Il direttore dell'Iea Fatih Birol: "Il futuro dell'energia è nel solare"
di Luca Fraioli
Intervista al direttore esecutivo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, istituzione che si trova a sancire il declino dei combustibili fossili. "Noi guardiamo ai numeri. Sappiamo che i cambiamenti climatici sono un problema serio e vogliamo contribuire a far sì che le emissioni di gas serra diminuiscano drasticamente"
Aggiornato alle 4 minuti di lettura
"Il solare sarà l'energia del futuro. E il vostro paese, l'Italia, può avere un ruolo fondamentale nel guidare la transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili: a cominciare dal G20 dell'anno prossimo che sarà proprio a guida italiana". Quando pochi giorni fa il direttore esecutivo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, il turco Fatih Birol, ha presentato l'ultimo rapporto della Iea, molti osservatori hanno parlato di "conversione". La Iea nacque nel 1974 sulla scia dello shock petrolifero per assicurare, ai paesi membri, la stabilità degli approvvigionamenti di greggio. Oggi, 46 anni dopo, si trova a sancire il declino dei combustibili fossili.
Fatih Birol, direttore esecutivo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Direttore Birol, cosa vi ha fatto cambiare idea?
"Noi guardiamo ai numeri. Sappiamo che i cambiamenti climatici sono un problema serio e vogliamo contribuire a far sì che le emissioni di gas serra diminuiscano drasticamente. Ma il problema sono appunto le emissioni, non le emozioni. E quindi noi leggiamo i dati, i quali ci dicono che le rinnovabili stanno crescendo in modo impetuoso e che ci sono alcune tecnologie che hanno uno slancio particolare, per esempio quelle relative all'uso dell'idrogeno o alle auto elettriche".
Ma una volta letti i dati, qual è il vostro ruolo? Quale contributo può dare la Iea?
"Noi consigliamo i governi dei paesi membri della nostra agenzia, che messi insieme rappresentano circa l'80 per cento dell'energia prodotta e consumata nel mondo, dagli Stati Uniti, al Canada, al Messico, al Brasile, alla Cina, all'India, al Giappone, al Sudafrica all'Unione europea. Studiamo tutte le tecnologie e le fonti: petrolio, gas, solare, eolico, idrogeno, nucleare. Però in questo momento storico la transizione energetica è un compito chiave dell'Agenzia. E sono orgoglioso di poter dire che stiamo guidando questo processo verso le energie pulite che permettono di ridurre l'inquinamento e le emissioni di gas serra. Lo facciamo fornendo la nostra consulenza a molti governi, in America, Europa, in Africa e Asia".
E i governi vi ascoltano?
"Noi ci limitiamo a consigliarli. Non sempre siamo d'accordo con i loro progetti, ma in tal caso segnaliamo loro, anche quando può essere una amara verità, che le politiche energetiche messe in atto si discostano dalle nostre linee guida".
Nel vostro ultimo rapporto definite il solare la fonte energetica del futuro. Perché?
"Già dieci anni fa c'erano molti impianti fotovoltaici. Ma da allora la tecnologia del solare è diventata assai più economica. Oggi il fotovoltaico è il modo meno costoso di produrre elettricità in molte parti del mondo. La seconda ragione è che fino al 2012 il solare era spinto da un ristretto gruppo di nazioni: Germania, Italia, Spagna e Giappone. Ma tra il 2012 e il 2017 la Cina ha iniziato a trainare il settore. E negli ultimi due anni tanti altri paesi in tutto il modo hanno iniziato a usare questa fonte rinnovabile: se nel 2017 più della metà dei nuovi impianti installati, il 55%, erano in Cina oggi Pechino rappresenta il 25% del mercato. Dunque il solare è ormai dappertutto ed è per questo che l'abbiamo incoronato come il nuovo re del mercato energetico. Nei prossimi dieci anni la più grande crescita nella produzione di elettricità arriverà proprio dal solare, seguita dall'eolico e dal gas naturale".
E' dunque finita l'era del petrolio?
