"C'era un grande entusiasmo, una determinazione volitiva, il senso di una missione da compiere in nome dell'umanità. Ma non c'era di certo la convinzione che avremmo avuto, diciamo così, tanto successo". James Gifford era uno studente di PhD in economia all'università di Sydney e un convinto ecologista quando, nel 2003, lesse che le Nazione Unite stavano creando nella sede di Ginevra l'Environment Programme Finance Initiative. Allora prese la carta intestata della Wilderness Society con cui allora collaborava e scrisse loro: "Gli chiesi se era possibile fare uno stage non retribuito presso il nuovo ufficio di cui condividevo spirito e missione. Ero un qualsiasi twenty-something appassionato di ambiente, eppure accettarono e subito presi l'aereo per la Svizzera", racconta Gifford, che oggi è a capo del "Sustainable & Impact Advisory and Thought Leadership" del Credit Suisse a Zurigo. "Finito lo stage, fui assunto nello stesso dipartimento delle Nazioni Unite e negli anni successivi delineammo, cominciando con il coniare con l'acronimo Esg, Environment Social Governance, la struttura di un nuovo settore della finanza: quella appunto dei titoli e delle obbligazioni emesse da aziende e Paesi finalizzate ai miglioramenti ambientali. O perlomeno a iniziative che sull'ambiente non hanno conseguenze avverse. Un aspetto fino a quel momento ignorato dalla finanza, eppure potenzialmente rilevante per i rendimenti degli investimenti".
Da quell'initiative dell'Onu è nata tutta la branca della finanza, targata appunto Esg, quella a maggior ritmo di espansione: nel 2006 il monte-titoli globale finalizzato a iniziative ambientali, o meglio che risponde ai criteri Esg, era pari a poco più di 2mila miliardi, oggi ha raggiunto la quasi impronunciabile cifra di 120mila miliardi di dollari.
L'ufficio attuale, dove Gifford siede dal 2019, è a poca distanza geografica da Ginevra, dov'è la sede delle Nazioni Unite, ma apparentemente una distanza stellare in termini "ideologici".
"E invece no - ribatte - perché qui al Credit Suisse, con il nostro team appassionato e competente, cerchiamo in tutti i modi di canalizzare la clientela più ricca verso gli investimenti "green", non solo per fare la cosa giusta ma perché qui si trovano molte delle opportunità d'investimento più redditizie". Il tutto senza trascurare i grandi investitori internazionali, i fondi pensione, quelli di investimento.
"Il salto di qualità - puntualizza Gifford - risiede nel fatto che il Credit Suisse, visto in tutto il mondo come una banca svizzera molto tradizionale, ora finanzia iniziative di venture capital nel settore Esg: sostiene le startup che sperimentano tecnologie per le batterie a lunga durata, tecniche di allevamento dei batteri che elaborano la CO2 e la trasformano in cibo per i pesci, produzione di hamburger vegetali, fusione nucleare senza cessione di radioattività. Tecnologie futuribili, di non sicuro successo, tipiche del venture capital. Eppure fondamentali se vogliamo vivere in un Pianeta più sano".
Prima di entrare al Credit Suisse, Gifford è stato per tre anni ad Harvard, dove ha fatto valere il suo PhD intanto conseguito con un insegnamento alla Kennedy School for Political Affairs. Il senso ce lo specifica l'interessato: "È un corso rivolto a quanti si impegnano a convincere le famiglie più ricche del mondo a investire nell'Esg".
Degli anni all'Onu, la data da ricordare è il 26 aprile 2006. Quel giorno il segretario generale Kofi Annan suonò la campanella di apertura delle contrattazioni a Wall Street, lanciando ufficialmente i principi Onu per l'investimento responsabile, ovvero il programma che doveva cambiare il volto alla finanza mondiale al quale aveva lavorato negli anni precedenti il gruppo di Gifford: il progetto cioè che doveva incoraggiare i manager dei grandi fondi istituzionali, pensionistici, d'investimento, a considerare l'impatto ambientale e sociale delle loro decisioni. Un percorso che doveva portare Larry Fink, capo di BlackRock, il maggior fondo mondiale con qualcosa come 7mila miliardi di patrimonio amministrato, a dichiarare solennemente nella sua lettera agli investitori: nessun dollaro verrà più speso per comprare titoli di società che non rispettano i criteri Esg, appunto quelli classificati dal gruppo di cui faceva parte Gifford. "Non è stato un percorso facile, specialmente in America, dove c'era meno consapevolezza dell'importanza strategica della sostenibilità ai fini del rendimento degli investimenti. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta".