E' fra gli squali più veloci eppure continuiamo a prenderlo. Lo peschiamo praticamente ovunque, accidentalmente, per sport, per le sue pinne e la sua carne, e il povero mako continua a non avere una giusta protezione. Questo splendido squalo, capace di nuotare anche per duemila chilometri in poco più di trenta giorni, famoso per la sua dentatura che fu usata perfino per la locandina del famoso film The Jaws - Lo Squalo, presente dai racconti di Hemingway nel Vecchio e il mare sino al cartone animato Nemo, è oggi al centro di una difficile e complessa trattativa per la sua protezione.
Sono in corso infatti i negoziati ICCAT (Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) che riguardano le regole relative alla pesca nel Nord dell'Atlantico, da sempre una delle aree più pescose con grandi interessi che riguardano in particolare Europa e Stati Uniti. In queste acque, come altrove, nuota il mako pinna corta, uno squalo dai denti impressionanti e particolarmente veloce, che secondo i conservazionisti deve essere urgentemente protetto. Si stima infatti - sostengono alcuni esperti della ICCAT - che anche se la pesca dovesse interrompersi immediatamente nel Nord Atlantico le popolazioni di questo squalo pelagico impiegherebbero cinquant'anni prima di riprendersi. Questo perché il mako è oggi soggetto ad ogni tipo di pesca: da quella accidentale sino a quella sportiva, per esempio negli Stati Uniti, ma anche quella mirata a sfruttarne le pinne, richieste in particolare nel mercato asiatico, e la sua carne. La scorsa estate, tra pesca e avvistamenti, dalla Toscana alla Sicilia, anche in Italia abbiamo assistito a catture di squali mako.
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I conservazionisti sostengono che la pesca di questa specie stia mettendo in serio pericolo la sua sopravvivenza ma durante i negoziati, riportano i media britannici, l'UE e gli Stati Uniti si sarebbero rifiutati di bloccare i piani indicati per proteggere i mako. Lo scorso anno i vari governi avevano votato per regolamentare il commercio e la pesca di alcune specie in via di estinzione, tra l'altro su spinta proprio dell'Europa. Ora durante nuove trattative alcuni paesi come Canada, Gran Bretagna e Senegal hanno deciso di spingere per una proposta che vieti le catture dei mako e lo sfruttamento di questa specie, ma Ue e Stati Uniti hanno per ora rifiutato di appoggiare i divieti per poter continuare varie pratiche di pesca, ostacolando di fatto i piani per una futura protezione.
Nell'Atlantico settentrionale il mako viene principalmente pescato da Spagna, Portogallo e Marocco, che lo catturano accidentalmente durante la pesca per esempio al tonno e altre specie. La mancanza di un consenso univoco e dell'appoggio di Usa e Ue a specifici piani per fermarne la pesca anche accidentale, hanno fatto sì che al momento la commissione ICCAT abbia deciso di rimandare così le decisioni sulle catture dei mako al 2021.
Duro, su questo, Ali Hood, direttore della conservazione di Shark Trust, che sostiene come "la graduale scomparsa del mako nell'Atlantico settentrionale rimane una delle crisi più urgenti al mondo per la conservazione degli squali, ma l'UE e gli Stati Uniti hanno messo al primo posto gli interessi della pesca e hanno rovinato un'occasione d'oro per concordare un piano chiaro per bloccarla".
Anche per Grantly Galland del Pew Charitable Trusts ritardare l'adozione di piani e divieti potrebbe accelerare il declino di una specie già "a livelli di popolazione pericolosamente bassi". Diversi scienziati da tempo hanno sottolineato come questi livelli preoccupino per la conservazione della specie, chiedendo di diminuire la pesca in Atlantico di almeno dieci volte rispetto a quella attuale.
Ian Campbell del Project Aware, un'organizzazione per la protezione degli oceani, auspica che l'avvento di Joe Biden alla Casa Bianca possa portare a politiche celeri per la conservazione dei mako. "È stato straziante vedere gli Stati Uniti passare da un leader globale per la conservazione degli squali a un ostacolo primario per la scienza" ha spiegato, sperando che "l'amministrazione Biden possa cambiare le cose".
Inoltre, sostiene Ali Hood, "la ripetuta ostruzione di protezioni vitali indicate dagli scienziati consente ai principali paesi di pesca del mako - Spagna, Marocco e Portogallo - di continuare a pescare questi squali in via di estinzione, essenzialmente senza limiti, e guidare le popolazioni verso il collasso".
Secondo altri esperti, come Shannon Arold di Save Our Seas Foundation, Usa e Ue dovrebbero seguire l'esempio di Canada, Senegal e Regno Unito e unirsi nella realizzazione di piani e limiti alla pesca dei mako "prima che sia troppo tardi". La questione, per ora, è rimandata al prossimo anno, ma intanto nel nord dell'Atlantico altri mako, nonostante la loro velocità, finiranno nelle reti a causa della lentezza dei negoziati e l'assenza di divieti per poterli proteggere.