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Nel Mediterraneo la balenottera azzurra si ibrida con la comune per non estinguersi

La balena spiaggiata a Capri (foto Ivan Rubino)
La balena spiaggiata a Capri (foto Ivan Rubino) 
Le analisi genetiche hanno rivelato che un esemplare spiaggiatosi sulle coste di Capri sarebbe il primo "ibrido" tra le due specie mai osservato in Mediterraneo. Gli esperti: "Possibile risposta adattiva della natura"
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Era parsa, a un primo esame, una balenottera comune, arenatasi suo malgrado nel novembre del 2020 in un'angusta baia dell'isola di Capri, a Cala del Rio, dove era stata individuata casualmente da un fotografo attraverso un drone. Ma l'esemplare, morto probabilmente a causa degli effetti di una parassitosi, custodiva un affascinante segreto che si è rivelato agli studiosi a distanza di mesi: si tratterebbe del primo esemplare ibrido di balenottera comune e balenottera azzurra mai osservato nel Mediterraneo.

"Una possibile risposta adattiva della natura alla rarefazione di una delle specie", ipotizzano gli autori dello studio. Insomma: una "ciambella" di salvataggio per due specie minacciate dall'esposizione a contaminanti chimici, dalle infezioni virali e dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici in corso: "vulnerabile", secondo la IUCN, la balenottera comune (Balaenoptera physalus), "endangered" (minacciata) la sua "cugina", la Balaenoptera musculus, la cui popolazione è stata fortemente ridimensionata, nel corso del '900 - dalla baleneria industriale.

E insomma la scoperta - pubblicata in questi giorni sul The European Zoological Journal con un titolo evocativo ("Niente è come sembra") - intriga la comunità scientifica. Si tratta dell'esito di una collaborazione tra ricercatori dell'Università di Ancona, coordinati da Vincenzo Caputo Barucchi, del Dipartimento di Biologia dell'Università di Napoli Federico II, guidati da Fabio Maria Guarino, dell'Università degli Studi di Padova, guidati da Bruno Cozzi, del Museo di Storia Naturale di Milano con Michela Podestà.
Le due balene a confronto
Le due balene a confronto 
L'indagine era nata per certificare l'origine geografica di tre esemplari - ritenuti inizialmente di balenottera comune - spiaggiati di recente lungo le coste del Tirreno. "Abbiamo analizzato il DNA mitocondriale di questi individui  confrontandolo con gli aplotipi, vale a dire la combinazione di geni in un cromosoma o un suo segmento, di altri esemplari precedentemente descritti nell'Oceano Atlantico del Nord e nel Mediterraneo - spiega Nicola Maio, del Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Napoli Federico II - Volevamo, in sintesi, risalire alla loro popolazione di origine e dunque alla loro provenienza geografica".

Del resto nel Mediterraneo è nota l'esistenza di due popolazioni di balenottere comuni: una, isolata e residente ("Balenottere MED"), che abita il bacino tutto l'anno, e una seconda ("Balene NENA" ossia "Northeast North Atlantic"), composta da individui nord-atlantici, che si spostano nella regione più occidentale del Mediterraneo, accedendovi attraverso lo Stretto di Gibilterra. Quanto basta, insomma, per rendere intrigante  lo studio genetico degli individui spiaggiati.
"I nostri risultati hanno mostrato che due individui appartengono molto probabilmente alla popolazione mediterranea di balenottera comune - spiegano i ricercatori - mentre l'individuo trovato a Capri è stato riconosciuto come un ibrido putativo tra balenottera comune e una balenottera azzurra di origine nordatlantica. La scoperta è stata confermata dall'analisi di un gene nucleare e dimostra - dicono ancora gli esperti - che la sola analisi morfologica non permette di identificare correttamente gli ibridi, soprattutto se i caratteri intermedi di entrambe le specie parentali non sono chiaramente distinguibili".
Insomma, solo un'analisi del Dna avrebbe potuto far comprendere la carta d'identità del cetaceo, una giovane femmina di poco più di 14 metri che agli esami attenti dei cetologi appariva (grazie alla testa a forma di V, alle dimensioni e alla posizione della pinna dorsale e, soprattutto, alla colorazione del corpo) a tutti gli effetti una balenottera comune. E invece il giovane esemplare era il frutto di un incrocio tra mamma balenottera azzurra e papà balenottera comune.

"Un accoppiamento - annota Maio - che è presumibilmente avvenuto nell'Oceano Atlantico: la giovane sarebbe arrivata nel Mediterraneo compiendo una lunga migrazione, come può capitare per le balenottere anche nei primi anni di vita". Un classico esempio di ibridazione, insomma: accade, in natura, quando specie che condividono tra loro parte consistente del patrimonio genetico si accoppiano, dando vita a una progenie con caratteristiche genetiche (e talvolta morfologiche) intermedia. E quel che conta sono, anzitutto, le implicazioni del fenomeno.
Le operazioni di prelievo del tessuto
Le operazioni di prelievo del tessuto 
"Non sempre l'ibridazione è un buon segnale. - ammonisce la cetologa Barbara Mussi, presidente di Oceanomare Delphis, una onlus che monitora balene, capodogli e delfini nel golfo di Napoli - Nel caso del delfino comune, per esempio, l'ibridazione con la stenella - documentata nel golfo di Corinto - sembra aver portato, purtroppo, al declino della specie. E anche se non sembra il caso della balenottera 'ibrida', in alcuni casi gli ibridi dei mammiferi non sono fertili". E - benché si tratti di un meccanismo spontaneo, che avviene dalla notte dei tempi - non manca, tra gli esperti di genetica, chi invita a considerare i potenziali danni dell'ibridazione in natura, soprattutto quando è l'uomo - modificando gli habitat con il suo impatto - a favorire il contatto tra traiettorie evolutive indipendenti, contribuendo a erodere la biodiversità. E rimescolando le caratteristiche di specie che non hanno ancora affinato, in molti casi, le cosiddette barriere riproduttive.