toffa. Anzi, straripa e sfonda l’argine del cordoglio. La misura da tempo è più che colma, al lutto va unita una riflessione su quanti danni possa produrre l’eguaglianza forzata fra sapienti e normali disquisitori da una parte e i Cetti La Qualunque della tastiera dall’altra.
Non che fuori sia meglio, con il razzismo da Ku Klux Klan che fa razzia nelle cronache, ma è sui social che si scava oltre il fondo del pozzo nero. Un vecchio collega, anni fa, di fronte alle prime beghe digitali, ebbe a dire: «Non esiste infilarsi là dentro, c’è chi è fatto per scrivere e chi solo per leggere». Esagerava, certo, ma non possiamo neanche fermarci alla rassegnata accettazione della suburra.
Già pochi minuti dopo l’annuncio della scomparsa, la macchina del fiele ha aperto il festival di San Scemo. Non è il caso di riproporre le parole esatte ma si è andati dalle proposte di vendita di protesi odontoiatriche usate ai messaggi di benvenuto all’obitorio. Nulla al confronto di quello che si era scatenato dopo il primo malore rivelatore della malattia, nel dicembre 2017, a Trieste. Presto Nadia si è trasformata da vittima della malattia a bersaglio della gogna del Supremo tribunale dei deficienti. Il culmine al momento dell’uscita del suo libro “Fiorire d’inverno”, nel quale definiva il cancro come «un dono», «nel senso che ho scoperto più forte la mia voglia di vita». Apriti cielo, l’accusa più diffusa è stata quella di far soldi sul male. Rispondere con un doveroso «se vuoi fare a cambio...» non sarebbe bastato, perché questo è solo l’ultimo esempio di una lunga scia di odio diffuso. È andata così anche con Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, il ragazzo di Roma morto dopo un pestaggio dei carabinieri. Nella sua ricerca della verità è stata accusata di lucrare sulla tragedia, fra gli altri, dal politico più avvezzo a negare l’evidenza, Carlo Giovanardi, e dall’attuale ministro degli Interni, Matteo Salvini. Leader dei peggiori? Un poliziotto quando uscì il libro “Sulla mia pelle”: «La celebrazione di una persona che valeva poco da vivo e che da morto è diventato un affarone».
È andata così per Federico Aldrovandi, ucciso a Ferrara da quattro poliziotti. E con Roberto Saviano, da anni sotto scorta per minacce di camorra. Molti degli odiatori vivono in terre dominate dalla malavita ma nulla hanno da dire contro la stessa malavita che prospera sulle loro paure.
Non basta ignorarli, perché il silenzio li rende ancor più dominanti. No, vanno portati nei tribunali ma soprattutto dovranno essere costretti a rispondere alla ragione con la ragione, alle idee con le idee, al sentimento con il sentimento. Non potranno che tacere, come ebbe a dire Pier Paolo Pasolini a proposito di un’altra violenza, quella fisica. Questa dei tempi moderni non provoca ferite sulla pelle e non spezza le ossa, ma sconquassa l’animo. È ancora peggio. —
twitter: @s_tamburini
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI