
Una riduzione sostanziale della foresta Amazzonica metterebbe in discussione gli obiettivi degli accordi di Parigi, e la possibilità di limitare a 1,5 gradi centigradi l'aumento delle temperature globali, spiega Borghi. Meno estesa sarà la foresta, minore sarà la sua capacità di generare piogge, e di conseguenza sempre più lungo diventerà il periodo secco, che oggi va da giugno a novembre. Ed è proprio nel periodo secco che avvengono questi incendi: "Alla lunga tutto verrebbe messo a rischio. E' in gioco la sopravvivenza stessa della foresta", che potrebbe giungere ad un punto di non ritorno della sua contrazione, "ma diminuendo le piogge a rischio ci sono gli stessi cicli agricoli". Quelli che oggi si vorrebbero intensificare aumentando le superfici coltivabili.
Gli incendi di questo periodo infatti spesso vengono appiccati da contadini che vogliono aumentare l'estensione dei terreni, spesso coltivati a soia. Prima si abbattono gli alberi dai legni più pregiati, quelli dal legno più richiesto dal mercato. Poi si appicca il fuoco. "Bolsonaro ha una posizione anti ambientalista. Ha fatto dichiarazioni piuttosto dirette sul suo appoggio a quella che in Brasile chiamano la Bancada Ruralista", il fronte parlamentare che difende gli interessi dei proprietari terrieri. "Questo governo è il vostro", disse lo scorso luglio, rivolto ai parlamentari. "Il 10 e l'11 agosto sono gli incendi sono aumentati del 300%. In Brasile le hanno chiamata 'la giornata del fuoco'. Da quando è in carica, il presidente non ha annunciato nulla in difesa dell'Amazzonia. Quello che vediamo oggi è solo una conseguenza delle sue politiche", conclude Borghi.