I territori di montagna in Italia sono tanti: di origine morfologica differente, dalla dorsale appenninica alle Dolomiti, alle Alpi Occidentali, solo per citare alcune aree, ogni rilievo ci dà la possibilità di assistere a uno spettacolo ogni volta unico. Così questa settimana abbiamo scelto proprio le cucine di ristoranti in tre zone d’Italia ai piedi delle montagne. Più note con tutta probabilità quelle del Trentino, meno abitualmente frequentate in regioni come le Marche e il Molise, ma tutte certamente da visitare.
Alessandro Gilmozzi è uno di quei veterani con il guizzo creativo e la passione per la ricerca dei colleghi con trent’anni di meno. Complici un nonno micologo e una zia botanica, per lui i boschi attorno a Cavalese non hanno segreti, così come le tecniche di cucina più avanzate che padroneggia a El Molin, bellissimo locale ricavato nell’ultimo rimasto in città di quarantotto mulini e valutato con tre cappelli in Guida: “Alcune gocce della rugiada che è stata raccolta con pazienza nel bosco alle prime luci dell’alba rinfrescano le labbra alla fine di un viaggio gastronomico che gratifica tutti i sensi. Non è una civetteria ostentata ma vuole essere la sintesi della passione per la sua terra di Alessandro Gilmozzi.
Enrico Mazzaroni è un personaggio vero: diventato cuoco dopo una laurea in giurisprudenza e un dottorato di ricerca, è passato indenne attraverso mille vicissitudini tra cui il tremendo terremoto del 2016 che rase al suolo il suo primo ristorante. Ora, con Gianluigi Silvestri, continua la sua meravigliosa avventura fatta di sapori fuori dal comune e notevole tecnica. Il Tiglio, ai piedi del monte Vettore, è valutato con un cappello: “Sottopiatti in argento macchiati dal tempo, in memoria di un Tiglio che fu, prima del terremoto, e che ora di nuovo è, sperduto sui ripidi pendii dei Sibillini. Un menu (a soli 38 euro) consacra questo “Ritorno”: otto portate ritmate dai sapidi profumi di bosco e sottobosco e dai profumati sapori di carni da pascolo e selvaggina (“tiramisù salato”, ossia un cilindro di pasta fillo con tuorlo fondente, porcini e terra di cacao al tartufo; cappelletti di cinghiale in brodo di aghi di abete; stracotto di manzo o di cervo con nocciole caramellate). Incursioni ittiche e salmastre nel menu “Transumanza” (76 euro), che racconta in 12 passaggi gli anni passati dal Tiglio in riva all’Adriatico, subito dopo il sisma. Cantina meditata. Sui 45 euro estrapolando da una lista di “Ingredienti”. Camere.”
Il suggestivo massiccio del Matese sorveglia Civita Superiore, frazione di Bojano e sede di uno storico presidio fortificato: nel borgo medievale si trova il piccolo, grazioso ristorante di Renato Testa, La Risorta Locanda del Castello, presidio del gusto locale valutato con un cappello: “Chi arriva quassù, tra questi pochi tavoli ai piedi del Matese, deve farlo con l’idea di dimenticare i luoghi comuni. Renato Testa, e non da ora, ha dato vita a un’idea di cucina ove estetica, sapori, accostamenti e cambi di registro pienamente contemporanei si intrecciano alla maniera delle provocazioni di certi artisti d’avanguardia. Così, il “baccalà pastellato e fritto con vaniglia e ciocco- lato” è ormai un emblema, come lo sta diventando la forchettata (a volte di benvenuto) di pasta con funghi, aromi e Parmigiano, senza ignorare il pesce, ultimamente tornato in auge in pietanze che sposano estro e territorio. Servizio familiare; cantina minima. Sui 40 euro".