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Mangiare (bene) a Cremona: i ristoranti e le trattorie da non perdere

In un'ideale e gustosa passeggiata lungo la storia e l'attualità della cucina locale dal Rinascimento a oggi, passando per quando Giuseppe Verdi sostava in città, la nostra guida ragionata delle migliori tavole 

a cura di Jacopo Fontaneto 20 Novembre 2021

Le scuderie

Rivive qui il culto della cena “dopoteatro”, con il Ponchielli a due passi. E’ cremonese anche lo chef Cristian Conti, ma con un curriculum poliedrico e importante. Le volte che sovrastano la sala sono cornice di una cucina di ricerca estrema che non dimentica elementi di territorio, come i ravioli del plin al cappone o i ciccioli che entrano nel mantecato di riso con scampi lamponi. Un tempo che corre veloce nei secoli, nel contorno inconsueto di un antico stallo per i cavalli, divenuto elegante quinta di scena

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Il violino

L’innovazione parte sempre dal territorio e ne mette al centro gli ingredienti: ne sono esempio il risotto alla zucca e mostarda, ad esempio, o quello più estremo con il torrone, che riesce a dovere nell’equilibrio dolce-salato. Anche il tradizionale bollito si introduce clandestino in un raviolo con il suo bagnetto verde; castagne e caffè accompagnano il petto di piccione. Eleganti sala e servizio. A due passi dalla bellissima cattedrale 

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Antica Locanda Bissone

Mezzo millennio di storia ininterrotta, tanta passione e una cucina che dà propulsione al naturale salto nel tempo, mettendo al centro i sapori più classici: marubini in brodo e risotto al pistom e, tra i secondi, lingua di vitello con salsa verde o bollito misto. Immancabile l’assaggio della mostarda. Una cucina avvolgente; la bravura e il racconto dello chef patron fanno il resto

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Hosteria 700

La sala rossa è elegantissima, quasi un teatro dove la cucina viaggia armonie iperclassiche, con la costante del “ben fatto e curato”: il programma cita in ouverture la “sinfonia della terra cremonese” con salumi e mostarda, poi viaggia tra il rigore dei marubini e l’estro delle crespelle di torrone con fonduta di provolone. Per il piatto forte, si rende omaggio a Ugo Tognazzi e alla “faraona dicembrina” citata nell’Abbuffone. Semifreddo al torrone per il gran finale 

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Osteria la sosta

In pieno centro storico, con tutti gli elementi della storia gastronomica cremonese a fare da calamita: il cotechino, i marubini ai tre brodi, i tortelli di zucca e un’antica ricetta di gnocchi che affonda le radici in pieno Seicento. Sabato e domenica i bolliti arrivano a carrello, con i sei tagli, le salse e la mostarda. Una cucina schietta e sostanziosa, proporzionata con uno stile classico e senza orpelli in sala

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Vitium (Crema)

“Ricostruire con consapevolezza” è il mantra dichiarato di Michele Menchillo. La cucina è marcatamente artistica, puntigliosa nel dettaglio e nella ricerca di equilibrio. Il cortocircuito passato-futuro si gioca, manco a dirlo, in un antico palazzo del XII secolo: tanto mare in carta, ma non manca un’attenzione amorevole per il territorio, che anzi è evidente nei “ravioli, ragù alla genovese Salva cremasco, mostarda di zucca”. Si rintraccia un doppio binario ruvido e nobile anche nel riso con topinambur, escargot e ciccioli. Un’eleganza a tutto tondo collega sala, cucina e servizio.

In foto i ravioli al ragu genovese e mostarda di zucca

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Naso rosso (Crema)

Il mini-burger con pasta di salame, ideato per l’aperitivo, condensa i canoni di una cucina vivace e colorata, che sa smarcarsi dal rigore della tradizione per approdare su interpretazioni più fantasiose. Il risotto alla zucca e i tortelli lasciano quindi spazio al piglio più conturbante del “merluzzo carbonaro”. Proposte più easy trovano spazio nel nuovo bistrot in via del Macello (dove, invece, è da provare il panino “cremasco” con pollo ruspante e formaggio Salva). Moderno, accogliente, mai banale

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Trattoria dell'Alba (Piadena)

Un tempio del classico, con l’attrattiva più che collaudata di una cucina solida e sagace, che svolge ininterrotto servizio dal lontano 1850. Lardo, salumi, marubini ripieni di stracotto, poi l’oca in terragna, l’anatra cotta sotto cenere e la torta sbrisolona. Ma sono soprattutto i tortelli di zucca a far da polo d’attrazione: qui, infatti, seguono una rara ricetta che contempla il soffritto di pomodoro dolce. Si va (piacevolmente) anche fuori confine con una cantina ben rifornita di bolle francesi

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Via vai (Bolzone di Ripalta cremasca)

La cucina di Stefano Fagioli è l’evoluzione, con estremo rispetto, di una cucina sostanziosa e di memoria. Oste per vocazione e passione, unisce la semplicità del passato (i rigorosi tortelli cremaschi, il riso e rape, oppure minestra di riso e fegatini) a nuove creazioni divenute di culto, come il coniglio ripieno di pipetto (verza stufata, burro e Parmigiano). Cantina ben rifornita, attenta a valorizzare il piccoli produttori del territorio e non solo.

In foto i tortelli cremaschi

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La pedrera (Soncino)

C’è una pura sperimentazione nella scommessa visionaria lanciata da Luca Zuterni e Mara Gualina. Dal passato, negli anni, sono arrivate rivisitazioni come i tortelli di alga spirulina o il midollo ritto, caviale di balsamico, gel di limone, insalata e perle di pomodoro. Oggi, invece, c’è in carta il lomo di baccalà con le quattro polveri di peperone, cavolo viola, carota e cipolla bruciata. Un viaggio dimensionale in un ristorante ipermoderno anche nella concezione architettonica, che rompe (bene e a tutto tondo) ogni schema

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