ALCUNI hanno nomi buffi, come l'urietta di Kittliz (Brachyramphus brevirostris) o il gallo della salvia (Centrocercus urophasianus), altri altisonanti, come l'uccello delle tempeste cenerino (Oceanodroma homochroa), altri ancora enigmatici, come la "dendroica cerulea" (questo anche il suo nome scientifico). Al di là degli appellativi bizzarri, però, questi animali hanno due cose in comune, entrambe drammatiche: rischiano l'estinzione e sono stati dimenticati. Non tanto dalle persone comuni quanto dalle istituzioni incaricate di proteggerli, che negli Stati Uniti non li hanno inseriti nella Endangered Species Act (ESA) list, punto di riferimento legislativo per la protezione della biodiversità oltreoceano.
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La ESA list è una delle tante leggi di tutela ambientale approvate negli Usa negli anni '70. Nel 1973, per la precisione, l'allora Presidente Richard Nixon stabilì che in questo elenco venissero inserite tutte le specie a rischio di estinzione a causa dello sviluppo incontrollato delle attività economiche umane, con lo scopo di attuare progetti di recupero degli habitat originari.
Un obiettivo analizzato oggi da una ricerca dell'università di Adelaide pubblicata sull'ultimo numero di Conservation Letters, che ha messo a confronto la lista delle specie minacciate ESA con un'altra analoga ma più famosa, la International Union for the Conservation of Nature (IUCN) Red List. Dal raffronto è emerso che l'elenco ESA non include gran parte degli animali presenti nella "red list" IUCN, e per la precisione il 40 per cento degli uccelli, il 50 per cento dei mammiferi e tra l'80 e il 95 per cento di anfibi, gasteropodi, crostacei e insetti, per un totale di circa 531 specie (18 mammiferi, 25 uccelli, 44 anfibi and 444 invertebrati).
Tra queste troviamo appunto l'urietta di Kittliz, un raro uccello marino che vive tra il Mare dei Chukci e quello di Bering, la cui sopravvivenza è stata messa in ginocchio dal surriscaldamento globale, o l'uccello delle tempeste cenerino, che nidifica sulle isole delle coste californiane e messicane, anche lui in difficoltà per i cambiamenti climatici.
"L'ESA finora ha salvato dall'estinzione circa 227 specie - spiega il ricercatore Bert Harris, che ha condotto lo studio - ma la gestione del progetto nel corso degli anni è stata problematica: i fondi stanziati sono stati inadeguati, così come gli interventi politici". Neppure le definizioni contenute nel testo danno una mano: vaghe le definizioni di "minaccia" e "rischio" e poco comprensibili categorie come "warranted but precluded" (letteralmente "garantito ma precluso"). Tutto ciò fa sì che l'ESA sia oggi una legge di impatto molto limitato. "La IUCN Red List è imperfetta - spiega Harris - ma viene costantemente sottoposta al vaglio di scienziati e i suoi criteri di classificazione rivisti periodicamente".
Secondo lo studio, a cui hanno collaborato anche l'università di Santa Cruz in California, quella di Singapore e quella di Göttingen in Germania, il 75 per cento degli animali presenti negli Usa non compare dunque nella principale lista di specie minacciate del Paese. Per correre ai ripari lo scorso luglio è stato stilato un accordo tra l'agenzia di protezione ambientale U. S. Fish and Wildlife Service e il Center for Biological Diversity americano, in base al quale entro i prossimi cinque anni verranno attivati progetti di recupero e protezione a favore di molte delle specie ignorate.
Tra i fortunati c'è il gallo della salvia, una sorta di enorme fagiano del nordamerica, la rana dalle zampe gialle della Sierra Nevada o montana (Rana muscosa), nella cui pelle, secondo l'Università degli Emirati Arabi Uniti di Abu Dhabi, si trova una sostanza in grado di eliminare i batteri super resistenti agli antibiotici, il pipistrello della Florida (Eumops floridanus), considerato estinto fino al 2002 e di cui oggi sono rimasti appena 100 esemplari, la salamandra dell'altopiano di Jollyville (Eurycea tonkawae) e la rana a chiazze dell'Oregon (Rana Pretiosa). "Malgrado i nostri sforzi, però - spiega Noah Greenwald, direttore della sezione "specie minacciate" del Centro americano - restano centinaia di specie non considerate a livello di tutela dalle leggi nazionali. E sarebbe un peccato se gli Stati Uniti lasciassero svanire questo patrimonio naturale".
E se in America a minacciare la biodiversità sono la burocrazia ingolfata e la crisi economica, in altri Paesi è invece la crescita economica e culturale. Un esempio per tutti il Madagascar, paradiso insulare dell'Oceano indiano che grazie all'omonimo capolavoro della DreamWorks oggi è sinonimo di giraffe ipocondriache, pinguini in fuga e lemuri che ballano la dance. Purtroppo per questi particolarissimi primati endemici dell'isola c'è però poco da stare allegri: fino a pochi anni fa a proteggerli non c'erano liste o leggi speciali ma qualcosa di più invalicabile come la suggestione popolare, che li credeva la reincarnazione dei propri cari e quindi animali sacri da venerare.
Oggi che il Madagascar è meta turistica gettonatissima e le influenze culturali esterne non mancano, la mentalità locale sta cambiando e gli animali spesso finiscono sulle tavole sotto forma di bistecca o spezzatino. Un fenomeno documentato con uno studio della Bangor University del Galles sulla rivista Public Library of Science (PLoS) One e sempre più allarmante, soprattutto considerando che alcune specie di lemuri non raggiungono la maturità sessuale fino ai nove anni e che quindi non fanno in tempo a riprodursi prima di venire uccisi.