"C'è chi lo sostiene, ma io non sono d'accordo: avremo ancora bisogno per un po' di tempo del petrolio. Anche in questo caso sono i numeri a dircelo. Basta fare un esempio: leggiamo del boom delle auto elettriche, ma se si va a guardare le cifre, si scopre che quest'anno in tutto il mendo meno del 3% delle macchine vendute sono elettriche, mentre il 42% è rappresentato da SUV, che rappresentano una filosofia opposta. E' importante guardare ai numeri e dire la verità, così da mettere i governi di fronte allo specchio perché vedano la divergenza tra quello che fanno e quello che vorrebbero fare".
Ma come è possibile conciliare il taglio delle emissioni, necessario secondo i climatologi, con la presenza del petrolio ancora per anni nelle nostre economie?
"Negli ultimi dieci anni la crescita maggiore nella domanda di petrolio è venuta dal settore dei trasporti. Invece nei prossimi dieci anni la richiesta maggiore arriverà dall'industria petrolchimica. Che è un settore importantissimo, come dimostra l'emergenza Coronavirus, perché è quello che ci sta rifornendo di mascherine e di altri dispositivi sanitari. E' molto importante che i governi prendano alcune misure: elettrificare il più possibile il settore dei trasporti, catturare e stoccare la CO2 se si usano combustibili fossili, aumentare l'efficienza energetica. Senza fare questi passi nelle loro politiche finita la crisi da Coronavirus la domanda di petrolio tornerà esattamente dove era prima della pandemia. Basta guardare alla Cina, la cui economia, passata la fase acuta della pandemia, ha avuto un rimbalzo e così è stato anche per i consumi di petrolio. Naturalmente questo si riflette sulle emissioni cinesi: oggi sono esattamente quanto quelle del 2019, mentre quelle globali sono diminuite del 7%".
A proposito di Cina, come valuta l'annuncio di Pechino di voler diventare carbon neutral entro il 2060? E' credibile?
"La Cina è responsabile di circa il 30% delle emissioni globali. Dunque il suo annuncio è molto apprezzato e io personalmente ne sono felice. Ma dobbiamo vedere con quali politiche Pechino intende rendere possibile tutto questo. Il governo cinese nei prossimi mesi presenterà il suo nuovo piano quinquennale e lì capiremo cosa intende fare per ridurre le emissioni. Se il piano conterrà impegni concreti sulle energie pulite, allora l'annuncio del presidente Xi Jinping sarà ancora più credibile".
Direttore Birol, ma non è che forse, oltre a produrre energia pulita, dovremmo imparare a usarne meno?
"In realtà ci sono ancora zone del mondo, in Africa per esempio, dove le persone hanno problemi ad avere accesso all'energia. E quest'anno abbiamo visto che le emissioni sono diminuite per la crisi economica innescata dalla pandemia, non per le polite energetiche dei governi. Ecco, io penso che non si debba sperare in una recessione per risolvere la crisi climatica. Quello che invece possiamo fare è usare l'energia in modo più efficiente: il Green Deal europeo, per esempio, contiene una serie di incentivi in questo senso, dall'efficientamento degli edifici a quello del comparto industriale. Volendo semplificare, penso che l'energia sia buona e che le emissioni siano cattive. Lo abbiamo visto tutti, in questi tempi di confinamento, quanto sia essenziale l'energia: senza elettricità non avremmo potuto comunicare con nessuno, non avremmo potuto lavorare a distanza, senza i camion alimentati con combustibili fossili i cibi non sarebbero arrivati nelle nostre case. Non possiamo fare a meno dell'energia, ma dobbiamo usare energia generando meno emissioni".
In tutto questo che ruolo potrà avere l'Italia?
"Avrà una grande responsabilità, perché presiederà il G20 del prossimo anno. Sono in contatto con il governo di Roma per supportarlo perché porti i temi dell'energia e del clima al centro degli incontri del G20. E sono sicuro che i rappresentati dell'Italia faranno un ottimo lavoro per dare una svolta più sostenibile alle economie delle nazioni nel dopo Covid".