
Gli esperti hanno esaminato 6.600 "isole forestali" grandi circa 70 metri, individuate grazie anche a Google Earth in aree boschive sopraelevate nella savana di Llanos de Moxos, nel sud-ovest dell'Amazzonia. L'analisi di 82 siti ha rivelato segni di presenza umana come tracce di carbone, conchiglie e frammenti di ossa confermando che almeno 4.700 delle isole forestali sono quel che resta di antichi insediamenti umani. Una recente ricerca della Penn State University aveva retrodatato i siti, che si pensava fossero di 2.500 anni, a un periodo compreso tra 10 mila e 4 mila anni fa.
Gli abitanti di queste aree sarebbero stati abili coltivatori di zucca, manioca e mais, dicono gli esperti, sottolineando che si tratta probabilmente di abitudini legate ai cambiamenti climatici avvenuti circa 12 mila anni fa. "Esistono evidenze di colture in altri luoghi, ad esempio in Cina si coltivava il riso, in Medio Oriente i cereali, in America centrale e Messico il mais, mentre nelle Ande patate e quinoa", ha spiegato Lombardo commentando la scoperta su The Guardian e Bbc. In particolare, "questa area della savana si è rivelata un luogo chiave" per la sopravvivenza. "Si tratta di una zona ricca di alberi che viene inondata quasi completamente per buona parte dell'anno, ad eccezione di queste isole, che restano al di sopra delle acque".
La scoperta, sottolinea Lombardo, è "sorprendente, visto che fino a poco tempo fa l'Amazzonia era considerata una foresta vergine, un terreno del tutto incontaminato. Il nostro studio rappresenta un ulteriore esempio dei notevoli impatti a livello globale che i cambiamenti climatici hanno provocato nell'ultima era glaciale".