Si chiama Mariantonietta, ha 31 anni e fa la pastora sulle Murge, la Puglia desnuda, tutta pietre che scoraggiano gli sciami vacanzieri. Pastora, dice, ci è nata. Non nel senso di un mestiere che ti capita perché è quello che fa la tua famiglia. Anzi. Il padre l’avrebbe voluta commessa all’Eurospin, ma solo perché le avanzasse un tot al giorno per se stessa. Lei si è incaponita. Di ore di lavoro quotidiane ne macina non meno di tredici, dalle sei anti alle otto post meridiane. Natale incluso. Assecondando i ritmi degli animali: sfamarli, pascolare, rientrare, mungere, trasformare il latte (in formaggi rigorosamente a fermentazione naturale) e daccapo. Ed è esattamente quello che ha sempre voluto fare. Sin da quando, bambina, a darle la sveglia era l’urgenza di dare da mangiare alle vacche: era lei a buttare giù dal letto il padre alle quattro di tutte le mattine.
Clima, donne in prima linea
Siamo nello scampolo di terra fra Cassano e Altamura, Masseria Scalera interseca il Cammino Materano. Il regno di Mariantonietta è un paesaggio semplificato come una frazione, che in premio per le giornate defatiganti si concede tre-quattro ore di pascolo. Attenzione: non è il mito del buon selvaggio. E non è la violenza pastorale di Gavino Ledda. Gli unici luoghi comuni di una qualche verosimiglianza sono quelli che riguardano le pecore: si muovono in gregge, si fanno indicare la direzione senza protestare, pasciono e del resto chi se ne importa. Per comprendere la sua storia bisogna demolire i retro-pensieri e sgomberare il cuore dalle afflizioni del pastore errante. Anche se, Mariantonietta lo sa, la natura è pure matrigna.
Serena Candiani, la giardiniera di Central Park: "Qui ognuno può trovare il suo piccolo angolo di verde"
“Una volta ho visto il gregge accerchiarsi all’improvviso e una capra andare giù per terra. Sono corsa d’istinto a soccorrerla. Dietro di me i cani, hanno messo in fuga il lupo, che evidentemente spinto dalla fame aveva attaccato in pieno giorno”. Fa parte del gioco. Come le nascite al pascolo, i neonati soccorsi a braccia. La morte, “gli animali sono il nostro sostentamento”. Come la paura. Ma a farle terrore davvero è la burocrazia, le leggi “fatte da chi in campagna ci trascorre forse la pasquetta” e i bisogni degli allevatori proprio non li conosce. Ma gli accidenti, anche istituzionali, non la scoraggiano.
“Non saprei vivere diversamente e l’ho capito anche meglio dopo un anno di volontariato europeo in una farm olandese. Sono partita per capire se la mia era davvero una scelta. Non mi ero mai mossa da qui. Dovevo starci due mesi, sono rimasta dodici. Sono tornata che reggo una conversazione in inglese, ho una sporta di amici in diverse parti del mondo e la certezza di voler fare esattamente quello che faccio”. Che c’è di bello? Che domande. Risponde guardando la distesa di pascoli e libertà dove si muove su passi sicuri come una dea pagana, appoggiandosi a un bastone dal becco ricurvo. Spezzando il silenzio ancestrale delle Murge con i trilli modulati ad arte per richiamare le pecore che sconfinano nei seminativi. Quelle, di rimando, belano. E i cani abbaiano, anche agli Eurofighter Typhoon che dall’aeroporto militare di Gioia del Colle volano bassi con un frastuono fuori luogo. Tre ore al giorno di un vuoto pieno zeppo, perché al pascolo come in giardino, non si è mai soli.
E poi c’è la muta di ex randagi, sette, che l’ha eletta paladina e la segue passo passo. L’unica che le dà una mano, però, è Briciola, un simil-volpino di quattro forse cinque chili, che saetta per chilometri e tiene in scacco il gregge dettando il passo fino al rientro. Nell’ovile la aspetta, fra gli altri, un capretto che la mamma proprio non vuole allattare. Gli ha messo una sciarpa rossa al collo così non c’è troppo da cercarlo quando è l’ora di dargli il latte col biberon.
IL VIDEO INTERATTIVO Attendi al lupo a cura di Gedi Visual
Il 18 febbraio scorso Mariantonietta Scalera ha relazionato in un webinar organizzato dalla Casa delle donne di Milano, proponendo l’istituzione di una giornata internazionale delle pastore da fissarsi per il 29 dicembre, giorno dell’assassinio di Agitu Ideo Gudeta, l’allevatrice e attivista etiope uccisa in Trentino. Fra le relatrici c’era anche Anna Kauber, la regista di In questo mondo, un docufilm sulle pastore di tutta Italia presentato al Film festival di Torino nel 2018. “Agitu la seguivo su Instagram, non la conoscevo di persona. Ma i giorni dopo la sua morte sono stati difficili. Credo sia necessario darsi una voce. Siamo portatrici di bellezza, custodi della terra. E il mondo potrebbe aver bisogno anche di noi”.