Il teleriscaldamento è una soluzione alternativa al riscaldamento tradizionale per gli edifici sia residenziali che industriali. Si tratta di un sistema di produzione centralizzata di calore distribuito direttamente alle utenze mediante una rete di doppie tubazioni interrate. Un sistema efficiente e pulito per riscaldare le abitazioni e produrre acqua calda.
Questo sistema si sta diffondendo sempre di più anche in Italia, anche se in maniera diseguale nella penisola: l'installazione è iniziata dalla città di Brescia a partire dal 1971, ma gli impianti di questo tipo si possono trovare anche a Torino e Milano. Stando agli ultimi dati del 2019, sono attive in Italia 331 reti di teleriscaldamento, distribuite in 282 Comuni. Queste strutture soddisfano circa il 2% della domanda complessiva a livello residenziale. A esserne forniti sono soprattutto i Comuni di dimensioni ridotte: l'84% di tutti i comuni coperti ha infatti una popolazione inferiore ai 60mila abitanti.
(dati Fondazione openpolis)
Come funziona
Il teleriscaldamento ha un sistema di funzionamento molto semplice. "Consiste nella distribuzione di acqua calda attraverso una rete che parte dalla centrale di produzione per svilupparsi nel territorio dove viene impiegata per il riscaldamento delle abitazioni. La rete è costituita da una doppia tubazione: una per la distribuzione del calore alle famiglie; l'altra per il ritorno dell'acqua raffreddata alla centrale", spiega Isaac Scaramella, ingegnere titolare dello studio di progettazione GreenLab di Brescia. Il trasferimento avviene attraverso un fluido termovettore, che può essere anche l'acqua - che viene inviata nella rete a temperature comprese tra i 90 e i 120 °C e ritorna in centrale a 60 °C -, e un sistema di tubazioni primarie, che nel loro percorso incontrano quelle secondarie dei consumatori. Infine, il fluido termovettore ritornato alla centrale di teleriscaldamento potrà essere nuovamente riscaldato e ridistribuito.
Le fonti del teleriscaldamento
Le fonti di calore utilizzabili per i sistemi di teleriscaldamento sono molte, come la termovalorizzazione dei ri?uti non riciclabili, la geotermia tramite le pompe di calore e il recupero di calore di scarto da processi industriali. "Il teleriscaldamento è un sistema energetico integrato che consente di recuperare quel calore disponibile localmente che altrimenti andrebbe disperso e rilasciato perché in eccesso", spiega nel suo paper la società di servizi energetici a2a.
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Vengono inoltre ridotti i costi di trasporto e di manutenzione rispetto alla caldaia per ogni appartamento. Risultano così evidenti le economie di scala che si instaurano concentrando la funzione di riscaldamento in un unico impianto per diverse unità abitative. "Se adeguatamente realizzate, le centrali di cogenerazione garantiscono livelli di inquinamento estremamente contenuti" conferma Scaramella. Legambiente ha stimato al -38% le emissioni di CO2 conseguibili dalle reti di teleriscaldamento. Il risparmio di energia sarebbe invece pari al 26%. Anche per questo il Pnrr prevede investimenti pari a 200 milioni di euro per il settore.
Incrociando i dati ministeriali con quelli delle aziende di servizi energetici, emerge che ad oggi circa 3 milioni di italiani utilizzano servizi di teleriscaldamento. Mentre il piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) che il governo italiano ha presentato nel 2020 alla commissione europea assegna al teleriscaldamento un ruolo importante nel perseguire gli obiettivi nazionali di sviluppo sostenibile, auspicandone un'estensione delle reti. Questo è particolarmente significativo nel caso delle centrali cosiddette "cogenerative", ovvero capaci di produrre allo stesso tempo calore ed energia elettrica. Secondo il gestore servizi energetici (Gse), attualmente circa il 68% della potenza installata si concentra in impianti di sola produzione termica e il restante 32% in impianti che operano in assetto cogenerativo.
(dati Fondazione openpolis)
Prendiamo il caso di Brescia. La rete di teleriscaldamento nella città lombarda è gestita interamente dal gruppo a2a e punta a dare un importante contributo per il contenimento dell'inquinamento atmosferico della città. Oggi oltre il 70% della popolazione del Comune di Brescia vive o lavora in ambienti teleriscaldati.

Nel 1978 entrò in esercizio la prima centrale di cogenerazione "Lamarmora". La cogenerazione, a parità di servizi erogati, consente un risparmio di energia primaria nell'ordine del 20-30% rispetto alla produzione disgiunta di elettricità e di calore. La centrale può essere alimentata da combustibili diversi, gas metano, olio combustibile e carbone, anche in combustione mista.
Nel 1998 è la volta del Termoutilizzatore che utilizza come combustibile i rifiuti solidi urbani. Dall'impianto, in grado di bruciare 800 mila tonnellate l'anno di rifiuti e biomasse, è possibile ricavare 528 milioni di chilowattora elettrici e 505 milioni di chilowattora di calore ogni anno, con un risparmio di 150 mila tep (tonnellata equivalente di petrolio), evitando l'emissione in atmosfera di 400 mila tonnellate di anidride carbonica. Un ulteriore passo avanti è stato conseguito nel 2004 con il completamento dell'impianto con una linea alimentata con biomasse. Il calore prodotto dal Termoutilizzatore copre oltre il 40% del fabbisogno termico degli edifici teleriscaldati.

