BOLGHERI. Riscaldamento climatico, rigenerazione dei suoli, ma anche passaggio generazionale e sopravvivenza dell’azienda familiare, tenendo alta la bandiera dell’indipendenza. Sono queste le sfide del futuro delle famiglie del vino. Lo ha sottolineato il rappresentare di una delle più longeve e prestigiose del mondo: Paul Symington dell’omonimo gruppo, sinonimo da 5 generazioni (sin dal 1882) dei vini portoghesi, Porto in testa, ma con radici che affondano ancora più in profondità nel commercio del vino portoghese, fino ad arrivare al 1652, risalendo il lignaggio del ramo materno per 14 generazioni.
La famiglia, quando si parla di vino, non è solo un simbolo di storicità e tradizione. È qualcosa che va al di là del tempo, che parla di valori, passione, desiderio di trasmettere la propria esperienza ai figli, ai nipoti e così via, in un circolo virtuoso di amore per la terra e identità. È con questo spirito che nel 1991 è nata Primum Familiae Vini, associazione di dodici fra i produttori di vino di respiro mondiale, di cui Symington è presidente. “La nostra missione – dice a Il Gusto il produttore - è portare avanti la qualità, la sostenibilità, ma soprattutto unire patrimonio familiare e innovazione nell’incoraggiare le altre imprese familiari a rimanere indipendenti”.
Un mondo, quello delle famiglie del vino, che ha le radici ben salde nel passato ma che guarda con tenacia alle sfide future, non ultima quella di resistere alle sirene tentatrici di fondi e società multinazionali, pronti ad acquistare patrimoni che però, al di là dell’aspetto strettamente economico, hanno un background che non ha prezzo. Nelle scorse settimane a Bolgheri, nella Tenuta San Guido della famiglia Incisa della Rocchetta, tempio del Sassicaia, Il Gusto ha partecipato a una delle due riunioni l’anno che i dodici membri di Primum Familiae Vini svolgono per tenere ben saldi i contatti. L’associazione è composta da Marchesi Antinori (Toscana), Baron Philippe de Rothschild (Bordeaux), Joseph Drouhin (Borgogna e Oregon), Domaine Clarence Dillon (Bordeaux), Egon Müller Scharzhof (Mosella), Famille Hugel (Alsazia), Pol Roger (Champagne), Famille Perrin (Valle del Rodano), Symington Family Estates (Portogallo), Tenuta San Guido (Toscana), Familia Torres (Spagna) e Vega Sicilia (Ribera del Duero).

L’incontro è stata l’occasione per intervistare Symington, presidente dell’associazione (a lui è poi subentrata Priscilla Incisa della Rocchetta, padrona di casa nella riunione a Bolgheri), la cui famiglia di origini britanniche oggi gestisce una vastissima proprietà nella Valle del Douro, per un totale di 2.255 ettari di cui 1.024 ettari vitati: il resto è macchia mediterranea naturale con qualche uliveto e agrumeto.

Qual è l’obiettivo dell’associazione Primum Familiae Vini (PFV)?
“Quest’anno abbiamo festeggiato i 30 anni di questo gruppo che mette insieme le più importanti famiglie del vino europee, dall’Italia alla Spagna, dalla Francia al Portogallo: la nostra base di partenza è essere indipendenti. Quando è nata l’associazione in ballo c’erano anche interessi come la distribuzione e la commercializzazione dei vini, ma oggi il nostro scopo principale è sopravvivere, e dare un futuro al nostro background. Molti di noi hanno alle spalle storie secolari: gli Antinori hanno oltre 600 anni, la mia famiglia risale al 17esimo secolo (nel 1891 Andrew James Symington, origini scozzesi, sposò Beatrice Atkinson, la cui famiglia era stata strettamente associata al commercio portuale per generazioni, dalla metà del Seicento, ndr). Tanti pensano che noi siamo “antichi”, ma non è così. L’idea alla base della nascita di PFV è stare insieme, condividere esperienze, fare progetti: siamo un gruppo molto forte, composto da molte persone. Oggi a pranzo ero seduto accanto a un produttore tedesco: è stato bellissimo, abbiamo parlato di vigne, di sostenibilità, di mercati. E lo abbiamo fatto davanti a ottimi vini e buon cibo, con uno scopo che ci accomuna: tutti noi abbiamo un desiderio bruciante di difendere il family business. Cosa che però oggi non è molto facile perché siamo sottoposti a molte pressioni, dalle tasse ai costi di produzione. Oggi una vigna in Borgogna costa minimo 3 milioni all’ettaro. Se hai una famiglia che fa vino, è inevitabile riflettere sul suo valore. E ti chiedi che cosa ti convenga, se vendere o continuare la tradizione, coinvolgendo i giovani”.

