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Cresce l'attenzione all'uovo e anche alla gallina: prima viene la sostenibilità

Cresce l'attenzione all'uovo e anche alla gallina: prima viene la sostenibilità
La filiera della produzione e lavorazione dell'uovo registra un calo degli allevamenti in gabbia, a favore di quelli a terra. Una diminuzione dell'uso di antibiotici e un aumento degli investimenti nelle nuove tecnologie che permettono di adottare sistemi che garantiscono il risparmio energetico da una parte e il taglio delle emissioni di CO2 dall'altra. Oltre a prevenzione dell'inquinamento e riduzione dei rifiuti attraverso il riciclo
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È nato prima l’uovo o la gallina? Magari non perfettamente calzante, ma questo paradosso – che non finisce di stupire i più piccoli e che ha interessato anche filosofi come Plutarco e Aristotele – potrebbe essere usato per descrivere l’essenza di un’economia pienamente circolare, in cui materia e rifiuto si confondono nel flusso che porta dall’uno all’altro. Assecondiamo allora fino in fondo questo corto circuito mentale e cerchiamo di capire cosa voglia dire economia circolare, e sostenibilità, proprio per la filiera produttiva dell’uovo.
 

L'UOVO IN ITALIA. Il nostro paese, con i suoi 12,3 miliardi di uova (dati Ismea), nel 2019 è stata il quarto produttore europeo, dopo Francia, Germania e Spagna. Sono poco meno di 40 milioni le galline ovaiole tricolori, in oltre 2.300 allevamenti: soprattutto in Veneto e Lombardia, dove se ne trova quasi la metà (48%), e poi in Emilia Romagna (16%). Due miliardi e mezzo di euro il volume d’affari, per la parte agricola, la lavorazione e la trasformazione del prodotto. Quanto ai consumi nazionali, arrivano in media a 207 uova a testa l’anno, fra diretto e indiretto (quasi la metà di queste uova è infatti utilizzato nell’industria alimentare).
 

GALLINE IN GABBIA. Quello delle uova è un campo in cui le sacrosante battaglie degli animalisti, dalla Lav a Animal Equality, hanno prodotto nei consumatori una crescente sensibilità verso il benessere degli animali. "Il settore delle uova – evidenza Ismea – è uno di quelli in cui il fattore etico sta modificando in maniera più tangibile i comportamenti d’acquisto dei consumatori". Lo dimostra il declino delle vendite di uova provenienti da galline in gabbia: nella Gdo, meno 25% in un anno.
 

Il tema degli allevamenti in batteria è stato affrontato dall’Europa che ha cercato di migliorare le condizioni di vita di questi animali con una direttiva (1999/74/CE) entrata in vigore il primo gennaio 2012 e contenente prescrizioni relative alle gabbie, che, ad esempio, non possono essere più piccole di 750 centimetri quadrati ad esemplare. Dopo essere incappata in una condanna della Corte di Giustizia Europea per non aver rispettato la data per l’adeguamento delle gabbie, l’Italia oggi offre una situazione migliore della media europea: le galline in gabbia nel nostro Paese sono il 45% di tutte quelle allevate, a fronte del 50% europeo, mentre la maggioranza è allevata a terra (47%), il 3% all’aperto e il 5% con metodo biologico. Situazione migliore della media, ma, sottolinea la Lav, “ci sono Paesi molto più virtuosi, come Gran Bretagna (quinto produttore Ue, ndr) e Olanda (sesto)”.
 

ALLEVAMENTO A TERRA. Dalla Gdo arrivano segnali incoraggianti, con diverse insegne che hanno scelto di assecondare i clienti eliminando o riducendo le uova da gabbia. Il 55% delle vendite nei supermercati sono da allevamento a terra (2019, +25% rispetto al 2018, ancora dati Ismea), il 10% biologico, il 3% da allevamenti all’aperto, mentre il 31% in gabbia. Sempre in tema di benessere animale, secondo Unaitalia, associazione dei produttori di carni e uova, l’uso di antibiotici negli allevamenti avicoli del nostro Paese dal 2011 ad oggi è calato dell’82%.

 

Possiamo provare ad avere un saggio del settore con uno dei protagonisti nazionali, il Gruppo Eurovo, che sul benessere animale ha avviato un progetto in collaborazione con Compassion in World Farming (CIWF) e con il Dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna. Multinazionale familiare di Imola, nata a metà del secolo scorso, 1500 addetti, è uno dei leader europei (vende in oltre 40 Paesi) nella produzione di uova e prodotti derivati per pasticceria, ristorazione, integratori alimentari. Produce per le insegne della Gdo e a marchio privato in 19 allevamenti e stabilimenti in Italia, Francia, Spagna, Romania e Polonia. Gli allevamenti in gabbia (“che, pur essendo corrispondenti alla normativa in vigore, sono in fase di sostituzione”, fa sapere l’azienda) sono affiancati da quelli biologici, a terra, all’aperto, e alimentano i numerosi i marchi del gruppo, da quelli di prodotti professionali per pasticceria e ristorazione a quelli per i consumatori, come Naturelle, Maia, Novissime, con alcune linee dedicate appunto al biologico e alla produzione a chilometro zero. Il gruppo controlla tutte le fasi di produzione e lavorazione delle uova e degli ovoprodotti, dallo svezzamento dei pulcini fino alla distribuzione. È quindi un buon esempio per capire appunto come, insieme al benessere animale, la sostenibilità ambientale e la transizione verso l’economia circolare investa la filiera.

EMISSIONI E CONSUMI. A partire dall’approvvigionamento energetico, coi 15 impianti fotovoltaici sugli stabilimenti del gruppo, per 16.000 MWh di energia pulita prodotta nel 2019 (quanta ne consumerebbero in un anno quasi 6000 famiglie). Che vuol dire risparmi economici ma anche, stando ai calcoli dell’azienda, 47.000 tonnellate di CO2 non emessa in atmosfera dal 2014, anno in cui sono stati installati i primi impianti. Ancora vantaggi economici ed ambientali nella riduzione dei consumi di acqua, grazie ad abbeveratoi a goccia anti-spreco negli allevamenti e, nei siti produttivi, alla raccolta di condense e vapori, con un contenimento dei prelievi da acquedotti e pozzi.

RICICLO. Poi la prevenzione dell’inquinamento e dei rifiuti: la pollina, le deiezioni delle galline, viene essiccata per abbattere fin da subito le emissioni e poi trasformata in concime. Per il trasporto delle uova dagli allevamenti ai centri di imballaggio e sgusciatura sono utilizzati contenitori lavabili, con un risparmio di cartone che l’azienda stima in quasi 10 mila tonnellate l’anno. Gli imballaggi per le uova: l’impegno dell’azienda di Imola è arrivare ad impiegare solo materiali riciclabili entro il 2025, e già oggi si usano cartoncino, Pet, e polpa di legno – sottoprodotto della lavorazione della carta, certificata FSC, riciclabile. Tutte iniziative per la sostenibilità che tengono insieme risparmi economici, efficienza produttive, istanze del mercato: “Da sempre il nostro obiettivo primario è rispondere alle esigenze dei consumatori anticipandone le richieste – sottolinea Ireno Lionello, direttore operations del Gruppo Eurovo – e, oggi più che mai, la domanda va sempre più verso i valori della sostenibilità, da intendersi in senso ampio e non solo ambientale”.