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Coronavirus, il Wwf: la distruzione di ecosistemi è una minaccia per la nostra salute

Un nuovo report dell'associazione ambientalista spiega come l'emergenza sanitaria globale sia anche la conseguenza del nostro impatto sulla natura. "Legame strettissimo tra pandemie e perdita di biodiversità"

3 minuti di lettura
Pangolini e altri animali selvatici (bushmeat) in un mercato di Libreiville, nel Gabon (Africa)
Pangolini e altri animali selvatici (bushmeat) in un mercato di Libreiville, nel Gabon (Africa) (afp)
C'è un legame strettissimo tra la diffusione di pandemie e le dimensioni della perdita di natura. Il nesso, già dimostrato in recenti studi, trova un'altra conferma in un nuovo report del Wwf Italia, dal titolo "Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi - Tutelare la salute umana conservando la biodiversità", che prova a mettere in evidenza alcuni degli effetti più devastanti delle azioni dell’uomo, focalizzando l'attenzione su alcune malattie che hanno un forte impatto, oltre che sulla salute delle persone, anche sull’economia e sui rapporti sociali.

Virus, batteri e altri microrganismi che nella maggior parte dei casi sono innocui, se non addirittura essenziali per gli ecosistemi e l’uomo, negli ultimi vent'anni sono stati causa di epidemie globali. Non sembra essere differente il caso di Covid-19, la malattia dovuta alla diffusione del virus Sars-CoV-2 che medici e scienziati di tutto il mondo stanno ancora studiando per capire come debellarlo.

La pandemia provocata dal nuovo coronavirus riscontrato per la prima volta in Cina, epicentro di Covid-19 dalla metà di dicembre, fa parte delle cosiddette "malattie emergenti" - come Ebola, Aids, Sars, influenza aviaria o suina - che non sono catastrofi del tutto casuali ma mostrano numerosi elementi comuni. Il rapporto Wwf indica infatti come spesso infatti le "zoonosi", ovvero le malattie trasmesse dagli animali all'uomo (esattamente come il Covid-19), sono direttamente collegati a comportamenti errati da parte dell'uomo, tra cui il commercio illegale o non controllato di specie selvatiche e, più in generale, l’impatto dell'uomo sugli ecosistemi naturali.

Epidemie, dagli animali all'uomo

Alla base dell’origine del nuovo coronavirus c'è il fenomeno dello spillover, spiegato dal giornalista scientifico americano David Quammen in un libro di successo (2012) che racconta come alla base di epidemie come l'ebola ci sia la distruzione degli ecosistemi, in particolare quelli forestali, i più complessi e ricchi di biodiversità. Lo spillover, (che significa "salto interspecifico"), è il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un'altra, in questo caso da animale a uomo.

Al momento gli scienziati ritengono che fra i più probabili serbatoi del virus Sars-CoV-2 ci siano alcune specie di chirotteri (pipistrelli), ma rimane aperta anche l’ipotesi che a facilitarne la diffusione come 'ospiti intermedi' siano stati i pangolini. Questi piccoli mammiferi insettivori, le cui otto specie esistenti sono tutte a rischio estinzione secondo la Iucn (l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), sono gli animali più contrabbandati al mondo per via delle infondate credenze sui poteri curativi delle loro scaglie, ma anche per la loro carne.

Il traffico illegale di animali selvatici

Ad oggi non sappiamo ancora quale sia stata l’origine del Sars-CoV-2, ma è molto probabile che dietro la sua diffusione si nasconda il commercio legale e illegale di animali selvatici vivi o di loro parti. Già riconosciuto come comprovato veicolo di vecchie e nuove zoonosi, il traffico illegale di animali selvatici causa ogni anno circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti. Il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute, infatti, deriva da animali, così come il 60% delle malattie emergenti viene trasmesso da animali selvatici.

La distruzione degli habitat

Gli ecosistemi naturali hanno un ruolo cruciale nel sostenere e alimentare la vita, compresa quella della nostra specie, ma svolgono anche un ruolo fondamentale nel regolare la trasmissione e la diffusione di malattie infettive come le zoonosi. La distruzione di habitat e di biodiversità provocata dall’uomo rompe gli equilibri ecologici in grado di contrastare i microrganismi responsabili di alcune malattie e crea condizioni favorevoli alla loro diffusione.

Senza contare che la realizzazione di habitat artificiali o di ambienti poveri di natura e con un'alta densità umana possono ulteriormente facilitare la diffusione di patogeni. Le periferie degradate e senza verde di tante metropoli tropicali, ad esempio, sono la culla perfetta per malattie pericolose e per la trasmissione di zoonosi, mentre la diffusione in Paesi tropicali di sistemi d’irrigazione, canalizzazioni e dighe permette la riproduzione di vettori come alcune specie di zanzare.

Foreste, il nostro antivirus

I cambiamenti di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali come le foreste sono responsabili dell'insorgenza di almeno la metà delle zoonosi emergenti. La distruzione delle foreste può quindi esporre l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie selvatiche che li ospitano. Nelle foreste incontaminate dell’Africa occidentale, ricorda il report del Wwf, vivono alcuni pipistrelli portatori del virus Ebola. Il cambiamento di uso del territorio come le strade di accesso alla foresta, l’espansione di territori di caccia e la raccolta di carne di animali selvatici (bushmeat), lo sviluppo di villaggi e altri insediamenti in territori prima selvaggi, hanno portato la popolazione umana a un contatto più stretto con nuovi virus, favorendo l’insorgenza di nuove epidemie.

Lo stesso è accaduto con patologie come la febbre gialla (che viene trasmessa, attraverso le zanzare, da scimmie infette), la leishmaniosi o l’Hiv, che si è adattato all’uomo a partire dalla variante presente nelle scimmie delle foreste dell’Africa Centrale. Il consumo di bushmeat è in drammatica crescita in diverse parti del mondo - non solo in Africa - e mette terribilmente a rischio la salute umana, così come il commercio di fauna selvatica o di parti di essa (wildlife trafficking) che, oltre ad essere causa primaria di perdita di biodiversità, amplifica potenzialmente la diffusione di patogeni.