Lei ha detto che le famiglie del vino non sono “dinosauri”. Qual è la sfida più importante da affrontare?
“Per le famiglie è il passaggio generazionale, non tutti possono essere leader futuri, incoraggiare le nuove generazioni è essenziale: devono lavorare molto sodo, garantire un valore alto al business. A volte può essere un problema, ma penso che nel mondo delle famiglie del vino la maggior parte dei ragazzi abbia voglia di innovare. In questo meeting con noi ci sono anche bimbi piccoli: è molto bello che sin da ragazzini i manager del domani entrino nell’ottica degli affari del futuro e della condivisione con altri gruppi europei”.
A volte nelle cantine la managerialità non arriva alla seconda generazione, alcuni genitori hanno difficoltà a “mollare”, a lasciare l’azienda ai figli?
“È difficile coinvolgere i ragazzi: molti di loro girano per studiare, poi c’è il tema scottante dell’inquinamento con cui fare i conti, ostacolo che riguarderà il loro futuro. E poi sì, è vero, quando i genitori sono molto famosi può essere un problema affrontare il passaggio generazionale. Proprio per questo la nostra associazione PFV è così importante, e non solo per i soldi che, ovviamente, hanno un peso fondamentale per la sopravvivenza. Ma ciò che fa davvero la differenza sono i valori che sostengono un’impresa familiare. Devi assicurarti, però, che questi valori siano ben comunicati, i ragazzi devono appassionarsi. La mia famiglia arrivò dalla Scozia nel Nord del Portogallo secoli fa, vorrei che i miei figli non lo dimenticassero mai perché la storia rappresenta le fondamenta del futuro. Molti ritengono che la PFV sia la vecchia guarda, non è così: noi siamo la nuova guardia. E lo dimostriamo lottando ogni giorno per restare saldi ai nostri posti: ciascuno di noi potrebbe vendere e realizzare tanti soldi, ma in trent’anni solo tre produttori hanno mollato. Qui a Bolgheri ci sono aziende come Pol Roger, Tenuta San Guido e Antinori, proprio oggi abbiamo parlato di un progetto congiunto sulla distribuzione: perché è bello e divertente stare insieme, ma anche unire le forze per favorire il business delle nuove generazioni è importante”.

Molte tenute in difficoltà vengono vendute a compagnie multinazionali e fondi internazionali, come ci si difende da questo fenomeno?
“E’ un gran tema, sono d’accordo: quando arrivano gruppi con grandi risorse finanziarie è difficile resistere alla tentazione di vendere. Ma noi dobbiamo andare avanti, ogni anno insieme, degustando, progettando, girando da New York a Berlino a Milano, insieme. È molto difficile rifiutare un’offerta vantaggiosa, ma noi non siamo dei romantici, vogliamo avere successo. Potrei arricchirmi e vivere a Montecarlo, ma non è quello che voglio, preferisco coltivare l’azienda di famiglia. E la miglior via per competere sui mercati è esserci: conoscere le persone che fanno il vino è un grande biglietto da visita, la gente non è interessata alle cose tecniche, ma alle persone che producono vino”.
Che cosa pensa dell’enoturismo?
“È un buon modo per fare soldi nel futuro, ai tempi della generazione di mio padre non era possibile, ma ora è diverso: le cantine offrono bei ristoranti, progetti, outdoor e così via”.
Sostenibilità e global warming, cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? Qual è il ruolo del mondo del vino?
“Il cambiamento climatico è una sfida per tutti, un grande fattore concui fare i conti. L’uva è molto sensibile alla temperatura, il caldo eccessivo può fare danni. Spero tanto che venga trovata una soluzione, è un problema serio. Nell’associazione PFV la famiglia di Miguel Torres da anni è in prima fila per combattere l’inquinamento con progetti di rigenerazione del suolo. Noi ci siamo uniti a lui, e abbiamo invitato altri produttori a fare lo stesso. L’obbiettivo è abbassare l’impronta carbonica. Un sacco di gente chiacchiera e fa green washing. Ma se vogliamo salvare la vigna è necessario fare sul serio”.

Il successo di bianchi e bollicine sta crescendo più velocemente di quello dei rossi, perché? Che cosa significa?
“Credo ci siano delle fasi, delle tendenze: ora le bollicine sono molto in moda perché facili, divertenti, la gente vuole festeggiare…. Un’altra tendenza è quella del gin che per anni è cresciuto, ma ora la sua popolarità inizia a scendere. Quello che fa davvero la differenza per tutti i prodotti, che siano rossi o bianchi, è la qualità: se sono fatti bene, in specifici terroir e con identità forte allora sicuramente avranno successo”.