
"Questa scoperta è il frutto di un sistema di analisi estremamente innovativo che ha permesso di arrivare a una conclusione sorprendente: ci sono quasi 500 milioni di ettari di foreste che mancavano all'appello", spiega Fabio Attorre, docente di biologia ambientale alla Sapienza e coordinatore della squadra italiana che ha partecipato alla ricerca. "In molti periodi dell'anno questi alberi appaiono come una macchia scura e non venivano registrati come tali dai satelliti: si va dai baobab marroni dell'Africa centrale agli eucalipti australiani che possono assumere tonalità blu".
La novità nasce dalla potenza dei motori di ricerca che Google ha messo a disposizione delle università e dalla decisione di puntare su un sistema che - grazie alla possibilità di integrare le immagini da satellite con un gran numero di informazioni - rende possibile ricavare dati sofisticati a persone competenti ma non altamente specializzate. Per questo sono state messe in campo squadre di studenti di biologia dei vari Paesi: ognuno aveva il compito di studiare mezzo milione di ettari di zone aride. I ragazzi della Sapienza hanno ottenuto le performance migliori e sono stati chiamati a proseguire l'analisi sull'assieme globale delle foreste.
Bisogna continuare la ricerca anche perché la buona notizia di una presenza più diffusa del verde nelle zone aride è bilanciata dalla crescita del rischio legato al cambiamento globale. Queste zone sono infatti destinate a crescere e a inaridirsi progressivamente mettendo a rischio la vita che contengono. Se non si adotteranno politiche efficaci di contenimento dell'uso dei combustibili fossili, le foreste delle zone minacciate dalla desertificazione potrebbero morire, liberando anidride carbonica che andrebbe ad aggravare ulteriormente il global warming.