ROMA. Veneti entusiasti, lombardi scettici. Ma per i dati definitivi bisognerà attendere per un attacco hacker. «Avrei preferito uscire con un dato definitivo, abbiamo tre livelli di sicurezza , gli hacker ne hanno superati due: in questo momento siamo bloccati, telefoniamo a ogni comune», spiega Luca Zaia dopo le 23,30, quando arriva nella sede della Regione. La nuova era della trattativa Stato-Regioni parte con spinte diverse. In Veneto è stato superato e alla grande (alla fine saremo secondo Youtrend sopra il 60%) il quorum previsto per il referendum per l’autonomia mentre in Lombardia, dove non c’è quorum, la percentuale del votanti potrebbe fermarsi intorno al 35,38%, ma per youtrend potrebbe arrivare al 41%. Con Milano fanalino di coda dell’autonomismo e Bergamo in testa alla classifica. Ma qui anche il sindaco Pd Giorgio Gori, probabile candidato alla Regione del centrosinistra, ha fatto attivamente campagna per il Sì. E infatti in serata attacca. «Uno dei due governatori ha un gruzzolo di voti da portare in trattativa, l’altro no: Maroni porta meno dei voti con cui è stato eletto», dice Gori.
di Silvia Valenti
Dunque Luca Zaia, il governatore leghista del Veneto sempre più lanciato sul piano nazionale, può giustamente cantare vittoria nel match con il suo omologo al Pirellone. «E’ un big bang paragonabile al muso di Berlino, per oggi ho convocato la giunta per il progetto di legge sull’autonomia».Malgrado il netto distacco, Roberto Maroni può lo stesso dichiararsi soddisfatto avendo fissato l’asticella del suo successo al 34%. La stessa percentuale di lombardi che andò a votare nel 2001 al referendum costituzionale sul titolo V. Dunque visto che alle 19 sono andati a votare il 31,81% dei lombardi, anche Maroni ha centrato il suo obiettivo. Ma la spinta autonomista partirà dal Veneto e dal suo governatore.
Sull’onda del risultato del voto in Lombardia e Veneto parte una nuova fase che sarà caratterizzata dalla trattativa tra Stato e Regioni in base all’articolo 116 della Costituzione per chiedere poteri esclusivi in «tutte le materie concorrenti», ma anche più risorse, come hanno ribadito sia Maroni che Zaia prima dl voto. «È una pagina di storia che si scriverà, il Veneto non sarà più quello di prima, sta poi ai veneti e ai nuovi veneti, ai tanti che hanno scelto di avere qui un progetto di vita, approfittare di questa opportunità», ha detto Zaia che ieri si è presentato al suo seggio a San Vendemiano, in provincia di Treviso, alle 7, quando ancora era buio.
«Mi aspetto che i cittadini lombardi e veneti capiscano che questa è una un’occasione storica e straordinaria e accettino la sfida che abbiamo lanciato, consentendo a me e a Zaia di trattare maggiori competenze e risorse», ha detto Maroni nel suo seggio elettorale, a Lozza, comune attaccato a Varese. Il Pd ha avuto un atteggiamento ambivalente sul referendum. Se Gori, ma anche il sindaco di Milano, Beppe Sala che pure non ha votato perché a Parigi, si sono schierati per il Sì, Maurizio Martina ieri mattina ha dettato da Twitter la linea: «Astensione consapevole al referendum della Lombardia perché si è sprecato tempo e denaro per un referendum inutile». Abbastanza defilato anche Matteo Salvini. «Se alcuni milioni di persone ci danno il mandato noi da subito trattiamo con il governo centrale , io sarei andato a votare chiunque lo avesse proposto», ha aggiunto Salvini. Ma a pochi mesi dalle elezioni i referendum delle due regioni guidate da leghisti possono essere un problema per il leader del Carroccio che si presenta come leader di un partito nazionale. In più il successo è indiscutibilmente targato Zaia. L’ex ministro dell’Agricoltura del governo Berlusconi esce decisamente rafforzato dalla consultazione autonomista. E chissà, potrebbe essere proprio lui l’uomo capace di mettere insieme Berlusconi, Salvini e Giorgia Meloni.
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