"La rete di teleriscaldamento di Brescia esce dai confini comunali per servire anche buona parte del territorio dei Comuni limitrofi di Bovezzo e Concesio", spiega Scaramella. Che puntualizza: "Il recupero energetico dei rifiuti, se attuato con impianti dalle elevate prestazioni energetiche, presenta vantaggi ambientali sia perché consente il risparmio di risorse energetiche, sia perché permette di evitare emissioni di gas serra dagli impianti alimentati a combustibili fossili e dalle discariche". Tuttavia, si tratta sempre di un "inceneritore di rifiuti, che nonostante la sua moderna tecnologia continua a produrre emissioni inquinanti nell'ambiente".
La cura messa in atto negli ultimi anni da a2a per tagliare ulteriormente le emissioni inquinanti in uscita dal termoutilizzatore più grande d'Italia ha portato certamente dei miglioramenti, con un drastico taglio di diossine e furani, calate del 77,5% secondo le ultime analisi dell'Arpa.
Ma secondo il rapporto dell'Agenzia europea dell'ambiente, la qualità dell'aria di Brescia è tra le peggiori d'Europa, la seconda peggiore in Lombardia, dopo Cremona. E tra le cause principali a contribuire a questo triste primato vi sono proprio le emissioni provocate dal traffico su strada e dall'attività dell'inceneritore.

Storia diversa invece per Milano, dove la situazione attuale di tutte le utenze allacciate alla rete di distribuzione del teleriscaldamento ha portato a servire oltre 200.000 abitanti. Ciò consente una diminuzione delle emissioni di CO2 di circa 250.000 tonnellate all'anno. Sono stati inoltre portati a termine i lavori di ammodernamento delle centrali termiche e di rifacimento della rete di a2a nei quartieri milanesi di San Siro e Comasina. E Grazie a questa operazione è possibile far arrivare calore pulito a oltre 10.000 famiglie milanesi.
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Ma è la Toscana ad avere il modello più virtuoso. La Regione grazie alla geotermia (gestita Enel Green Power) produce quasi 6 miliardi di KWh, che soddisfano oltre il 30% del fabbisogno elettrico regionale e forniscono calore per riscaldare circa 10mila utenze residenziali e commerciali. Il teleriscaldamento, sopratutto nella zona montana della provincia di Grosseto, è già arrivata in scuole e ospedali grazie alla gestione delle enormi riserve di acqua calda, acqua surriscaldata o vapore. Molti comuni del Monte Amiata hanno già aderito alla rete, non ultimo quello di Piancastagnaio, dove dovrebbe diventare operativa nelle prossime settimane.
Vantaggi e svantaggi
Quali sono quindi i vantaggi e gli svantaggi di questo modello energetico? "In primo luogo, il controllo dei fumi emessi dai camini delle centrali di cogenerazione è più rigido e frequente rispetto a quello degli impianti condominiali e indipendenti", puntualizza Scaramella. Non serve inoltre una manutenzione molto estesa: non è necessario utilizzare del combustibile in modo diretto e quindi si evitano alcuni problemi, come lo sporco nelle tubazioni, i gusti e l'accumulo di sostanze di scarto.
"Lo stesso combustibile viene scelto in base al momento, alla convenienza e alla disponibilità sul mercato. Per questo è possibile effettuare delle scelte precise che possano consentire anche un determinato risparmio", spiega un tecnico di Enel Green Power.

Esistono comunque degli aspetti negativi di un impianto di teleriscaldamento, che non possono essere ignorati, a partire dai lunghi tempi previsti per il ritorno degli investimenti, di circa 15 anni. Il che ha escluso le aree più "depresse" del Paese: sono infatti solo 13 le regioni italiane che vantano impianti simili. Il Sud risulta ad oggi completamente sprovvisto di reti di riscaldamento urbano a rete, che attualmente esistono solamente nel Centro e soprattutto nel Nord della penisola. Il 50% delle reti di teleriscaldamento, come estensione, si trova in Lombardia e Piemonte, secondo i dati del Gse.
Questi impianti sono convenienti solo in zone densamente popolate, a causa del costo elevato degli impianti di distribuzione. "Senza contare che l'energia ha dei costi di vendita in genere abbastanza elevati rispetto a quella prodotta con altre fonti, come le biomasse o il metano. E le centrali possono generare anche inquinamento acustico" conclude Scaramella.
(fonti: a2a, Gse, Legambiente, Governo.it, Fondazione openpolis)