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Tra castelli, valli e formaggi: da Aosta alla scoperta della piccola Loira d'Italia

Lago Gorzà- Foto M. Vignolini 
Lago Gorzà- Foto M. Vignolini
  
Tutti i suggerimenti per un weekend lungo - o anche qualche giorno in più - di vacanza in una delle regioni più affascinanti e meno conosciute del nostro Paese
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Un centinaio di gemme incastonate nella montagna punteggiano la Valle d’Aosta. Sono i castelli di epoca medievale che uno dopo l’altro tornano alla luce, aprono le porte ai visitatori e accolgono nella piccola regione di Nord-Ovest (solo 3.266 km quadrati) chi è alla ricerca di panorami e sapori di frontiera che affondano le proprie origini nel Medioevo e nella Roma imperiale. Non a caso, il claim per la stagione estiva 2022 è “Il tempo ritrovalo qui”. Ossia in un territorio che grazie al turismo lento e alla promozione delle eccellenze enogastronomiche sta cercando di destagionalizzare il flusso turistico invernale e attrarre gli appassionati di trekking, eBike, degustazioni e visite culturali.


Per scoprire la “piccola Loira d’Italia”, il punto di partenza non può che essere il castello di Aymavilles. Comodamente raggiungibile dal centro di Aosta, lungo una ciclabile che segue dolcemente i pendii di meleti e vigneti, ha riaperto i battenti il 14 maggio dopo 22 anni di lavori. Il complesso del 1207, successivamente reso grande dai nobili della famiglia Challant (con la costruzione di quattro torri sui rispettivi angoli del massiccio originale e la creazione di altrettante nuove facciate), fa da sfondo alle degustazioni della cantina sociale Cave des Onze Communes, nata nel 1990, raggruppa circa 170 soci produttori che lavorano su un totale di 60 ettari per un totale di 500mila bottiglie. Piccoli appezzamenti visitabili comodamente in bici lungo un percorso diviso per vitigni che, insieme, fanno la fortuna dei wine lovers con 24 etichette come i bianchi autoctoni Petit Arvine e Muscat, l’internazionale Muller-Thurgau oppure i rossi dal Fumin al Turrette superiore passando per il beverino Mayolet. A certificare la qualità, una denominazione di origine controllata unica che vale per tutta la regione e si divide in 7 ottozone. Terroir che sono spesso il teatro di una viticoltura eroica, che sfida pendenze e altitudini. Un esempio? Il progetto di affinamento avviato tre anni fa all’interno delle cave dismesse di Cogne. Qui riposano, all’interno di casse in granito del Monte Bianco, delle bottiglie Petit Arvine così come si faceva nel passato.
Vigneti Arvier (Foto Archivio Regione Autonoma Valle d'Aosta)
Vigneti Arvier (Foto Archivio Regione Autonoma Valle d'Aosta) 

Una sorta di “ritorno al futuro” enogastronomico. Lo stesso che si nota anche sulle lunette affrescate dei portici del Castello di Issogne. Attualmente di proprietà della Regione (come altri 8 edifici di questo tipo su circa un centinaio sparsi in tutto il territorio), il “Castello dei sogni” raggiunse il suo massimo splendore nel 1500 grazie agli interventi di abbellimento del priore Giorgio di Challant, poi restaurati da Vittorio Avondo a fine 1800. Qui, tra affreschi di vita quotidiana medievale, spuntano, inconfondibili, fontina e lardo. Due delle eccellenze del territorio la cui produzione si intreccia con la storia.

Lardo d'Arnad DOP. Foto S. Venturini
Lardo d'Arnad DOP. Foto S. Venturini 
Come testimonia la famiglia Bertolin, proprietaria dell’omonimo salumificio dove si produce, tra le altre cose, il famoso lardo di Arnad Dop. Ricavato a partire dallo spallotto di maiale, il lardo viene successivamente posizionato all’interno del doils (antichi recipienti in legno di castagno o di rovere, all’interno dei quali, agli strati di lardo, si alterna una miscela composta da sale, acqua, spezie, aromi naturali ed erbe aromatiche di montagna) per una stagionatura di almeno tre mesi. Una volta pronto, Bertolin lo propone in degustazione con pane nero di segale, con un filo d’olio di noci oppure con del miele locale. Il tutto accompagnato da un calice di bollicine. Ma gli abbinamenti non finiscono qui. All’interno dello stabilimento da 3000mq di Bertolin, infatti, si producono 70 tipi differenti di salumi fra cui la mocetta, il boudin (insaccato realizzato con lardo, patate e barbabietola), il Reinhold Speck al ginepro (in onore di Rinaldo Bertolin, seconda generazione alla guida dell’azienda e scomparso prematuramente a 49 anni) e il teteun (salume prodotto con mammelle bovine salmistrate).