Definito "l'ottavo continente" per la ricchezza della sua diversità biologica (oltre il 95 per cento delle piante e degli animali presenti qui non si trovano in nessun'altra parte del mondo), il Madagascar è dunque oggi l'ennesimo paradiso ambientale a rischio. Dimenticati dalle liste di protezione o declassati da specie sacra a carne da macello, gli animali trovano ancora una volta nell'uomo il loro peggior nemico.
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La ESA list è una delle tante leggi di tutela ambientale approvate negli Usa negli anni '70. Nel 1973, per la precisione, l'allora Presidente Richard Nixon stabilì che in questo elenco venissero inserite tutte le specie a rischio di estinzione a causa dello sviluppo incontrollato delle attività economiche umane, con lo scopo di attuare progetti di recupero degli habitat originari.
Un obiettivo analizzato oggi da una ricerca dell'università di Adelaide pubblicata sull'ultimo numero di Conservation Letters, che ha messo a confronto la lista delle specie minacciate ESA con un'altra analoga ma più famosa, la International Union for the Conservation of Nature (IUCN) Red List. Dal raffronto è emerso che l'elenco ESA non include gran parte degli animali presenti nella "red list" IUCN, e per la precisione il 40 per cento degli uccelli, il 50 per cento dei mammiferi e tra l'80 e il 95 per cento di anfibi, gasteropodi, crostacei e insetti, per un totale di circa 531 specie (18 mammiferi, 25 uccelli, 44 anfibi and 444 invertebrati).
Tra queste troviamo appunto l'urietta di Kittliz, un raro uccello marino che vive tra il Mare dei Chukci e quello di Bering, la cui sopravvivenza è stata messa in ginocchio dal surriscaldamento globale, o l'uccello delle tempeste cenerino, che nidifica sulle isole delle coste californiane e messicane, anche lui in difficoltà per i cambiamenti climatici.
"L'ESA finora ha salvato dall'estinzione circa 227 specie - spiega il ricercatore Bert Harris, che ha condotto lo studio - ma la gestione del progetto nel corso degli anni è stata problematica: i fondi stanziati sono stati inadeguati, così come gli interventi politici". Neppure le definizioni contenute nel testo danno una mano: vaghe le definizioni di "minaccia" e "rischio" e poco comprensibili categorie come "warranted but precluded" (letteralmente "garantito ma precluso"). Tutto ciò fa sì che l'ESA sia oggi una legge di impatto molto limitato. "La IUCN Red List è imperfetta - spiega Harris - ma viene costantemente sottoposta al vaglio di scienziati e i suoi criteri di classificazione rivisti periodicamente".
Secondo lo studio, a cui hanno collaborato anche l'università di Santa Cruz in California, quella di Singapore e quella di Göttingen in Germania, il 75 per cento degli animali presenti negli Usa non compare dunque nella principale lista di specie minacciate del Paese. Per correre ai ripari lo scorso luglio è stato stilato un accordo tra l'agenzia di protezione ambientale U. S. Fish and Wildlife Service e il Center for Biological Diversity americano, in base al quale entro i prossimi cinque anni verranno attivati progetti di recupero e protezione a favore di molte delle specie ignorate.
Tra i fortunati c'è il gallo della salvia, una sorta di enorme fagiano del nordamerica, la rana dalle zampe gialle della Sierra Nevada o montana (Rana muscosa), nella cui pelle, secondo l'Università degli Emirati Arabi Uniti di Abu Dhabi, si trova una sostanza in grado di eliminare i batteri super resistenti agli antibiotici, il pipistrello della Florida (Eumops floridanus), considerato estinto fino al 2002 e di cui oggi sono rimasti appena 100 esemplari, la salamandra dell'altopiano di Jollyville (Eurycea tonkawae) e la rana a chiazze dell'Oregon (Rana Pretiosa). "Malgrado i nostri sforzi, però - spiega Noah Greenwald, direttore della sezione "specie minacciate" del Centro americano - restano centinaia di specie non considerate a livello di tutela dalle leggi nazionali. E sarebbe un peccato se gli Stati Uniti lasciassero svanire questo patrimonio naturale".
E se in America a minacciare la biodiversità sono la burocrazia ingolfata e la crisi economica, in altri Paesi è invece la crescita economica e culturale. Un esempio per tutti il Madagascar, paradiso insulare dell'Oceano indiano che grazie all'omonimo capolavoro della DreamWorks oggi è sinonimo di giraffe ipocondriache, pinguini in fuga e lemuri che ballano la dance. Purtroppo per questi particolarissimi primati endemici dell'isola c'è però poco da stare allegri: fino a pochi anni fa a proteggerli non c'erano liste o leggi speciali ma qualcosa di più invalicabile come la suggestione popolare, che li credeva la reincarnazione dei propri cari e quindi animali sacri da venerare.
Oggi che il Madagascar è meta turistica gettonatissima e le influenze culturali esterne non mancano, la mentalità locale sta cambiando e gli animali spesso finiscono sulle tavole sotto forma di bistecca o spezzatino. Un fenomeno documentato con uno studio della Bangor University del Galles sulla rivista Public Library of Science (PLoS) One e sempre più allarmante, soprattutto considerando che alcune specie di lemuri non raggiungono la maturità sessuale fino ai nove anni e che quindi non fanno in tempo a riprodursi prima di venire uccisi.
Definito "l'ottavo continente" per la ricchezza della sua diversità biologica (oltre il 95 per cento delle piante e degli animali presenti qui non si trovano in nessun'altra parte del mondo), il Madagascar è dunque oggi l'ennesimo paradiso ambientale a rischio. Dimenticati dalle liste di protezione o declassati da specie sacra a carne da macello, gli animali trovano ancora una volta nell'uomo il loro peggior nemico.