 

Gusti autentici che sanno di tradizione alpina. La stessa che si può gustare in centro ad Aosta, in due indirizzi per altrettante esperienze gastronomiche. Il primo è l’Osteria da Nando. Il locale, aperto nel 1957, è uno dei punti di riferimento della cucina aostana soprattutto dopo il cambio di location del 2007 che ha coinciso con un ritorno a una cucina più curata, focalizzata sulle eccellenze del territorio e le ricette tipiche. Dalla tradizionale fonduta con fontina Dop, al tagliere di salumi (tra cui lo Jambon des Bosses) passando per le lumache fresche trifolate di Morgex (località montana al centro della Valdigne), il filetto di trota salmonata e le crepes alla valdostana (con fontina Jambon de Saint-Oyen).

Formaggi, polenta e salumi. (Archivio Regione Autonoma Valle d'Aosta)
Formaggi, polenta e salumi. (Archivio Regione Autonoma Valle d'Aosta) 
L’altro indirizzo, invece, è Ianua: cucina più sabauda (nel senso geografico del termine, quindi con escursioni dal Piemonte alla Sardegna) in un ambiente unico. Il locale, infatti, è stato allestito all’interno della Porta Pretoria, simbolo del passato romano della città. All’interno, l’austera pietra con cui gli antichi dominatori avevano eretto la città (e di cui c’è traccia anche nell’Arco di Augusto del 25 d.C. che segnala l’entrata in città) lascia il posto ad atmosfere più calde in cui il cliente può ordinare dalla carne di manzo “messada” (sorta di tartare valdostana) al vitello tonnato, dagli gnocchi di mais con il formato gessato di Bagnod al mantecato di baccalà alla ligure, dalla tartiflette (piatto invernale a base di patate, cipolle rosolate nella pancetta e formaggio Reblochon) alle tagliatelle con ragù, dalla crema di Cogne al bunet. In entrambi i ristoranti, è la carta dei vini a completare l’esperienza. Con alcune chicche come Tacsum della cantina Vintage: 100% moscato bianco, espressione dell’amore dell’azienda agricola per i vini macerati. Oppure, Gargantua Blanc, che prende il nome dall’omonima cantina di Gressan ed è composta da un 80% di Prié Blanc per un risultato secco e verticale come la sua terra. Infine, il Pierrots di Feudo San Maurizio: rosso che si può definire la versione valdostana dell’Amarone da uve Torrette.
Giangiuseppe Barmasse. Foto P. Celesia
Giangiuseppe Barmasse. Foto P. Celesia 

Per digerire il tutto, la Valle d’Aosta punta sui percorsi dedicati al trekking: cinquemila chilometri di sentieri liberi e diversi itinerari accessibili anche a chi è meno abituato a scarpinare. Come il Cammino Balteo, un itinerario escursionistico circolare di quasi 350 chilometri divisi in 8 tappe che, attraversando 40 comuni, per lo più a media e bassa quota, unisce natura, cultura ed enogastronomia. Partendo dalla località Torgnon, per esempio, è possibile infilare una percorso che porta il visitatore alla scoperta del museo etnografico Petit Monde, in cui sono perfettamente conservati gli insediamenti costruiti fra il 1463 e il 1700; il laboratorio dello scultore del legno Giangiuseppe Barmasse e, infine, i ricchi piatti dell’Alpe Gorza comodamente adagiati su una vera e propria terrazza che dà sulla valle dove, fra castelli, vigneti e cammini la Valle d’Aosta sta cercando il rilancio turistico.